Suggerimenti

Levi cronista, se non ora, quando?

3 luglio 2019

Primo Levi

Nell’appassionata biografia di Primo Levi che TESSERE ha pubblicato nel 2017 – trentennale della morte dello scrittore torinese, mentre quest’anno si ricordano i cent’anni dalla sua nascita – notavo che, malgrado i «quasi 300 articoli pubblicati su una miriade di testate – fra le quali spicca la piemontesissima, anzi torinesissima “La Stampa” –», a lui non era venuto in mente di chiedere l’iscrizione all’Albo dei pubblicisti e nessuno evidentemente gliel’aveva proposto.

All’epoca era rimasta nella mia penna la richiesta che quella onorificenza – l’iscrizione d’ufficio all’Ordine dei giornalisti – gli venisse conferita in memoria, postuma e honoris causa.

Ora che metto a fuoco l’obiettivo e se ne presenta l’occasione, avanzo la proposta, me ne faccio promotore, invito chi di dovere a compiere i propri passi e a far quanto gli compete.

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Alla fine del mondo, là nella Terra del fuoco

3 febbraio 2019

Herencia y Co-herencia“, eredità e coerenza, è un programma che va in onda ogni sabato alle 14 su Radio Universidad de Chile, l’emittente dell’Ateneo di Santiago che trasmette sulle frequenze medie 102.5.

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I doppi sogni di Schnitzler

4 novembre 2018

In tedesco Doppelgänger significa sosia, e un sosia – com’era il servo di Anfitrione di cui Mercurio, generando equivoci e scene comiche, prende le sembianze nella commedia di Plauto Amphitruo (e poi in quella di Molière Amphitryon) – è una persona talmente somigliante a un’altra da poter essere scambiata per essa. Un “doppio”, insomma, un gemello, qualcuno che può prendere il proprio posto e fingersi noi stessi.

Ne L’altrui mestiere, in un brano intitolato Dello scrivere oscuro, Primo Levi afferma: «Siamo fatti di Es e di carne, ed inoltre di acidi nucleici, di tradizioni, di ormoni, di esperienze e traumi remoti e prossimi; perciò siamo condannati a trascinarci dietro, dalla culla alla tomba, un Doppelgänger, un fratello muto e senza volto, che pure è corresponsabile delle nostre azioni, quindi anche delle nostre pagine».

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Il primo articolo di TESSERE

14 gennaio 2017

Questo il mio articolo su www.tessere.org per inaugurare la nascita della rivista TESSERE.

TESSERE ha come primo scopo statutario quello di «contribuire alla promozione e alla diffusione del sapere e della cultura». I quali, senza memoria, sono impossibili. Perciò il tema della memoria, declinato in tutti i suoi possibili aspetti, è e sarà un tema centrale dell’iniziativa dell’Associazione ed in particolare della rivista culturale che sta per nascere in questo sito.

La prima rubrica di questa rivista nasce proprio oggi e si chiama “Memorie”. E nasce impegnandosi a dare conto, per quanto possibile, di tutte le iniziative che vengono organizzate in occasione del Giorno della Memoria il 27 gennaio.

Un altro articolo spiega che cos’è questa data e perché è stata scelta e perché è importante ricordarla e ricordare quanto essa vuol preservare all’oblio.

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Su TESSERE il Giorno della Memoria

14 gennaio 2017

Questo il comunicato stampa diffuso il 12 gennaio per annunciare l’avvio della rivista on line TESSERE con una rubrica intitolata “Memorie”, per ora dedicata a dare conto di tutte le iniziative che vengono organizzate in vista del 27 gennaio prossimo, Giorno della Memoria.

TESSERE diventa anche una rivista on line

Nasce con la rubrica dedicata agli eventi del Giorno della Memoria in Italia

Un luogo dove raccogliere tutte le iniziative che in Italia vengono organizzate in occasione del Giorno della Memoria. È il sito www.tessere.org inaugurato appena un mese fa, nella giornata mondiale dei diritti umani, dall’omonima associazione culturale e casa editrice messa in piedi da Daniele Pugliese, ex giornalista de l’Unità e autore di saggi e opere di narrativa ben accolti dalla critica.

Le pur molte e capillari manifestazioni per il 27 gennaio, data in cui fu liberato il Lager di Auschwitz e con cui si celebra il ricordo della Shoa, rischiano di non dare il senso dell’ancora viva volontà di non dimenticare il genocidio ebraico e, più in generale, l’orrore delle persecuzioni razziali, politiche e più in generale basate sui pregiudizi.

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Anno nuovo

1 gennaio 2017

Eccolo qui, il 2017, quello che mi consegnerà 60 anni di vita.

Eccolo, incerto, uno scenario mondiale da far paura, ne avessi ancora.

Eccolo, raggiunto con amici, amanti, parenti, coltivati e sempre cresciuti come allo stato brado, forse il meglio che ho racimolato.

Eccolo, pieno di acciacchi e la forza di un toro deciso a non farsi abbattere e la serenità di potersene andare, avendo saldato tutti i conti e messo in salvo quel che deve restare.

Eccolo, con la persona essenziale che me lo augura regalandomi una poesia, in attesa delle sue.

Eccolo, sudato in quello precedente, come in tutti quelli prima.

Eccolo, interrogativo, per questo aperto, possibile, addirittura fiducioso.

Eccolo, fatto di rughe e cicatrici, senza rancori, invidie e gelosie, tante certezze, molti dubbi. E il catalogo degli errori.

Eccolo, grazie a voi che me l’avete consegnato.

Il comunicato stampa di TESSERE

11 dicembre 2016

Questo il comunicato stampa emesso il 10 dicembre, giornata mondiale dei diritti umani, da TESSERE, la casa editrice a cui ho dato vita insieme ad alcuni ottimi amici:

Una nuova casa editrice

per TESSERE sapere e relazioni

Nasce una nuova casa editrice. Si chiama TESSERE e, nelle intenzioni dei suoi fondatori, a fianco dei libri tenterà di produrre, con il sostegno dei soci dell’omonima associazione culturale, anche iniziative di qualità capaci di far riflettere, diffondere il sapere, far crescere la consapevolezza.

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Non un e-Book, tanti libri

6 dicembre 2016

La copertina di "Appropriazione indebita"

Il 15 agosto scorso, nel post intitolato Un libro per i miei lettori, annunciavo la pubblicazione in questo blog delle 30 interviste, realizzate quando lavoravo a l’Unità a grandi personaggi della cultura – Garin, Rubinstein, Haskell, Rossi Monti, Geymonat, Thom, Quine, Toraldo di Francia, Eco per dirne alcuni – che avevo assemblato con il titolo Appropriazione indebita, sottolineando in questo modo il debito agli intervistati più che all’intervistatore, e che molti miei amici, i quali avevano avuto occasione di leggerle così raccolte, insistevano perché divenissero di dominio pubblico, prendessero la forma di libro.

Spiegavo in quel post tanto i motivi della mia ritrosia ad accogliere quell’insistenza, quanto il fastidio accumulato nelle relazioni con molti editori ai quali invano ho inviato il dattiloscritto di quasi una decina di titoli che giacciono nel mio cassetto, ricevendo risposte o preconfezionate o contraddittorie, incomprensibili o non ricevendone affatto.

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Dinanzi ai ricordi di Antonella

25 novembre 2016

Il relitto della Costa Concordia

Quando ho conosciuto Antonella non sapevo fosse stata la passeggera n. 10832513. Questo il numero di prenotazione che le era stato assegnato per prendere posto nella cabina 9278 della Costa Concordia, la nave che alle 21 e 45 del 13 gennaio 2012 finì contro gli scogli dell’isola dove ho trascorso molte vacanze della mia infanzia e poi della mia giovinezza, piene di ricordi belli e brutti: l’isola del Giglio, 27 chilometri di costa a credo circa 10 miglia marine dal Monte Argentario, una vera e propria rarità geografica di cui la Toscana detiene il primato.

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Al Pecci si discute di apocalisse

26 ottobre 2016

Apocalissi. Ieri e oggi

TALKS / INCONTRI ALLA FINE DEL MONDO

October 27, 2016 6:00 PM

Museo Pecci, Prato

Con Daniele Pugliese, Marco Ciardi e Andrea Mecacci

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Alea iacta est, il dado è tratto

24 ottobre 2016

«Alea iacta est». Secondo Svetonio la frase l’avrebbe pronunciata, nella notte del 10 gennaio del 49 a.C. Giulio Cesare varcando il fiume Rubicone e prendendo quindi una decisione senza possibilità di appello.

Vien tradotta con «Il dado è tratto» e sta a significare che la decisione è stata presa e qualunque siano le conseguenze vanno messe nel conto e non si torna indietro.

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Su “Doppiozero” la storia di Mitterhofer

20 ottobre 2016

La Olivetti Lettera 22

Questo il mio articolo sul museo della macchina da scrivere di Parcines e la storia di Peter Mitterhofer, pubblicato oggi su “Doppiozero”, del quale avevo già scritto in Lassù a Parcines:

Peter Mitterhofer e la macchina da scrivere

Daniele Pugliese

C’era una volta la Cacania. Come dice Musil lì era tutto “kaiserlich-königlich”, imperial-regio. Lo testimoniano ancora le K.K. impresse sui tombini nelle strade di Merano.

E nella Cacania – che si spingeva appunto anche nel Sud Tirolo, detto oggi Alto Adige – c’era un brav’uomo di nome Peter Mitterhofer. Proprio negli anni in cui governava Cecco Beppe e la “sua” Sissi, divideva gli animi tra entusiasti e denigratori. Si racconta Peter fosse molto amato dai bambini, che probabilmente vedevano in lui qualcosa di simile a Emmett “Doc” Brown (Christopher Lloyd), lo “scienziato pazzo” che in Ritorno al futuro di Robert Zemeckis (1985) affascina il giovane Marty McFly (Michael J. Fox) o, per chi se lo ricorda, a Maurizio Nichetti in Ratataplan (1979).

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A lezione da Albe Steiner

16 ottobre 2016

Albe e Lica Steiner

Non ho avuto il tempo, prima, di scrivere qualcosa sulla mostra che, purtroppo, si conclude oggi al Museo degli Innocenti di Firenze e sono riuscito a vedere nelle ultime settimane di settembre, dedicata a Lica e Albe Steiner.

Lui, per chi non lo sapesse, è stato il grafico che ha disegnato “Rinascita” di Palmiro Togliatti e “Il Politecnico” di Elio Vittorini, ed anche molte copertine della Feltrinelli al suo esordio nel 1954, comprese quelle de Il dottor Živago di Boris Pasternak nel 1957 e del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel 1958, così come il marchio della Coop – con la C, le due OO e la P quasi fuse insieme, realizzato nel 1963 in occasione della inaugurazione a Reggio Emilia del «primo magazzino cooperativo a libero servizio» – sono suoi.

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Due o tre cose su mio padre

25 settembre 2016

Mio padre al lago di Vico

Vincendo «una sorta di pudore», anzi, «una specie di timore» provato per «star facendo qualcosa che somiglia all’“interesse privato in atti d’ufficio”, al “conflitto d’interesse”», in un post del 30 agosto scorso, intitolato Ok, scrivo di mio padre, ho consentito a me stesso di occuparmi del libro scritto da mio padre Orazio che ricostruisce la storia della prestigiosa casa editrice Sansoni di Firenze dove egli ha lavorato fra il 1960 e il 1970, attraverso i carteggi di Giovanni e Federico Gentile con i loro autori e collaboratori.

Libro intitolato «Gentile editore…» ed edito dalla Phasar (pp. 340, € 17,00. Formato e-book € 6,99) dopo che gli eredi del filosofo fascista ucciso dai partigiani e del figlio a cui affidò la conduzione di quell’impresa culturale, hanno tenuto a lungo a candire il testo in un cassetto, senza dare al mio anziano genitore – ha 88 anni – alcun cenno riguardo la possibilità o meno di pubblicare un volume che, giusto o sbagliato che sia, tesse le lodi di quella dinastia ancor oggi presente nel mercato editoriale, ancorché con altri marchi e imprese.

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Omaggio all’utopia

24 settembre 2016

L'Utopia ti Tommaso Moro

Mentre stavo scrivendo un articolo che pubblicherò nei prossimi giorni intorno alla figura di Italo Calvino, ieri ascoltavo a Radio 3 Peppe Servillo leggere brani delle visibilissime Città invisibili dal palco della festa dell’emittente culturale della Rai che, con il pensiero rivolto ai terremotati, fino a domani si svolge a Matera avendo come tema intorno al quale ruotano gli eventi le utopie e le distopie, e prima di sentire quelle concise, accurate geografie metropolitane fantastiche, avevo sentito ospiti della trasmissione ricordare che in questo 2016 ricorrono i 500 anni dell’Utopia di Tommaso Moro, il testo che ha introdotto questo concetto – quantunque i “non-luoghi” esistano fin dall’antichità, ne è piena la mitologia e l’epica greca, ma che altro è l’Atlantide di Platone? – ed i rimandi che da questa parola giungono ad Adriano Olivetti, personaggio a cui sto prestando sempre maggior attenzione.

Ascolto tutto questo e mi sovviene che il titolo originale dell’intervista contenuta in Appropriazione indebita nella quale Eugenio Garin storceva il naso all’ipotesi di affossare, con il nome del Pci, la molla che fa desiderare di non aspettare il paradiso nell’al di là e di avere dei valori in cui credere era proprio Ma un’utopia deve restare, e che anche  un intero capitolo, il nono per la precisione, del mio Apocalisse, il giorno dopo. La fine del mondo fra deliri e lucidità, pubblicato da Baskerville nel 2012, tratta proprio il medesimo argomento.

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Calvino intervista l’antenato

16 settembre 2016

In aggiunta alle interviste impossibili che ho suggerito al termine della mia lezione ai ragazzi della scuola Manzoni di Inveruno devo assolutamente aggiungere questa di cui non ero a conoscenza e me ne ha messo a parte Maddalena Dalla Torre, che è stata scritta per la Rai niente popò di meno che da Italo Calvino, L’uomo di Neanderthal interpretata da Paolo Bonacelli e Vittorio Sermonti :

Scetticismo e saponette

15 settembre 2016

Una saponetta di Marsiglia

Conoscendo il mio scetticismo e la lunga – ma non rinnegata, solo arricchita correggendo il tiro con le acquisizioni che altre menti hanno nel tempo reso disponibili – frequentazione con il materialismo storico, e di conseguenza la diffidenza verso quanto ha scarsa base scientifica e un perché che lo spieghi, Luisa era quasi sul punto di esitare quando, udito dei violenti crampi ai polpacci e ai piedi che per lungo tempo mi hanno assalito specialmente nel cuore della notte – certamente dettati da una delle malattie ricevute in dono da una natura che pare essersi ribellata a se medesima, innescando meccanismi di difesa dalle difese che essa stessa ha nel proprio patrimonio ereditario, forse nella sua essenza, quelle cioè disponibili ad impedire attacchi provenienti dall’esterno, da agenti estranei ed aggressivi –, le sembrava doveroso riferirmi del rimedio a cui sua nonna, afflitta dallo stesso problema, si era lungamente affidata, ottenendo risultati che Luisa Pece stessa chiamava miracolosi.

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Gli articoli sulla fine del mondo

13 settembre 2016

La copertina di "Apocalisse, il giorno dopo"

Il 24 e il 26 agosto scorsi, con i post Questo terremoto e Un articolo sul Journal del Pecci, ho avuto occasione di tornare sul tema trattato nel mio Apocalisse, il giorno dopo, pubblicato da Baskerville nel 2012 alla vigilia della catastrofe annunciata per il 12.12.12, in una rilettura “new age” di un’iscrizione Maya condita di calcoli astronomici sul possibile impatto di un corpo celeste con il pianeta Terra, ovvero sia con il tema al quale ho dedicato, nei ritagli di tempo concessi da un lavoro che se fatto con scrupolo occupa molte ore al giorno e molti giorni all’anno e molti anni in una vita, il tema della fine del mondo, a cui il Centro Pecci, dedicherà una mostra a partire dal 16 ottobre prossimo, quando verrà inaugurato, dopo molti anni di restauro, il museo d’arte contemporanea di Prato.

In preparazione di quell’evento, per dettagliarne i contorni e fornire le correlazioni, il Pecci, nella Sezione journal nel suo sito internet ha iniziato, a partire dal 16 marzo scorso, la pubblicazione di una serie di articoli, interventi, interviste dedicate appunto alle varie facce del Tema fine del mondo, ed è nell’ambito di queste che mi è stato chiesto di scrivere l’articolo citato, pubblicato il 25 agosto con il titolo La fine del mondo. Ancora. L’apocalisse: un’idea, come quella dell’amore, che pervade la cultura di tutti i tempi.

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Gian Luca Corradi parla di “Gentile editore…”

9 settembre 2016

Gian Luca Corradi

Questa l’intervista che Gian Luca Corradi, il mio più grande amico, ha rilasciato ieri, giovedì 8 settembre, a Leonardo Canestrelli di Radio Toscana, per parlare del libro di mio padre Orazio “Gentile editore…”, la storia della casa editrice Sansoni, dove lui ha lavorato dal 1961 agli anni Settanza., pubblicato dalla casa editrice Phasar.

Gian Luca, oltre ad essere un pilastro, suppongo sottovalutato, della Biblioteca Nazionale di Firenze, una delle più importanti istituzioni culturali di questo Paese poco tenuta in considerazione da chi amministra il denaro pubblico, insegna Storia d’Italia al Centro di Cultura per stranieri dell’Università di Firenze, ed è stato, durante la redazione del libro di mio padre, un suo prezioso punto di riferimento in particolare nella ricerca delle finti a cui attinge la ricostruzione storica della famiglia Gentile e del clima culturale maturato intorno alla casa editrice fiorentina finita nell’universo della Rizzoli.

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Il comunicato stampa su «Gentile editore…»

31 agosto 2016

La copertina di "Gentile editore..."

Questo il comunicato stampa diffuso dalla casa editrice Phasar per promuovere il libro scritto da mio padre, «Gentile editore…». I libri della Sansoni nelle memorie dei suoi protagonisti:

Dalla storia della casa editrice Sansoni emerge un Gentile “protettore” degli ebrei

Orazio Pugliese

«Gentile editore…». I libri della Sansoni nelle memorie dei suoi protagonisti

Phasar Edizioni, pp. 340, € 17,00. Formato e-book € 6,99

La storia della casa editrice Sansoni, fondata nel 1873 a Firenze, da quando fu rilevata negli anni Trenta da Giovanni Gentile a quando, negli anni Settanta, entrò a far parte dell’Universo Rizzoli. Un prestigioso marchio editoriale con il quale hanno pubblicato alcuni tra i più importanti esponenti della cultura del Novecento, alla cui guida è stato Federico Gentile, il figlio del filosofo ucciso dai partigiani.

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I vicini e lontani di Chiti

29 agosto 2016

Vannino Chiti

Ho tenuto sul comodino a lungo, per troppo tempo mi viene da dire, tra i non pochi libri che, per piacere o monito interiore, mi riprometto di leggere, Vicini e lontani (Donzelli, pp. 188, € 19), l’ultima fatica di Vannino Chiti, (www.vanninochiti.com), senatore della Repubblica italiana, a cui mi lega un antico rapporto fatto di “stima” e “affetto”, come lui stesso ha avuto occasione di dire nel corso della presentazione del mio Sempre più verso Occidente in una bella libreria di Pistoia, lo Spazio di via dell’Ospizio.

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La “riappropriazione” di Enrico

27 agosto 2016

Enrico Zoi nella foto del suo profilo Facebook

Enrico Zoi dev’essere entrato al liceo Nicolò Machiavelli di Firenze, all’epoca ospitato dentro la medicea Fortezza da Basso dove ormai si fan solo più mostre di second’ordine o più blasonate sagre di paese, un paio d’anni prima che io, ripetente di un anno perso al ginnasio, me ne stavo per uscire e, se non ricordo male, partecipava a un po’ delle sterminate riunione che si organizzavano all’epoca nelle scuole o nelle case del popolo.

Ci siamo rivisti molti anni dopo tenendoci però, credo, reciprocamente sott’osservazione, perché, come un’altra mezza dozzina di compagni del liceo – mi vengono in mente ovviamente Mario Fortini, e poi Simone Fortuna, Paola Emilia Cicerone, Paolo Russo, per certi versi Francesco Maria Cataluccio, coautore con me di un resoconto sull’ultimo seminario di Cesare Luporini all’Università, e, ma andando ai tempi delle medie anziché delle superiori, Stefano Bucci, sperando non me ne voglia chi rimasto fuori dalla lista –, abbiamo poi intrapreso, con le opportunità che ciascuno ha avuto a disposizione, il medesimo mestiere, quello di dare informazioni, nobile variante di un’attività che c’è chi dice sia quella di far la spia.

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Il libro sul Movimento studentesco fiorentino

25 agosto 2016

La copertina di "Concentramento ore 9"

Paolo Maggi, ex segretario di redazione de l’Unità a Firenze e attuale presidente dell’associazione “Ciclostilato in proprio”, che riunisce i miei più o meno coetanei militanti o anche solo aderenti al Movimento studentesco fiorentino negli anni Settanta, nella puntuale e affettuosa newsletter al suo indisciplinato gregge informa che è finalmente pronto il libro contenente le ricerche fatte su di noi, sui documenti che possedevamo, in buona sostanza su chi fossimo e cosa volessimo.

Il libro si intitola Concentramento ore 9, scritto con gli spazi com’era uso fare alla fine dei volantini per dare appuntamento agli studenti delle scuole medie superiori fiorentine generalmente in piazza San Marco o in altri luoghi nevralgici della città, dai quali sarebbe partito, all’incirca a quell’ora, un corteo che avrebbe sfilato per le vie a manifestare la protesta per un delitto delle Brigate rosse; per la strage fatta da un terrorista nero; per solidarizzare con chi in altri paesi era oppresso, privato delle libertà, sotto invasione straniera; per introdurre nei codici norme più sensibili ai diritti civili ed in particolare ai bisogni delle donne; perché il ministro della pubblica istruzione, o in sua vece il Parlamento, introducessero significative correzioni all’impianto con cui era organizzata la scuola italiana e cioè la rendessero capace di accogliere davvero tutti i ragazzi, discriminandoli meno al loro interno per l’appartenenza a un censo anziché a un altro – a una classe anziché a un’altra avremmo detto all’epoca rifacendoci a Marx –, preparandoli davvero a un mestiere che consentisse di aver di che vivere e la dignità della professione intrapresa così come del dovuto per il fatto di esercitarla, ma più che altro a pensare con il proprio cervello avendo in mano gli strumenti della conoscenza indispensabili a farlo.

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Un obolo alla memoria

21 agosto 2016

Ho tralasciato di scrivere molte cose nei mesi scorsi. Sembrava quasi avessi interrotto il dialogo con i miei lettori, privandoli della possibilità di leggere qualcosa che poteva risultar loro interessante, quanto meno di essere scorso. Me ne scuso, ma sono state ragioni di forza maggiore che non sono affatto scomparse, solo finalmente riesco a tenerle a freno. Provo in qualche caso a rimediare, affidandomi per lo più alla memoria.

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Lassù a Parcines

17 agosto 2016

Chi sarei stato io, cosa sarei diventato, se non fosse esistito Peter Mitterhofer, un poco conosciuto artigiano di Parcines, piccolo Comune in provincia di Bolzano che conta sì e no 3.500 abitanti, 13 minuti di auto dalla splendida Merano, a 626 metri sul livello del mare, da cui si vedono montagne che mettono voglia di salirle fino in cima?

E infatti in quel posto c’è un bel negozio di scarponi per camminare o fare scalate, dove finirò per andare a comprare un paio di robuste “Scarpa” di cuoio, prodotte ad Asolo, come quelle, introvabili, che ho calzato per una vita finché, qualche anno fa, mi hanno tradito in un trekking tra la Croda Rossa e l’Armentarola col quale avrei concluso l’anello intorno alla conca di Cortina, coronando una delle più belle esperienze da portare con me nella cesta dei ricordi.

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La lezione di Ötzi

16 agosto 2016

Oltra a visitare a Bolzano – come ho raccontato in Scoprire talenti e memorizzare – il Museion, di ritorno dalla vacanza fatta in giugno a Merano, sono stato anche a vedere il Museo archeologico dell’Alto Adige, dov’è conservata la mummia del Similaun, ovvero quel che resta dell’uomo ritrovato il 19 settembre 1991 ai piedi del ghiacciaio del Similaun su un monte delle Alpi Venoste alto più di 3.000 metri, al confine fra Italia ed Austria.

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Immagini dall’Elbrus

15 agosto 2016

Manana Jiorgjikia (a destra) e la sua amica Madonna, con mia madre

Manana Jorjikia è la persona che, amorevolmente e con professionalità, da molti anni ormai, si prende cura di mia madre, autosufficiente ma limitata dagli acciacchi dell’età, e la aiuta a vivere meglio un’anzianità decorosa e degna di essere vissuta.

Percepisce per questo uno stipendio e dispone di vitto e alloggio in base a un regolare contratto stipulato nella sede di un sindacato nato per garantire i diritti dei lavoratori, ma da ambo le parti c’è una reciproca disponibilità che pertiene, ritengo, agli ambiti del buon senso, del viver civile, dell’umanità, della fortuna di essersi trovati vicendevolmente accettabili.

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Scoprire talenti e memorizzare

14 agosto 2016

Tornando dalla prima vacanza che, dopo molti anni, nel giugno scorso ho felicemente fatto a Merano, mi sono fermato a Bolzano e lì ho visto, con grande piacere, Museion, il Museo di arte moderna e contemporanea della città altoatesina, fondato nel 1985 da privati con il sostegno della locale amministrazione pubblica.

Dal 2008 è ospitato in uno splendido edificio disegnato dagli architetti berlinesi Krüger, Schuberth e Vandreike, al quale si giunge sbucando da stradelline modeste del centro cittadino, oppure, trovandosi circondati dall’erba, attraversando il fiume Talvera su due suggestivi ponti ricurvi, uno per le bici, l’altro per i pedoni, che a me hanno fatto venire in mente il simbolo dell’infinito, quell’8 reclinato su un fianco che si disegna così: ∞.

Da quello spazio antistante il grande cubo bianco e in gran parte fatto di vetro, così come dalle ampie finestre dell’ultimo piano, quello dedicato alle mostre temporanee, si vedono le vette che circondano la città e, per chi come me ama la montagna, scatta immediata la voglia di raggiungerle, di salirvi sulla cima, di passare da un picco all’altro.

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Il sito di Gilberto

3 aprile 2016

Gilberto Briani

Con la ripubblicazione di questo articolo di Laura Lilli, uscito su “la Repubblica” del 25 gennaio 1985 che raccoglie la testimonianza della figlia di Wilhelm Reich sulla figura di suo padre, direi che prende ufficialmente il via il sito di Gilberto Briani, lo psicoterapeuta a cui devo molto del mio percorso fatto, direi della mia capacità di essere quello che sono e di vivermelo al meglio possibile. Perciò gli ho dato una mano a metterlo su e invito i miei lettori a darci di tanto un’occhiata per scoprire quello che ha da dire ed insegnare. È inoltre un punto di riferimento di gran qualità per chiunque abbia problemi con se stesso da affrontare.

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Vicino all’innominata via

28 febbraio 2016

Questo blog comincia ad avere un po’ troppi anni sulle spalle, per cui ho iniziato a ragionare – con l’esperienza di chi ha reso possibile l’unificazione sotto un solo dominio dotato di logica dei 300 siti di cui disponeva la Regione Toscana nel 2007 e fin verso il 2009, poco prima che quella nullità di epigono della politica mi cacciasse per circondarsi di lacchè – di come rinnovarlo e nei progetti c’è, al posto appunto di un blog personale, un sito internet vero e proprio, più ampio ed organizzato ed aperto anche al contributo di chi vorrà implementarlo, come in parte, del resto, ho già fatto qui ma solo episodicamente.

In questo angolo del “riceviamo e volentieri pubblichiamo” o del “ti andrebbe di scrivere qualcosa per me?”, qua e là ho messo versi, testi, immagini, quadri, fotografie di amici e amiche ai quali riconosco nel loro campo specifico competenze meritevoli d’essere valorizzate. Lo faccio anche oggi pubblicando uno squisito aneddoto storico che Luisa Pece, sedicente “discreta, fidata, spiritosa, umorale, pignola sul lavoro, golosa, curiosa, camminatrice, romantica, politicamente informata”, e come minimo almeno anche traduttrice (cioè traditrice), redattrice e responsabile editoriale, ma pure amica di Maurizio Marinelli, volontaria, battagliera, attrice e scopriremo il resto, mi ha raccontato a voce qualche giorno fa accompagnandomi alla mostra sui Brueghel a Palazzo Albergati a Bologna e che io le ho chiesto di mettere nero su bianco. Ora attendo altri contributi, suoi e non solo.

A Bologna, tanto tanto tanto tempo fa, esisteva una stradina delimitata da case basse, colorate dal giallo all’ocra, dove a un certo punto si apriva il portico più stretto della città, appena 95 centimetri. Le madri di famiglia proibivano ai figli di percorrerla, mentre i padri di famiglia non disdegnavano frequentarla con una certa assiduità. La mattina, alcune matrone bene in carne si mettevano al lavoro: si spazzava la stradina, si stendevano i panni, si cantava o si piangeva, era tutto un fermento di attività. Se qualche uomo si azzardava a indugiare, spesso si sentiva apostrofare: “Và mo’ vî che adès ai ho da lavurèr. Tåurna äl träi, bèl giujèn! [vai via che adesso devo lavorare. Torna alle tre, carino!]”. Era una delle strade preposte all’attività dei bordelli e la leggenda vuole che le professioniste si affacciassero alle finestre del pianoterra mettendo in mostra seni voluminosi e materni. I potenziali clienti passavano e i più arditi … toccavano. Per questo la pittoresca stradina si chiamava “Via Sfregatette”. Un giorno, sempre secondo la leggenda, un vescovo, passando di lì accompagnato dalle autorità, chiese il nome di quella pittoresca stradina. Imbarazzatissimo, il notabile che lo accompagnava, non sapendo come cavarsela, gli disse “È così piccola, Eminenza, che è senza nome”. E da allora si chiama Via Senzanome.

Luisa Pece

Se babbo o mamma bevono

25 febbraio 2016

Nei miei cassetti giace, tra le tante altre cose, un racconto che tenta di immaginare cosa si provi ad uccidere un uomo e, per quanto già molti altri splendidi libri si siano cimentati con la materia e ci forniscano ipotesi in tale direzione, mi rattrista che a nessun editore, avendo letto qualche recensione su Sempre più verso Occidente o su Io la salverò, signorina Else, rispettivamente pubblicati da Maurizio Marinelli di Baskerville e da Emilia Aru di Portaparole, sia venuto in mente di chiedermi se dispongo di altri manoscritti e di darci una curiosa occhiata.

È un racconto che scandaglia una zona nella quale si spera di non doversi mai trovare e, per quanto si sia certi di disporre di un freno inibitorio assoluto in quel senso, uno scenario plausibile che non va mai scartato a priori, avendo la consapevolezza che se in così tanti, a partire da Caino, si sono sporcati le mani, vuol dire che se è successo, può accadere di nuovo, proprio come l’Olocausto, e bisogna tener deste le difese immunitarie che ci preservino da quegli orrori. Il che non vuol dire ignorarli.

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Immedesimarsi nel giudice

22 febbraio 2016

Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti sono gli artefici dell’associazione culturale bolognese impegnata nella produzione di cinema e teatro Archiviozeta che ha avuto il coraggio di mettere in scena quel capolavoro «concepito per un teatro di Marte», un «dramma, la cui mole occuperebbe, secondo misure terrestri, circa dieci serate», ovvero sia Die letzen Tage der Menschheit, in italiano Gli ultimi giorni dell’umanità, del mio amatissimo Karl Kraus, spettacolo che spero un giorno di poter vedere su un palcoscenico.

Con Elena Monicelli della scuola di pace di Monte Sole – dove, come molti sanno, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, forze armate tedesche e fascisti italiani eseguirono numerosi eccidi, noti come strage di Marzabotto, nei comuni di Grizzana Morandi, Monzuno e appunto Marzabotto in provincia di Bologna, uccidendo 955 persone che lievitano a 1.676 se si aggiungono i morti per cause varie di guerra – e con la collaborazione dell’associazione “Navile insieme”, al centro sociale Montanari di Bologna nell’ex sede della società che gestiva la tramvia, Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti hanno allestito sabato 13 febbraio lo spettacolo/laboratorio definito “un esperimento di memoria attiva” intitolato La zona grigia perché si rifà al secondo capitolo del libro di Primo Levi I sommersi e i salvati.

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Dei duelli

16 febbraio 2016

Keith Carradine in "I duellanti" di Ridley Scott

Friedrich Engels – le altre due mani, una testa, un cuore e, fortunatamente un bel gruzzolo da parte, senza i quali non avremmo oggi la fortuna di disporre del Capitale di Karl Marx –, in una lettera indirizzata a Laura, la figlia del filosofo di Trevi e del padre del comunismo andata in sposa a Paul Lafargue, sottostimato autore di Il diritto all’ozio, con il quale condivise in consapevolezza vita e morte, scrisse: «I Francesi, come tutti, sono sotto l’influenza della canicola. Tutto fallisce, anche i duelli!».

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I reporter di Inveruno

26 gennaio 2016

Con i ragazzi di Inveruno

Ho avuto la preziosa opportunità di tenere una lezione, o più esattamente inaugurare un dialogo, con un nutrito gruppo di ragazzi della scuola media Alessandro Volta di Inveruno, un Comune di quasi 9.000 abitanti compreso nell’area metropolitana milanese, che avrebbe origini celtiche nel II secolo a.C.

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Incontri procrastinati

8 gennaio 2016

Marco Belpoliti

Chiesi molti anni fa – nel 1998 – a Marco Belpoliti, prezioso curatore delle opere di Primo Levi, di dare un’occhiata ai miei racconti – ora pubblicati dalla Baskerville di Bologna, e intrisi di suggestioni dovute all’autore del Sistema periodico e di Se non ora, quando? – e lui garbatamente mi chiese di pazientare un paio di mesi essendo “sommerso di lavoro” e con “problemi familiari”.

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L’indice della città della scienza

11 ottobre 2015

Di seguito l’indice degli articoli dell’inchiesta che ho scritto per la cronaca de l’Unità di Firenze fra il novembre e il dicembre del 1988 e che ho ripubblicato qui nelle settimane scorse a partire da un pezzo intitolato Una mia vecchia idea:

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Interviste impossibili

27 settembre 2015

Cerco a caso la sua firma nell’archivio storico, preziosa, encomiabile, sana iniziativa, sopravvissuta malgrado lo scempio a cui ci è toccato assistere. Cerco la sua firma nell’archivio storico del giornale nel quale ho avuto l’onore di lavorare per più di 20 anni e il primo articolo che mi compare – ma, ripeto, si tratta solo di una ricerca a caso – è del 19 gennaio 1986.

È vero, non lo ricordavo: teneva una rubrica o, quanto meno, aveva messo in cantiere una serie di articoli, che venivano presentati in prima pagina con una scritta in negativo, bianco su nero, di traverso dentro un tondo: “Una giornata con…”.

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Responsabilità anticonformista

13 settembre 2015
“Così intesa la responsabilità diventa rischiosa, personale, anticonformistica. Non una limitazione all’azione, ma al contrario l’anima di una coscienza sincera che non si chiude in se stessa”.
Francesca Bolino, recensione di Responsabilità di Mario Vergani, Raffaello Cortina editore,
su Repubblica, domenica 13 settembre 2015, p. 48

Il viaggio della memoria

4 settembre 2015

Gabriele Romagnoli

Senza considerare alcuni colleghi con i quali ho avuto la fortuna di lavorare – qualcuno anche dirigendolo e stimolando cosa dovesse scrivere –, quando mi viene chiesto chi reputi un gran giornalista, snocciolo alcuni nomi – se mi metto a contarli arrivo a qualche decina, defunti esclusi – e fra questi solitamente metto Gabriele Romagnoli, del quale tuttavia amavo particolarmente le storie che raccontava quindici o vent’anni fa, quand’era a “la Stampa”, ed ora ha rarefatto.

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Intrecci nella rete

31 maggio 2015

Camillo Arcuri

Camillo Arcuri – genovese, collega meritatamente giunto al riposo dopo una carriera al “Corriere mercantile”, al “Secolo XIX”, al “Giorno” e poi al quotidiano di via Solferino, collaboratore del settimanale fondato nel 1955 da Arrigo Benedetti, che porta con sé Eugenio Scalfari, Antonio Gambino ed altri illustri nomi del giornalismo italiano – è per me una delle dimostrazioni di quanto proficuo ed utile possa essere avere un blog o far un uso ragionevole dei social network, o, in altre parole, di immettere contenuti di un qualche valore in rete, e, pertanto, di quanto sciocco sia essere pregiudizialmente avversari di un mezzo che, al pari degli altri, né va idolatrato né scragiato.

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Una mostra sperata

3 maggio 2015

Nella prestigiosa collezione che appassionatamente ho raccolto ed offerto al pubblico in Libri d’arte e arte dei libri, con qualche anticipo in Oggetto del desiderio ma anche in alcuni post nei quali accenno ai lavori di Dario Longo è fortunatamente entrata di diritto l’opera di Andrea Granchi, artista che ho conosciuto alla presentazione di un libro organizzata da “Artour-o Il Must” e dalla sua tenace animatrice Tiziana Leopizzi, la quale mi ha messo lì in mezzo a tener le fila di una conversazione al cui centro c’erano vita e opere di Alberto Burri di cui ha scritto Alessandra Oddi Baglioni.

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Ancora con Gian Luca

9 aprile 2015

Il tam tam per Geronimo

27 marzo 2015

Com’è lontano quel 7 maggio 2010 quando accesi un fuoco e, sventolando maldestramente una coperta come ancora non avevo imparato bene a fare, levai in cielo segnali di fumo tentando di chiamare a raccolta La tribù di Geronimo. Così si intitolava uno dei primi post pubblicati in questo blog, con cui annunciavo che di lì a qualche giorno i pellerossa che avevano scorrazzato nella prateria de l’Unità si sarebbero ritrovati per festeggiare un gran capo indiano in procinto di compiere 90 anni.

Bruno Schacerl

Quel leggendario guerriero, Geronimo, in realtà si chiamava Bruno Schacherl e per rendergli i dovuti onori si spinsero fin qui, in una storica casa del popolo fiorentina, due direttore del quotidiano comunista del calibro di Emanuele Macaluso e, soprattutto – lucidissima mente che testimonia quanto sia stolto chi vuol rottamare gli anziani – Alfredo Reichlin. Quest’ultimo è stato senz’altro quello che ha firmato la mia lettera di assunzione, essendo stato al timone del giornale fondato da Antonio Gramsci dal 1977 al 1981, quando appunto ebbi la fortuna di iniziare a lavorare lì; l’altro, Macaluso, deve avermi invece promosso caposervizio avendo diretto l’organo del Partito comunista, dopo l’infelice parentesi di Claudio Petruccioli con lo scivolone del caso Cirillo, dal 1982 al 1986.

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Unire i ricordi de l’Unità

17 marzo 2015

Enrico Berlinguer in visita a l'Unità

Vincenzo “Vicè” Vasile, illustre collega esperto in mafia, trame e misteri d’Italia vari, fine conoscitore di quella melma che collegava e collega parte della politica alla delinquenza e al malaffare, su Facebook cacchio cacchio se n’è venuto fuori con queste striminzite due righe: «questo Gramsci non lo volete nella nuova L’Unità per un “fatto politico”, o perché sarebbe il ventiseiesimo oltre la quota concordata dal Cdr?».

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Addio Juanito

5 marzo 2015

Juanito non c’è più. E mi viene il sospetto che non ci sia mai stato, perché io lo chiamavo così, ma lui, in realtà, si chiamava Hector, Hector Mendez per la precisione, ed aveva un’età che rende ragionevole, quanto meno bio-logico e naturale il fatto di non esserci più, anche se ci sono persone che, se ci hai parlato fino a qualche tempo prima, ti pare impossibile possano venire a mancare, tanta è la vitalità che hanno indosso, e sono capaci di trasmetterla, quasi ti contaminano con la loro buona disposizione verso il mondo, anche verso il complicato, l’oscuro, quello che in definitiva bene non va affatto.

Ed Hector Mendez era una di queste persone, con tanta di quella vitalità indosso e la capacità di trasmettertela, quasi di contaminarti con la sua buona disposizione verso il mondo, probabilmente perché essendo passato dall’inferno, avendoci fatto un nient’affatto superficiale giro dentro restandoci “affogato” per un po’, non poteva far altro dopo che esser ben disposto verso il mondo, e vitale, e inondante ed esplosivo, coinvolgente.

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Alfiere nero in D4: matto

17 febbraio 2015

Fahim Mohamad

Su la Repubblica di ieri, Anais Ginori raccontava la storia del “piccolo genio degli scacchi” del quale avevo scritto qui il 2 agosto 2012 con il titolo Fahim muove ed è matto dopo che in una rivista, pur apprezzando l’articolo spedito nel disperato tentativo di racimolare del reddito, lo avevano rifiutato.

Quel “rifiuto” è stato compensato dai commenti lasciati nel blog da Andrea Guermandi e da Rita Martinelli.

La cosa bella, oltre alla cittadinanza conquistata da Fahim e all’Immortale che anch’egli probabilmente avrà vinto, è che ora è uscita presso Bompiani l’autobiografia di Fahim Mohammad intitolata Un re clandestino e, pare, da esso ne verrà tratto un film. Auguri ragazzo.

Il rischio delle deroghe

15 febbraio 2015

Il carro merci esposto in piazza San Carlo a Torino in occasione della mostra su Primo Levi

Sono pericolose le deroghe perché quando eccezionalmente se ne ammette una, si ha l’alibi e la giustificazione per consentire anche la seconda, poi la terza e così via, e insomma per passare appunto dall’eccezionalità alla norma, all’ordinario, al consueto e considerare questi come banali, in definitiva poco gravi, veniali anziché capitali qualora siano peccati, cioè peccatucci tutt’al più.

Tant’è che lo “strappo” autoconcessomi nel post precedente, Pubblicità acclarata, quello di consentirmi la pubblicità di due libri senza averli letti, ma per il solo fatto di essere in libreria e di trattare un argomento che mi pare possa essere interessante, sta inesorabilmente spingendomi ad una coazione, in psichiatria, secondo il dizionario Treccani quel «fenomeno morboso caratterizzato dall’insorgenza di un pensiero o di un impulso ad agire, da cui il soggetto non riesce o fatica a liberarsi, pur giudicandoli futili o inconsistenti», disturbo precisato dalla psicanalisi aggiungendovi la specificazione «a ripetere», ovvero sia la «tendenza a ripristinare esperienze passate vissute dall’individuo come particolarmente gratificanti».

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Le cose del silenzio

7 febbraio 2015

Mina

Ci sono cose in un silenzio – cantava Mina – che non aspettavo mai. Fu la prima canzone che Paolo Limiti scrisse per lei e si chiamava La voce del silenzio. Già, la voce del silenzio, come se questo, il silenzio, possa dire, il suo nulla esprima, il niente racchiuso in esso divenga qualcosa ed aspiri al tutto.

La canzone m’è venuta in mente leggendo questa mattina su Repubblica l’articolo di Francesco Erbani che recensisce e dà notizia della pubblicazione del volume di Bice Mortara Garavelli Silenzi d’autore, edito da Laterza, una “collezione privata” di autori che con l’assenza di suoni, con la mancanza di parole, con la voce strozzata in gola si sono cimentati; un’antologia, suppongo, inevitabilmente monca e parziale, incompleta, nella quale sono assenti gli assenti, e certi silenzi tacciono.

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Spes, ultima dea

9 gennaio 2015

Ricevo e volentieri pubblico

di Gilberto Briani

Sono vestiti di nero. Non è un caso, anzi non potevano aver scelto un altro colore.

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Signorno

25 dicembre 2014

Sulla mia bacheca di Facebook ho pubblicato – “postato” direbbero i seguaci del 2.0 – il collegamento – il link – a due articoli comparsi nell’ultimo numero de “La Lettura” – l’inserto domenicale del “Corriere della Sera” che trovo uno dei migliori prodotti giornalistici ancora in circolazione –: il primo di Umberto Curi dedicato all’obbedienza, e l’altro di Michele Ainis dedicato alla fedeltà, maggiormente attratto da quest’ultimo per l’imbarazzo, suppongo, che provo nel non essere pienamente stato in grado, nel corso della mia vita, di attenermi ad esso con sufficiente rigore e fermezza, quantunque, come sostengono, riferendosi rispettivamente alla psicologia e alla creatività, Aldo Carotenuto e Annamaria Testa, proprio il venir meno alla parola data e il cambiar le carte in tavola siano ciò che consente di fare un passo avanti ed uscire da un’ipocrisia che rischia di soffocare insieme tradito, traditore e terzo incomodo.

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La penna di Gabriele

7 novembre 2014

Evito di mescolare quello che scrivo qui nel blog con quello che ha a che fare con il mio lavoro, con ciò da cui traggo da vivere. Ma un’eccezione bisogna la faccia, perché qualche giorno fa, facendo il mio mestiere appunto, ho dato notizia delle iniziative programmate all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Firenze – San Salvi, un luogo che qui nel blog ha ricordato Juanito – in occasione del centenario della fondazione della biblioteca Vincenzo Chiarugi, il quale fu il direttore del manicomio.

In primo piano, di spalle, Gabriele Capelli

Fra le manifestazioni in programma c’era una performance che ha preso spunto da un articolo intitolato “Un cinema-teatro nasce anche per abbattere il muro dell’isolamento”, pubblicato sulla cronaca di Firenze de l’Unità il 21 giugno 1977.

Quell’articolo fu scritto da Gabriele Capelli che, come più volte ho avuto modo di ricordare anche qui, è stato il mio maestro, fino a un certo punto un grande amico, l’altro vicedirettore come me del quotidiano locale Mattina, e comunque un collega e una persona verso la quale fino all’ultimo istante della sua vita, e poi ancora dopo nel ricordo, ho nutrito stima, rispetto, affetto e gratitudine.

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Anomalia nostrana

3 novembre 2014
«Il terzo punto, che dà il titolo al libro, è l’autodistruzione della sinistra, ambito nel quale all’Italia spetta un posto d’onore. Non si riesce invero a capire perché mai i tedeschi o glisvedesi, o i belgi, o gli austriaci, abbiano diritto ad avere un partito socialdemocratico nei loro parlamenti, ma non gli italiani.
Hanno impiegato oltre quindici anni, dalla “Bolognina” alla nascita del cosiddetto Pd, a demolire quanto ancora restava dell’insediamento sociale, culturale e umano del maggior partito riformista che l’Italia abbia avuto nella sua storia repubblicana, e che Togliatti chiamò “partito nuovo”».
Luciano Canfora, a proposito del libro di Domenico Losurdo, La sinistra assente, Carocci, su “Il Corriere della Sera” di lunedì 3 novembre 2014

Grande o infinita guerra?

27 luglio 2014

In questi giorni si celebra il ricordo di quella guerra che già alla mia generazione, nata quarant’anni dopo, sembrava un evento di chissà quando, roba della storia, non molto a che vedere con noi. Per cui suppongo che le generazioni venute dopo la mia, e ancor più quelle di oggi, provino poco a cent’anni di distanza a ricordargli che s’è combattuto, fra il 1914 e il 1918, dilaniando l’Europa ed infiammando per la prima volta tanto da doversi servire del termine “mondiale”.

Quel conflitto condusse l’Italia a coniare, derivandola dal luogo dove una folle battaglia si trasformò in una colossale sconfitta, il comune sloveno di Kobarid, la parola con cui siamo soliti indicare una disfatta disastrosa, Caporetto.

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Un francobollo

25 luglio 2014

Il contenuto della busta molto sgradevole, ma il francobollo…

Creature, o anche solo viventi

4 maggio 2014

Io credo che un tempo fossimo tutti assai più confusi con quanto ci circonda e non fosse così facile distinguere fra sé e la natura, non si avesse insomma la consapevolezza dei confini che pur ci separano dall’antilope o dalla scolopendra o anche solo dallo scalogno pertanto era assai più “naturale” volger lo sguardo in alto o raccogliersi rannicchiati e dir parole come quelle che seguono, senza forse nemmeno intender fare della religione se non quella d’esser appunto un’unica grande entità tutta legata come dice la parola stessa.

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Sulle orme del passato

4 maggio 2014

Sabato prossimo parteciperò a un seminario, più esattamente alla quarta sessione di un seminario che inizia già venerdì pomeriggio al circolo Vie Nuove di Firenze. Il seminario è organizzato dall’associazione Ciclostilato in proprio in collaborazione con l’Istituto Gramsci Toscano e ne ho dato conto il 30 aprile scorso nel post intitolato Arciassociato.

La sessione nella quale intervengo porta come titolo “Dopo le elezioni del 1976: la parabola del MSF tra riflusso e nuove proposte. Il femminismo” e vi prendono parte Paola Carlucci, Ferruccio Capelli e Massimo Bellomo. Con Roberto Bianchi e Monica Galfré dell’Università di Firenze dovremmo fornire elementi in grado di aiutare uno storico a ricostruire perché intorno al 1978 il Movimento studentesco fiorentino si sciolse, in quali rivoli quell’esperienza si è riversata, quali strade abbiamo imboccato, cos’altro eventualmente dopo è germinato a partire da lì.

Nel sommario che indica i temi trattati nel “workshop”, si legge: “la crisi del MSF nelle scuole; il riflusso; il femminismo; le proposte politiche per il movimento; il Settantasette; il terrorismo. Ciò che resta a Firenze del MSF dopo il suo scioglimento: Radio Centofiori, l’esperienza del circolo Vecchio Mercato, il contributo al rinnovamento dell’Arci, del sindacato, delle istituzioni locali”.

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Arciassociato

30 aprile 2014

A correzione di quello che ho scritto in una serie di post consultabili qui, primo fra tutti quello intitolato Ogni parola è un debito dell’ormai lontano 26 aprile 2010, da oggi oltre che all’Ordine e al sindacato dei giornalisti e all’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia, nel portafogli ho un’altra tessera, possesso che indica la mia appartenenza ad un’organizzazione e pertanto comporta, ancorché in maniera assai relativa – e il primo a doversene convincere son proprio io – la possibilità di ricorrere al pronome di prima persona plurale “noi” che oculatamente centellino.

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Gli amarcord di Andrea

24 febbraio 2014

Andrea Guermandi, qualche anno fa

Quanto bene io voglia a Andrea Guermandi è noto a chi mi conosce o a chi ha seguito con dovizia il mio blog, perché ne ho scritto certo più di una volta. Ora torno a parlar di lui perché mi ha mandato un dattiloscritto che se io fossi un editore, e meglio ancora l’editore de l’Unità, non esiterei a mandare rapidamente alle stampe, supponendo ci sia ancora qualcuno in giro per il mondo disposto a versar qualche moneta pur di legger delle cose scritte bene.

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Good bye Hobo

29 gennaio 2014

La copertina di Dangerous songs di Pete Seeger

Ovviamente doveva succedere, e se non altro mi consola, a quanto ne scrivono le cronache, che la morte sia sopraggiunta nel sonno. Aveva 94 anni Pete Seeger e ieri, quando ho sentito alla radio la notizia della sua morte, davvero ho sentito la sensazione di vuoto che arriva quando se ne va una persona cara, che sai ti mancherà, poi non sarà più come prima.

Conosco la musica di Pete Seeger da prima del 1967. Lo devo a mio padre e ai dischi che sentivamo in quello che credo fosse il Bang & Olufsen dell’epoca, un lusso da bravo intellettuale borghese e di sinistra. Credo mi fu detto che Datemi un martello di Rita Pavone era in realtà sua, ed io ne avevo una versione in francese dei Les Surf prima di sentire quella cantata da Peter, Paul & Mary. E subito dopo Pete Seeger devo aver conosciuto Joan Baez.

In questa gente la protesta, la denuncia, il coraggio di dire no (l’eroismo non è affatto una prerogativa di destra! Non diciamo bischerate!), si mescolava a una delicatissima poesia, a una giocosità da infanzia. Si senta qui Turn, turn, turn, sembra di star davanti a un maestro, a un bravo maestro.

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Quei 20 anni che sconvolsero…

1 gennaio 2014

1969 Woodstock

1989 muro di Berlino

Quanto tempo serve per cambiare il mondo? Millenni come insegnano le scienze della Terra, secoli come si legge nei libri di storia, istanti come talvolta vien di pensare? Al mio lettore propongo un supplizio da cui ovviamente può esentarsi, ma se invece accetta di leggere tutto fino in fondo potrà farsi un’idea del perché, secondo me, stando larghi, nel ventennio che separa il 1969 dal 1989, e più specificamente nel decennio 1978-1988, si consuma tutto quanto ha irrimediabilmente modificato l’esistenza su questo pianeta rendendo se non impossibile (mai dire mai) certamente assai improbabile la possibilità che gli esseri umani riprendano in mano i loro destini.

Per quanto lunga questa cronologia – credo essenziale ma certamente lacunosa per un verso e esuberante per l’altro – contiene gli ingredienti base di una mutazione genetico-antropologica insanabile, ed io mi auguro solo che un giorno, a qualcuno nato dopo il 1989, quando io avevo già più di 30 anni e non intendevo rottamare il mondo, venga voglia di leggerla, rifletterci su un attimo, e vedere se c’è qualcosa che dal nostro passato dobbiamo, certo in forme nuove e diverse e senz’altro migliori, recuperare. Buona lettura per chi ne ha voglia e grazie a Wikipedia (I fatti precduti dal segno > sono avvenuti in Italia, quelli contraddistinti da § riguardano lo spazio e l’* indica la mancanza o di una data precisa o di un luogo preciso):

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Dolorosa prospettiva

9 dicembre 2013

Andrea Mantegna, "Cristo morto"

Ne L’idiota di Dostoèvskij, come ho avuto occasione di scrivere qui in Gesù, gli idioti e altre storie, uno dei protagonisti dice: «Più di uno guardando questo quadro può perdere la fede».

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Un padre sufficientemente dignitoso

18 novembre 2013

Ricevo e volentieri pubblico:

Un padre sufficientemente dignitoso

Gilberto Briani

di Gilberto Briani

L’idea di Antonella Blanco di utilizzare il concetto teorico di Winnicot della “madre sufficientemente buona”, a proposito del dibattito sulla figura del Padre nella cultura e nella società odierna, mi sembra molto intelligente perché finalmente aggiunge un metro valutativo alle profonde considerazioni che provengono da più parti, opportunamente citate nel post A cosa serve un padre.

È ormai in corso un dibattito che pre-e-occupa settori sempre più vasti dell’opinione pubblica, testimonianza di un vuoto energetico-culturale da cui derivano profondi danni al tessuto della nostra società cosiddetta “civile”, che di civile non ha più nemmeno l’odore.

All’interno del solco tracciato dalla Blanco con la sua proposta di un padre sufficientemente buono, vorrei affiancare un altro concetto teorico che a me pare ri-definire quello precedente: “un padre sufficientemente dignitoso”, riprendendo così quel tema, che a me sembra fondamentale, della Dignità come categoria fondante di una morale che dia sostegno e struttura non solo al singolo individuo bensì a qualunque forma di società, dalla famiglia alla comunità fra gli Stati. Tema di cui mi ero già occupato in Dalla fede alla dignità, che Daniele ha qui gentilmente pubblicato.

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A cosa serve un padre

14 novembre 2013

Ricevo e volentieri pubblico:

A cosa serve un padre

Antonella Blanco

di Antonella Blanco

A commento del “metalogo batesoniano” Dialogo sulla politica e in cerca di risposte, a interrogativi personali e ai quesiti posti qui da Gilberto Briani nello scritto Il Tao, la bellezza e il Padre, dopo aver accolto con piacere i suoi suggerimenti di lettura.

«A cosa serve un padre, in fondo? Serve a separare il bambino dalla madre e a dare un ordine al caos pulsionale del legame madre-figlio.

[…] Il Padre è un luogo logico dove il bambino può incontrare un annodamento tra la Legge e il Desiderio che possa funzionare per lui come tratto di identificazione all’immagine paterna.

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Storia della dignità

1 novembre 2013

Un’isola europea

8 ottobre 2013

Caro Daniele,

vorrei accennare a un’idea che mi è venuta dopo la tragedia di Lampedusa. È solo in nuce e quindi ancora molto generica la mia idea, ma credo che potrebbe essere presa in considerazione dai lettori del tuo blog e tramite loro, per iniziare, diffondersi.

Costatato che l’isola di Lampedusa è e sarà uno dei punti di riferimento dell’immigrazione dai paesi del “quarto” mondo, constatato che sciagurate leggi italiane stanno provocando un altissimo numeri di morti e di disperati che vengono o espulsi o rinchiusi in centri lager di pseudo accoglienza, proporrei che l’isola divenisse un Territorio della Unione Europea.

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Ancora alcune cose

7 ottobre 2013

Carlo Maria Martini

Con la pubblicazione quasi in parallelo di Dalla fede alla dignità, cioè delle “notazioni” di Gilberto Briani sull’articolo Il tentativo di dialogo e sulla postilla “politica” Temporale/spirituale, e dello scritto Della grazia, pensavo potesse ritenersi concluso, da parte mia, il confronto con le tematiche religiose che – è da decidersi se proficuamente o imprudentemente – avevo avviato il 22 luglio pubblicando Sereni: resto ateo.

Ma proprio mentre schiacciavo il tasto “pubblica” sotto le parole di Gilberto, rispetto alle quali a questo punto vorrei dire qualcosa, Eugenio Scalfari dava alle stampe il resoconto della conversazione avuta con il Pontefice, José Bergoglio.

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Un testo basilare

6 ottobre 2013

Ripropongo l’ultimo dei tre articoli di Enrico Berlinguer intitolati Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, pubblicati sul settimanale “Rinascita” nel settembre-ottobre 1973, in cui per la prima volta comparve la formula “compromesso storico”. Contiene concetti che considero basilari ancora oggi, benché la realtà sia a distanze siderali da quella in cui vennero espressi. Non ho fatto alcuna verifica sulla fedeltà del testo tratto da questo sito di una sezione di Rifondazione comunista.

Enrico Berlinguer

Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile

di Enrico Berlinguer

Gli avvenimenti cileni sono stati e sono vissuti come un dramma da milioni di uomini sparsi in tutti i continenti. Si è avvertito e si avverte che si tratta di un fatto di portata mondiale, che non solo suscita sentimenti di esecrazione verso i responsabili del golpe reazionario e dei massacri di massa, e di solidarietà per chi ne è vittima e vi resiste, ma che propone interrogativi i quali appassionano i combattenti della democrazia in ogni paese e muovono alla riflessione.

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Dalla fede alla dignità

30 settembre 2013

Gilberto Briani

Ricevo e volentieri pubblico.

Alcune notazioni sul tentativo di dialogo

di Gilberto Briani

Chiamato in causa dal Post di Daniele sul tentativo di dialogo fra Papa Francesco e Scalfari, ho pensato di precisare meglio il mio pensiero su questo dibattito che si è allargato a dismisura sui media italiani.

Costatato che l’archetipo di Gesù Cristo sta ormai invadendo i dibattiti e la letteratura, (è appena uscito un nuovo libro di ben 572 pag. dello psichiatra Vittorino Andreoli, che naturalmente si professa non credente ma anche lui affascinato … ecc., “ Il Gesù di tutti”), mi è parso evidente il fatto che la spiritualità, purché non sia dogma o Chiesa, rimanga il valore principe dell’uomo: spiritualità, che significa legame etico con l’altro e con l’universo, un legame che è il patrimonio della coscienza sia individuale sia collettiva, purificata da ogni fraseologia pre-ordinata e inserita in un sistema di valori che rendano l’uomo libero da ogni tipo di Chiesa o sistema filosofico.

Credente o ateo, non sono più categorie che oggi possono avere una concretezza epistemologica, anzi una realtà culturale e sociologica. Secondo il mio parere, è una distinzione ormai desueta, stanca e consumata da un dibattito sterile, essenzialmente privo di energia creatrice.

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Un indice di sinistra

15 settembre 2013

Sono stato invitato, in seguito alle mie considerazioni sull’ateismo del 22 luglio scorso, a riproporre e avviare un confronto sui temi che Repubblica ha raccolto in una serie di interviste accorpate sotto la parola chiave “Dì qualcosa di sinistra”, avviate da un articolo di Michele Serra del 16 luglio scorso. Mi ero ripromesso di rifletterci sopra ed eventualmente intervenire in questo blog sull’argomento, e così ho raccolto ad uno ad uno gli interventi pubblicati.

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Difesa della patria

4 agosto 2013

Is Arenas Biancas

Dal 1949, anno in cui fu istituita, l’Italia fa parte della NATO, acronimo di “North Atlantic Treaty Organization”, l’”Organizzazione del trattato del Nord Atlantico”, che – se dovessimo usare una sigla italianizzata, come talvolta si fa per esempio chiamando SIDA l’AIDS, “Sindrome da immunodeficienza acquisita” anziché “Acquired Immune Deficiency Syndrome” – indicheremmo con OTNA, ma tutti conosciamo appunto come NATO, in virtù del preminente ruolo svolto in quell’intesa fra Capi di stato maggiori dell’esercito, della marina e dell’aeronautica dagli USA, nella nostra sigla SUA.

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Copia e incolla e copia e incolla

22 luglio 2013

Ai lettori del suo bel blog si presenta così: «Questo è il mio diario pubblico. Un laboratorio pieno di alambicchi, minerali, metalli, pietre filosofali, aria e fuoco. Anche parole, ma quelle servono solo a ritrovare storie, vite e cammini. È tutto quello che ho, è tutto quello che posso regalarvi».

Roberto Cotroneo

Lui è Roberto Cotroneo, classe 1961, che per un solo giorno – e quattro anni – potrebbe condividere con me il giorno di nascita, oltre alla regione d’origine, il Piemonte. Ha lungamente lavorato a l’Espresso, dirigendone le pagine culturali, poi per Panorama, l’Unità quando io non c’ero più, Il Sole 24 Ore, Radio Due, La7 e ora dirige la Scuola superiore di giornalismo della Luiss di Roma, scrive su Sette e Il Messaggero.

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Il manuale delle giovani marmotte

14 luglio 2013

Esiste ancora, sembrerebbe. Nel 2002, infatti, la The Walt Disney Company Italia ha mandato alle stampe Il nuovo manuale delle Giovani Marmotte, a cura di Fausto Vitaliano. A me sembra così strano che la prima pubblicazione in Italia di questo libro nella sua versione originale, Il manuale delle Giovani Marmotte, sia avvenuta solo nel 1969 curata da Mario Gentilini con le illustrazioni di Giovan Battista Carpi e la collaborazione di Elisa Penna, Gaudenzo Capelli, Franco Marano e Adriana Cristina.

Eppure questa è la data che si legge su Wikipedia nella voce dedicata a questo libro ed è indicata per la prima edizione nella 13a ristampa del 1974 che ho sotto gli occhi, gentilmente imprestatami da Claudia Gori la quale si è raccomandata che gliela restituisca perché vuole regalarlo a sua figlia Giulia.

Non rubo libri, anzi proprio non rubo, ma quelli men che meno, per un sacro antico rispetto purtroppo non sempre corrisposto, perciò tornerà nelle mani di quest’amica e poi in quelle della sua bimba.

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Occhio al 2000002013

13 luglio 2013

Uno dei due miei editori, Maurizio Marinelli della Baskerville di Bologna, deve aver appreso con grande soddisfazione la notizia che si può leggere sul sito vitadadonna.com intitolato La Fine del mondo verrà, ecco quando e come nel quale si da conto di uno studio dell’astrobiologo Jack O’Malley-James, dell’ University of St Andrews in Scozia riportata dal quotidiano britannico Telegraph.

Il ricercatore anglosassone sosterrebbe dati alla mano che l’apocalisse prossima ventura è annunciata per il 2000002013, anno più anno meno, vale a dire, se non sono rimbecillito,, 2 milioni di secoli, periodo di tempo nel quale Maurizio Marinelli e i suoi eredi potranno beneficiare degli introiti provenienti dalla vendita di Apocalisse, il giorno dopo. La fine del mondo fra deliri e lucidità, giunto alla milionesima ristampa riveduta e corretta, fatta salva la quota di diritti di autore che per i primi 70 anni spetta ai miei eredi, i quali comunque avranno modo così di arricchirsi.

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Il libro di Filippo

10 luglio 2013

Credo che Filippo Torrigiani, di cui ho già avuto occasione di scrivere quando è stato dimissionato dal suo ruolo di assessore e per quello che ha scritto sul mio libro, sia uno di quelli che ancora indossano il grembiule (grembiule, non grembiulino) o all’occorrenza impugnano il martello (martello, non compasso) se c’è da far funzionare una di quelle feste che un tempo si chiamavano de l’Unità ed ora non so più bene e forse chi le organizza meno di me.

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Ritorno in Sardegna

6 luglio 2013

Tornerò in Sardegna a presentare il mio libro. E lo faccio con piacere anche perché l’insistenza e la disponibilità con cui Rita Martinelli e Monica Porcedda hanno voluto va premiata. Se non fosse un premio a me, meriterebbe fosse un premio a loro.

L’appuntamento è alle 23 di venerdì 2 agosto in piazza del Nuraghe a Sant’Anna Arresi. Cinzia Crobu presenterà Io la salverò, signorina Else, mi farà tutte le domande che vorrà, inciterà il pubblico a farmi quelle che non le sono venute in mente, mi rimprovererà dovessi essere reticente, passerà il microfono a Rita Martinelli che leggerà dei brani del libro.

Quello stesso giorno alle 21,30 Barbara Cantone, Valeria Sardu, Claudia Ghisu, Francesca e Sara Vasarri della Zattera della follia – Teatro di Strada presentano “… Oggi come ieri” , spettacolo di giocoliere e trampoli, diretto da Gloria Uccheddu com nusiche e luci di Riccardo Montanaro, mentre alle 22 Monica Porcedda dirige il suo laboratorio teatrale permanente che si chiama La Cernita Teatro in ”L’ho perso? L’ho perso!”, con Chiarella Caredda, Giuseppe Cocco, Monika Joani, Marisa Marongiu, Anna Paola Massa, Salvatore Messina, Stefanina Pilloni, Susanna Piras, Deborak Scerbo Perrucci.

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I tormenti di Italo

6 luglio 2013
Italo Dall’Orto in
Tormento d’amore
8 luglio 2013, ore 21
Teatro Puccini Firenze
Via delle Cascine, 41, Firenze