Tollerare l’intolleranza?
Il pontefice ha ridetto no alle convivenze. È nel suo. Se si rivolge ai suoi accoliti ha diritto di spronarli come crede a quelle che secondo lui sono le regole da seguire. Sarà un problema loro, dei suoi seguaci, stabilire se conta più la norma o la personalità, o anche le opportunità che offre o non offre la vita. E fin dove, eventualmente, seguir gli insegnamenti.
Ma come al solito questi appelli mirano a trasportare il dogma nell’ordinamento e a impegnare il fedele in un’opera di imposizione mediante i regolamenti dello Stato. Anche agli altri, che i sentimenti, le relazioni, i legami intendono o solo possono viverli in altro modo.
Provo sempre più imbarazzo a mantener salda la mia tolleranza non solo in ciò a cui uno crede, ma al fatto stesso che lo faccia, benché mi sarebbe del tutto naturale accettare che non la stessa fiamma arda nel cuore di tutti. Perché avverto con sempre maggior ruvidità che non c’è tolleranza per la mia intolleranza. E questo, purtroppo, non mi induce ad essere intollerante, ma infastidito sì, e anche un po’ sospettoso.
Mi sembra del tutto rispettabile che una vada nella sua chiesa, ma non vorrei un giorno o l’altro essere rinchiuso perché non sono andato nella mia o, peggio, nella loro.
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