I cuori del Chianti

La campagna di Bagno a Ripoli

Non ho in casa un compasso, intendendo lo strumento utile al disegno geometrico senz’altra allusione muratoria. Non ho in casa un compasso, né un atlante su cui sia tracciata la città in cui vivo e il territorio limitrofo, così come molte altre cose. Se l’avessi il compasso, e pure la mappa, potrei  infilarne la punta sulla Cupola del Brunelleschi, tracciando cerchi concentrici che lambiscano i confini dei comuni che circondano Firenze, i cui territori, a questa città super gettonata in tutto il mondo, non danno meno lustro di una delle grandiose opere d’arte custodite nel centro storico del capoluogo toscano. Ebbene nella mia fantasia il cerchio col raggio più corto, ovvero sia il comune più prossimo al cuore di Firenze, è Bagno a Ripoli, e forse mi sbaglio, in realtà è Fiesole o Sesto Fiorentino, ma a me sembra così. Vero o falso che sia, Bagno a Ripoli ha quasi 26 mila anime e 74 chilometri quadrati a disposizione, è la porta del Chianti ed ha una delle campagne più belle che io abbia mai visto. In uno dei suoi angoli per una vita intera avrei desiderato di vivere e quel desiderio è ancora vivo.

Enrico Zoi

A raccontare quelle terre attraverso la voce di chi ci vive è Enrico Zoi, percorso parallelo al mio fin dal liceo, lo stesso, la politica, la stessa, l’università, la stessa, il mestiere, lo stesso. Lo fa servendosi dell’intervista, nobile forma di giornalismo alla quale ha sottoposto anche me nel Trillo del Diavolo.

Ha messo sotto torchio 55 persone in un serrato botta e risposta: sono personaggi che vivono, lavorano o sono nati nel territorio comunale di Bagno a Ripoli e raccontano attraverso la penna di Enrico il loro legame con quel mondo. Assemblati quei testi in un volume pubblicato dalla casa editrice Settemari dal titolo Sotto il Campanile, ne vengono fuori altrettante testimonianze che, come scrive il sindaco di Bagno a Ripoli, Luciano Bartolini, nell’introduzione del libro, «contribuiscono a definire e radicare il senso di comunità».

Aggiunge Bartolini: «Questi veloci cammei restituiscono l’immagine di un territorio vivo e unito attorno a un’identità che è innanzitutto espressione di multiforme vivacità culturale, associativa, artistica ed economica. Le persone intervistate rappresentano la voce di quelle tante ed eterogenee realtà che concorrono a definire una comune coscienza sociale. Come testimonianza storica, azione concreta nel quotidiano, prospettiva di sviluppo nel prossimo futuro. Sotto il campanile non è un racconto campanilistico, poiché dà modo di verificare quanto Bagno a Ripoli e i suoi cittadini siano capaci di dialogare con contesti che superano gli angusti confini comunali, sviluppando in questo modo nuove opportunità, contaminazioni, idee e iniziative fondamentali per una crescita collettiva».

Il libro verrà presentato domenica prossima, 10 ottobre alle 18, nell’ambito della manifestazione Artigiani in fabbrica che si tiene a Borgo Bottaia a Grassina.

Mi sono fatto mandare da Enrico Zoi tre di quelle 55 interviste, e lui me le ha mandate suddivise per frazione: Bagno a Ripoli, Antella e Grassina. Gli intervistati sono Gilberto Cerreti,  Tommaso Detti e Maria Grazia Nicosia. Le riporto di seguito per invogliare alla lettura.

Gilberto Cerreti

Gilberto Cerreti, già professore di tecnologia meccanica e disegno all’Iti Da Vinci di Firenze, ingegnere, vive a Villamagna, sopra Bagno a Ripoli.

Ci parli di lei.

Ho insegnato all’Iti Da Vinci per trentacinque anni, facendo anche la libera professione nell’impiantistica in Italia e all’estero per la multinazionale tedesca Degussa (metalli preziosi, prodotti farmaceutici e chimici). Aveva una piccola divisione ceramica: io ne ero project manager. Ho progettato e diretto i lavori degli stabilimenti di Firenze, Reggiolo, Fiorano Modenese, poi in Spagna, Francia, Brasile, in parte anche nella casa madre di Francoforte. Ma il mio cuore è rimasto sempre con gli studenti! Fra Don Milani e Padre Balducci.

Con un grande amore per l’arte.

Specie quella moderna: col mio lavoro ho visitato più volte tutti i musei del mondo, sempre rifiutando nei nostri giorni l’arte figurativa a favore dell’aniconismo, che nel ‘900 ha liberato pittura e scultura dall’obbligo di riprodurre il vero. L’artista deve avere libertà assoluta: un pittore oggi non può rappresentare una maternità come Giotto, ma come una massa informe di colore e materia da cui si evinca l’affetto fra i simili e la dinamicità del nostro momento storico.

Il numero uno?

Sono stato amico di Vinicio Berti fin da bambino. Mi ha sempre colpito il suo spirito rivoluzionario nel valutare la pittura: un anti-Rosai diseredato dal Pci, che esigeva un’arte costruttivista come in Urss. Lui invece è stato il primo firmatario dell’astrattismo classico, con Nativi, Monnini e Nuti. Ne ho scritto un ricordo edito negli atti del convegno ‘Vinicio Berti artista contro’ organizzato per una mostra del Centro Antinoo di Roma nel 2006 all’Archivio Centrale dello Stato. La vedova Liberia, di cui sono pure amico, sta regalando le opere di Berti a vari Comuni. Ne donerebbe una anche a Bagno a Ripoli in cambio degli atti amministrativi formali.

Tommaso Detti e Paolo De Simonis

Tommaso Detti

Incontriamo Tommaso Detti, intellettuale che ha vissuto un periodo importante della storia politica di Bagno a Ripoli. Vive ad Antella.

Qual è la tua ‘storia ripolese’?

Arrivai da Firenze a Bagno a Ripoli nel ‘71, quando mio padre comprò una bella casa poco fuori l’Antella, e mi integrai bene nella vita del paese sia tramite la scuola di mio figlio, che trovò un buon posto per crescere, sia anche per via della politica. Nel ‘72 mi iscrissi infatti al Pci. Propendevo già a farlo e la dimensione comunitaria fu decisiva per la mia scelta. Partecipai quindi alla vita della sezione e nell’85 fui eletto consigliere comunale. Il destino volle che fossi l’ultimo segretario del Pci a Bagno a Ripoli. Poi cessò la mia partecipazione alla vita politica. Non attenuai il mio impegno, ma sentii che per me era meglio esplicarlo nel mio lavoro di docente e studioso. Così sono stato tra l’altro preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Siena, dove dal ‘75 insegno storia contemporanea, e presidente della Società Italiana per lo studio della storia contemporanea. Oggi presiedo la Fondazione musei senesi.

Quale il bilancio di questi anni?

Ne ho tratto molte gratificazioni, anche se i miei legami con l’Antella si sono allentati. Ha segnato il passo pure il mio lavoro di ricerca, ma per un po’ non è stata una rinuncia: gli storici interrogano il passato a partire dai problemi del presente e il mondo era mutato così radicalmente che i miei punti di riferimento generali non funzionavano più. Perciò ho dedicato anni a cercare di aggiornarli, privilegiando non le indagini approfondite e circoscritte, ma le sintesi generali. Le mie pubblicazioni più impegnative dell’ultimo decennio sono infatti libri di testo di storia contemporanea per licei e università.

E ora?

Mi sono chiarito un po’ le idee: a 61 anni mi è tornata pure la voglia di fare ricerca e sto lavorando a una storia di Internet.

Maria Grazia Nicosia

Maria Grazia Nicosia, ballerina e insegnante di danza classica, vive a Bagno a Ripoli e ha creato, col marito Franco Cipolla, violinista, la bella realtà del Centro Studi Danza Grassina (32 anni di età, 200 allieve, alcune in giro per l’Europa: Rotterdam, Salisburgo, Ginevra).

Ci fai un tuo autoritratto?

Sono a Bagno a Ripoli da 32 anni. Sono molto affezionata al Comune e alla Casa del Popolo di Grassina che mi ospita da sempre. Il Centro Studi ha fatto tante belle cose sul suo bellissimo palco, dando un forte input alla danza a Firenze e in Toscana. Mi spiace un po’ che non tutti ricordino che quando ho cominciato nella nostra regione per la danza c’era pochissimo e che il festival Danza Primavera, che a Grassina è nato e vive, ha fatto crescere questa disciplina, dando a molti giovani ballerini e coreografi ottime opportunità e alle mie colleghe coetanee del Comunale il via per creare altre realtà. Il mio amore per la danza si è diffuso a macchia d’olio… Non senza ricordare il grande aiuto della Casa del Popolo, soprattutto di Gianni Ravenni.

I tuoi ricordi più belli?

La mia vita di ballerina è tutta un bellissimo ricordo! Se fai ciò che ami con passione, non c’è sacrificio, e io amo la danza. Ho ballato con Nureyev, Barishnikov, Fracci… E ricordo anche che insegnando ho iniziato a ballare meglio! E poi c’è il bel presente del nostro gruppo, lo Spring Dance Group!

Parliamo del Premio Polyakov…

Il Polyakov raduna grandi nomi in giuria (presieduta da Giuseppe Carbone) e fra i ballerini ospiti. È un grosso impegno cui posso dare una cadenza solo biennale, ma è uno dei premi più importanti a livello nazionale. Eugene Polyakov ha fatto tanto per la danza a Firenze e per Danza Primavera e sono orgogliosa di dedicargli questo concorso.

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