Mani d’oro
La prima presentazione pubblica del mio libro avverrà, se tutto va come deve andare, giovedì 8 aprile alle 18, alla libreria Libri Liberi di via San Gallo a Firenze. A dire qualcosa delle mie pagine sarà il famoso neurochirurgo Pasquale Mennonna. Mani d’oro le sue, che quand’erano più giovani hanno salvato tante vite e restituito libertà e autonomia a tante persone. Grazie professore. Oggi è ancora la sua testa a illuminare l’equipe che nel corso degli anni ha messo in piedi e che opera all’ospedale di Careggi. Che c’entra un neurochirurgo con dieci racconti, del cui filo conduttore sono ancora alla caccia? Una risata sorniona registrata sulla segreteria telefonica del mio cellulare è stata la molla che mi ha portato a chiedere al luminare, con quel tanto di faccia tosta necessaria in questi casi, se gli andava di presentarlo in una libreria di Firenze. Gli avevo regalato il libro qualche settimana prima, dopo essere stato torturato da altri medici con cavi elettrici e aghi in cerca di una causa che giustificasse le dolorosissime scariche che percorrevano con sempre più frequenza il mio polpaccio e la mia coscia sinistra.
Si son fatte mille ipotesi e mi son fatto anche irradiare da un laser come faceva James Bond in Goldfinger (qui d’oro son le dita, non le mani). Lastre di qua, ecografie di là, cardiologi, nefrologi, ortopedici, reumatologi, neurologi, maghi, stregoni, shatzuke si sono alternati al mio capezzale nel tentativo di farmi smettere di soffrire: grazie a tutti, di cuore. Poi è arrivato il prof. con i suoi calzini che sembravano la bandiera della pace, l’unica dietro la quale potrei stare. Mi ha dato un’occhiata, è stato ad ascoltare quello che avevo da dire – e non gli ho taciuto nulla – poi, flemmatico e un po’ caustico, dopo aver escluso le peggio cose, ha detto:
«Lei avrebbe bisogno di due cose, dottor Pugliese. La prima è di stare lontano dai medici. Le fanno male. La seconda…».
L’ho interrotto e gli ho chiesto: «Professore, posso dirgliela io la seconda?».
«Sentiamo», mi ha risposto lui affatto contrariato.
«La seconda è andarmene un anno a 3.000 metri di quota, e lì camminare, sciare, scalare, mangiare, bere, fumare, fare l’amore con la più bella delle donne che mi sia capitato d’incontrare…».
«Se lo può permettere?».
«Purtroppo no».
«Allora è fregato».
Intanto, però, ha deciso di presentare il mio libro: «Mi diverte molto più che andare a un congresso di neurochirurgia».
Chissà se farà a fette il mio libro, come fosse un midollo spinale?
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