Destinati all’estinzione
Ho letto che Benedetto XVI sarà il Papa che probabilmente passerà alla storia per aver inferto, come fece il suo predecessore Giovanni Paolo II con il comunismo, il colpo di grazia al relativismo. Se sopravviverò a questo Pontefice sarò dunque stato assassinato per ben due volte dalla stessa mano.
Che questo conflitto fosse in corso avevo cominciato a capirlo benché sperassi che una diversità di vedute non avrebbe comportato lo scontro. Non è così. Il filosofo Giovanni Reale intervistato oggi dal Corriere della Sera sull’argomento fa capire esplicitamente che non c’è possibilità di dialogo e che noi dobbiamo soccombere. Altrimenti loro non si sentono realizzati. Loro i cattolici, intendo.
Il fondamento di questo proposito sta nella prima risposta che lo studioso dà all’intervistatore, Armando Torno, il quale gli chiede perché la religione non potrebbe essere considerata un fatto semplicemente privato. «È tale soltanto per chi non crede – risponde Reale –. Per chi ha fede, Dio è verità. E il compito del successore di Cristo non potrebbe essere diverso da quello di Benedetto XVI».
Finché, dunque, chiunque non avrà accettato tale verità, la verità di Dio, non ci sarà tregua. E noi laici, atei, agnostici e miscredenti, pronti a rispettar chi crede in Cristo o in Jahvè o Maometto o in chi vuol lui ma in cuor suo, dovremmo rassegnarci e accettar la verità. Cosa che farebbero ovviamente bene a fare anche coloro che credono in Jahvè o Maometto o in chi vogliono loro ma in cuor loro, essendo la verità una, quella di Dio. Sperando che anch’essi non vogliano imporci il loro credo assoluto. Altrimenti sarà un fratricidio.
Fuor di polemica: noi figli della Rivoluzione francese e di quei princìpi che si chiamano fraternitè, liberté, egalité, veniamo proprio bistrattati dal filosofo cattolico e il nostro pensiero distorto. Dice Reale che «la nuova forma di razionalismo, che presiede l’illuminismo a oltranza, è un integralismo». Aggiunge che negheremmo «qualunque cosa esca fuori dalla ragione» come la intendiamo noi. E che dovremmo avvederci che c’è la «ragionevolezza della fede».
Dovremmo capire, ci dice ancora Reale, che oltre a una ragione scientifica, ce n’è anche una «filosofica o metafisica»; che la prima non desidererebbe colloquiare, mentre la seconda «non è chiusa a determinati ambiti del reale ma affronta i problemi – dicevano i greci – dell’intero, della totalità del reale. Quest’ultima colloquia con la fede, perché tocca gli stessi problemi».
Nelle mie frequentazioni relativiste, finanche nihiliste, non ho trovato idioti di tal fatta, che non comprendano l’esistenza d’una pluralità delle ragioni. Taluni di loro han specificato di non mescolar la filosofia con la metafisica, come c’insegnavano i greci, ma tutt’al più con la fisica, senza ridurre quest’ultima a una sola somma di qualche numero: su quella strada si scoprì che la terra ruotava intorno al sole e non furono i laici a chiedere il rogo, in fede convinti del contrario.
Assenza di fede e di valori ci vien contestata. Non ricerca di sempre nuovi. In base a una fede che è quella nella ricerca. Costi quel che costi. Qualunque sia il prezzo da pagare. E questo sarebbe un integralismo? L’integralismo prevede un integro, un uno, un intero. Che esiste e non è uno zero, come sospetta nelle nostre teste il professore. Ma è relativo. composto di molte parti, qualcuna che è anche il nulla.
È vero: abbiamo in passato mozzato qualche testa e qualche altro crimine è stato commesso anche in nostro nome. Ma alle crociate almeno non siamo andati.
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