I molti mondi di Otto
Giorgio lavorava alla Vallecchi e Gioia si occupava di bambini difficili. Quando avevo circa dieci anni mi regalarono Il doppio mondo di Otto di Vera Ferra Mikura, un libro per ragazzi che trattava, all’epoca, il complesso argomento dei figli di separati. Ho ripreso in mano quel libro e l’ho riletto, a distanza di tanti anni.
Il doppio mondo di Otto è un mondo dove c’è un letto a casa del babbo e uno a casa della mamma, cioè tutto è doppio. Anche i sentimenti nei confronti dei genitori sono abbastanza sdoppiati. In entrambi è un affetto enorme, ma messo alla prova non solo dall’impossibilità di avere quel che si desidera, la serenità tra i due adulti, ma anche dalla continua attenzione che il ragazzo deve aver perché una sua parola di troppo, anche la più dolce, non irriti il sentimento di mamma o di papà: aver voglia di vedere lei quando si sta con lui potrebbe essere interpretato dall’uomo come un rifiuto da parte del figlio, una preferenza verso l’altro genitore.
Come si conviene a un libro per ragazzi c’è un lieto fine e, forse, solo quando si è molto grandi, molto adulti, si può comprendere che non necessariamente il lieto fine è il ricongiungimento dei coniugi. Se questo è, meglio, ma quel che sembra pesare di più sul ragazzo è che molte frasi debbano restare strozzate, impossibili da dire, neanche pensabili senza innescare una reazione a catena, quasi che la responsabilità di tutto quell’affare risieda solo su di lui. Sono l’imbarazzo, la sensibilità trattenuta, il desiderio inespresso che paiono gravare e solo il confronto con una coetanea dove a tratti emergono una analoga incomprensione reciproca e difficoltà di comunicare rende quelle difficoltà più naturali, ordinarie, condivise.
Del resto la piccola che gode della fortuna negata a Otto di avere a disposizione entrambi i genitori, deve fare drammaticamente i conti con un padre alcolizzato e anche questa esperienza può essere altrettanto dolorosa. C’è naturalmente un terzo mondo di Otto, nel quale non ci sono suppellettili, e forse anche un quarto: per esempio quello dei sogni, delle riflessioni e anche quello dell’amicizia. Perché l’unica cosa che in realtà sembra congelare tutto è solo quel groppo alla gola, quell’impossibilità a tirar fuori le parole, a confrontare il dissapore.
Dalla sofferenza dei bambini gli adulti possono avere molto da imparare e forse i libri per ragazzi sono scritti più per loro che per i piccoli.