Pandora

Ci hanno mentito. Fin dalle prime lezioni, quasi teatrali, tuffi fiabeschi in materia imprendibile, all’età in cui ancora il gioco domina la vita e non viceversa, arriva qualcuno e dice che il vaso di Pandora è il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura. Quel “pithos”, il vaso, era un dono di Zeus a Pandora, e il re dei re o il dio degli dei o l’uomo degli uomini che s’inventò tutte quelle storie, si raccomandò acciocché lei mai lo aprisse.

Analogamente qualcuno avrebbe attribuito a una mela qualcosa di analogo al vaso e perciò gli studiosi ritengono che Pandora non sia poi molto dissimile da Eva e comunque la si voglia guardare questa faccenda bisogna riconoscere che tanto l’una quanto l’altra, la greca e l’aramaica poi sussunta in sacra romana chiesa, son donne, e che lo fossero davvero o che un qualche maschio ad esse abbia attribuito tutto quel putiferio, questo è il mito che a noi resta in mano e allora o riusciamo a dipanarlo, o restiamo imprigionati in un qualcosa che assomiglia a un pregiudizio.

Di Pandora si dice che avendo ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità, non tardò a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo. Anche qui, come nell’altra storiella, alla base c’è la voglia di conoscenza, perché la curiosità al netto del pettegolezzo o del chiacchiericcio, è appunto fame di sapere.

Per tenerci tutti buoni la leggenda ha tramandato che sul fondo del vaso rimanesse soltanto Elpis, la speranza, la quale non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse nuovamente chiuso con tardivo pentimento. Ciò produsse che l’umanità, fino allora vissuta libera da mali, fatiche o preoccupazioni di ogni sorta, compresa la morte, la quale non era di questo mondo e rendeva gli uomini, pari agli dei, immortali, d’un tratto si trovasse in un mondo desolato ed inospitale sul quale si possa viver solo di speranza.

Io temo che ci abbiano mentito e che in quel vaso, anziché i mali, fossero riposti solo i sentimenti, le emozioni, e qualcuno che potremmo chiamare Zeus o re dei re o dio degli dei o uomo degli uomini, ci volesse solo invitare ad esser parsimoniosi con quel prezioso contenitore. Che si trattasse di mali, di sentimenti o di una qualunque scoperta fino a un certo punto nascosta e poi una volta manifestatasi impossibile da celare nuovamente, dobbiamo fare i conti con questa irreversibilità e magari sforzarci di trovare un modo per convivere meglio con quella dispersione.

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