Della stupidità

Robert Musil

Nel 1937 quel genio di Robert Musil tiene una conferenza a Vienna, ospite della Lega austriaca del lavoro. L’argomento di cui si occupa è la stupidità, e lui lo fa in maniera affatto stupida. Cioè ammettendola. Riconoscendo che in qualche maniera è difficile per tutti, almeno talvolta sottrarsi ad essa. «Di tanto in tanto – nota il maestro della letteratura d’ogni luogo e d’ogni tempo – siamo tutti stupidi. Di tanto in tanto siamo addirittura costretti ad agire alla cieca, almeno in parte, altrimenti il mondo di fermerebbe».

Invito chi non l’avesse fatto a leggere quella cinquantina di pagine, perché gli spunti e le arguzie in cui ci si imbatte sono, come sempre nel caso di Musil, un fuoco di fila e proteggerci dalla stupidità o almeno tentare di riconoscerla, di smascherarla, di averne avvisaglie al suo arrivo può essere di grande aiuto.

Prendendo spunto dai suoi pensieri vorrei far presente il caso dello stupido vittima della stupidità degli stupidi. Intendo dire di chi non si è accorto che una massa di idioti ha messo a punto un mondo demenziale e il nostro che magari ha tentato di sottrarsi a tale insulsaggine soccombe fino ad essere escluso dal mondo: sì, quella roba tipo Don Quicote e le pale.

La buona fede o le migliori intenzioni non risparmiano l’attribuzione del patentino di inetto, incapace, inadatto, tutti termini che Musil ampiamente usa nel suo piccolo saggio per affrontare la questione stupidità.

Direi che anche la magra consolazione della non appartenenza alla stupidità è piuttosto stupida, anche se non stupida come la stupidità a cui si sottrae. Per uscir di metafora: potremo migliorare questo mondo senza alimentarlo?

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