
La cupola di Brunelleschi vista dal mio ex ufficio
Un interessante articolo di Francesca Bonazzoli sul Corriere di oggi dal titolo Creatori e non più artigiani. Brunelleschi guidò la “rivolta”, nell’ambito di due pagine dedicate alla mostra “La Primavera del Rinascimento” che si tiene fino al 18 agosto a Palazzo Strozzi a Firenze, costringe a riprendere in esame la relazione che pare esserci tra, non dirò genio ma intelligenza, o se si preferisce creatività, e sregolatezza o quanto meno insofferenza al dettame e al dettato, comunque sia capacità di incrinare le leggi vigenti, i luoghi comuni, le verità acquisite.
Nel suo prezioso libro Farsi capire (Rizzoli, 2000) – che molti farebbero bene a leggere per alleggerirci l’esistenza – l’ingrata amica ma preziosa maestra Annamaria Testa, spiega in maniera piuttosto circoscritta che confondere creatività con trasgressione è un grosso abbaglio e che si può indossare il doppiopetto grigio anziché una maglietta sgargiante per partorire un’idea degna di questo nome e pure utile per l’umanità e per di più mai sfornata fino a quel momento, cioè nuova.
Non c’è bisogno insomma di essere maudit, maledetti, per imbrattare bene una tela o trovare i giusti accordi a un pianoforte, senza per questo togliere nulla al fatto che ci sia una caterva di geni che hanno rasentato la follia, se non addirittura esservi sprofondati dentro, si sono fatti di ogni droga e bevanda alcolica, hanno lasciato figli sparsi per il mondo senza nemmen sapere d’averli ed hanno fornicato come formichieri (?) senza risparmiarsi come fa la formichina. E nemmeno di infrangere il codice penale o non rispettare la Costituzione.
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