Occhio all’inezia

Erri De Luca

Tempo fa ho letto un ex collega invidioso e poi baciato dalla fortuna e anche un po’ venduto in quanto imbonitore, sferzare gli scrittori che fan d’un’otite un tumore e d’una colichetta un infarto. Che la sproporzione regni nel mondo delle lettere è indubbio e l’ombellico fra i caratteri a stampa può raggiungere proporzioni spopositate, ma la sufficienza con cui il criticone denigrava mi suonava stonata, ingiusta e superficiale, più che altro finalizzata solo a far da puntello a una recensione su una testimonianza drammatica di dita infilate in una cassa toracica aperta e poi richiusa.

Ho testimoniato qui nel mio blog di almeno due persone che han preso la penna per sviscerare le proprie viscere sviscerate, per mettere in piazza quel tumoraccio schifoso che s’è insinuato, che è cresciuto, che si è impossessato, ed entrambi i componimenti, al di là dei canoni delle lettere che posson piacere o meno, hanno il pregio d’aver fatto vomitare, d’aver espunto, reietto e cacciato fuori l’invasore e le invasioni che esso s’era portato dietro.

Ora presto attenzione alla colicuccia e all’otite e alla capacità che hanno i grandi scrittori di narrar l’irrilevante, di dar corpo al microscopico, di soffermarsi sui dettagli, le inezie, le avvisaglie, i segni premonitori, quegli accennati tremori che un rannicchiarsi nelle spalle fa passare in un batter di ciglia.

Lo spunto me lo da il testo di Erri De Luca che Dino Leone e Paola Di Scanno, sempre così attenti e puntuali, hanno pubblicato sul mio profilo di Facebook. Fruga De Luca nell’irrilevanza di un rituale che si ripete ogni anno, in uno di quei due appuntamenti annuali che ogni psicanalista teme per i proprio pazienti più esposti, nei dintorni di una festa che è poi solo il compleanno di un pazzo scriteriato che vedeva le cose assai diversamente da come siamo soliti fare noi.

Nota che “Nello scasso profondo dei nuclei familiari Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi. Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato”.

Aggiunge De Luca: «Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi. Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene».

Merita leggerlo l’articolo, e soffermarsi qualche istante a riflettere, sulle rivolte e le rivolte tradite, sui gusci presi a sprangate e riproposti quasi come mura di carcere e anche su quei castelli di cui De Luca parla che hanno il ponte levatoio.

Io qui volevo solo notare l’attenzione all’insignificante o allo scontato o al banale, per dire che talvolta basta un’attenzione solo in più per far sì che tutto ciò sia affatto insignificante, scontato e banale.

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