Odio in buca
Fra i racconti di Sempre più verso Occidente ce n’è uno che si intitola Amore in buca. Narra un delirio sentimentale, un intreccio di emozioni contraddittorie, laceranti. Riferisce di un tradimento, forse più d’uno. C’è un protagonista principale, un uomo che spedisce lettere, una al giorno. E dei protagonisti secondari non meno importanti di lui: la voce narrante, che è poi un amico; Ludmilla, che è l’amata; e il libraio, il più savio di tutti. Ho scritto quel racconto ninnando una bambina ferita inesorabilmente dalla natura, costringendomi a stare desto per vegliare su di lei. Ce l’ho fatta. Lei solo in parte. Ritengo che il protagonista di quel racconto abbia del coraggio. Si fa da parte e tuttavia resta presente. C’è. Heidegger avrebbe detto che partecipa del Dasein.
Ora, da alcuni mesi, ricevo in ufficio lettere anonime offensive. Se la prendono con i miei sentimenti, le mie debolezze, le persone che mi stanno o mi sono state accanto, anche con quelle che mi hanno aiutato a vedere. Se la prendono con il libro che ho pubblicato o con l’autore che l’ha scritto, finanche con il suo editore. Riferiscono di fatti che solo pochi conoscono, per lo più travisati da un cicaleccio che solo l’invidia, la gelosia, il rancore e la miseria interiore possono alimentare.
Mi immagino l’anonimo all’ufficio postale, uno tra tanti in fila, con del tempo da perdere, un cazzo da fare, i centesimi del francobollo in esubero, giornate lunghe dinanzi. Presumo molta amarezza e ferite sanguinanti nel petto. Da qualche parte la rabbia deve pur sgorgare. Un giorno, quando avrò tempo, o una bambina da ninnare per impedire che muoia, scriverò un racconto che s’intitolerà Odio in buca, e narrerò con pietà dell’anonimo che mi copre di insulti, che si nasconde dietro etichette adesive stampate al computer su cui c’è scritto il mio nome. Un essere umano a cui, evidentemente, ho fatto del male. Consapevolmente o meno ho fatto del male. Tanto da indurlo a non comprendere più il confine fra realtà e immaginazione: una malattia che condivide con me, nei momenti in cui faccio lo scrittore.
In attesa di condurlo nel mondo della narrativa, invito l’anonimo a smascherarsi: abbiamo tutti un volto, spesso segnato dalle rughe, talvolta percorso dalle lacrime, di tanto in tanto fissato in un sorriso ebete. Capita anche a me. Se mi mandi delle lettere è perché vuoi comunicare, in una direzione sola, magari, ma vuoi comunicare. E io questo penso di poterlo fare. Vieni avanti senza paura, parleremo un po’ insieme. Poi, di nuovo, ognuno nel suo silenzio. Spettrale.
Tags: Dasein, lettere, male, Martin Heidegger, pietà
la mamma degli imbecilli ‘anonimi’ è sempre incinta. ci sarebbe da ridere se non ci fosse invece da piangere per il nulla che rimbomba nella testa di certa gente