Socrate in corsia

Il nuovo ingresso di Careggi

Ho letto oggi sul giornale che l’ospedale fiorentino di Careggi – dove ho una stanza all’Hotel Bellavista, non tutta per me, ma pronta per ogni evenienza, qualora, come questa mattina, le palpebre o le caviglie mi si gonfino fuor di misura – si è dotato di un “consulente filosofico”. La notizia mi fa piacere non solo perché fa balenare prospettive di lavoro alternative alla mia professione ufficiale, il giornalista, essendo io in quella cosa con la quale o senza la quale è la stessa cosa laureato, a dispetto di qualche denigratore, ma anche perché credo che effettivamente dall’amore per la sapienza se ne possa trar beneficio e perciò anche il corpo ne sia gratificato.

Come ho avuto occasione di scrivere (Corpo e mente) vedo proficui incontri fra medicina e filosofia, e credo che entrambe possano far passi avanti se riusciranno a innescare una relazione forse perdutasi nel corso del tempo. Le origine terapeutiche dell’attività che facciamo risalire a Socrate e che secondo me passa inesorabilmente per Epicuro, Hobbes e tutto il filone del nihilismo e dell’esistenzialismo, sono benissimo illustrate, ed anche su questo mi sono soffermato (Lezioni antiche), negli Esercizi spituali e filosofia antica di Pierre Hadot, libro che vivamente caldeggio di leggere a chi vuol appassionarsi un po’ a quello che ci insegnavano i nonni dei nonni dei nonni.

Socrate

Ho una sola perplessità. La specialità del docente chiamato a dare il suo contributo alla salute dei pazienti e alla professionalità degli operatori del prestigioso ospedale fiorentino è la consulenza filosofica, non la filo-sofia. Magari maneggia benissimo anche questa materia, ma ci sento un po’ di odore di Bocconi o di Iulm o di multinazionali del tagliamo i costi del personale, e, talvolta, questi biglietti da visita m’indispongono un po’, al punto tale che appunto a Careggi ho una stanza riservata. Va be’, diciamo che si parte con il metodo, con l’implantologia, parola mediata dalla professione dentistica, la cui specializzazione mi risulta essere ancora compresa in medicina e chirurgia.

Però è bello immaginarsi i pazienti del nosocomio che, con il catetere che gli ciondola da sotto la vestaglia, il pigiama che svolazza e la flebo trascinata di fianco, peripateticano per i vialetti di San Luca, di san Damiano, di Monna Tessa dietro a un uomo con la lunga barba bianca che fa loro interminabili domande ricordando di sapere di non sapere. E questi, tornati in corsia, che dico al primario: «Si ricordi, dottore, che quel che lei sa è solo di non sapere».

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