Mutande e mutanti

Il mistero sta tutto nella parola “alcune”. Se indica un quantitativo tale che, rivendute ad una ad una sulle bancherelle di un mercatino a Soho, fa tirar su un bel malloppo, ebbene, tutto quanto ha un senso. La logica c’è se quella parola racchiude il concetto plurale della parola stock, quindi non il suo significato semplice di merce, ma quello quantitativo che si evince leggendo questa voce di dizionario: quantità di merci o materie prime giacenti in un magazzino o in un negozio.

Di più, se quelle quantità assomigliassero all’intero ordinativo che può esser fatto un certo giorno alla NYSE, la New York Stock Exchange, a tutti nota come Borsa di New York o ancor più comunemente come Wall Street per via della strada dove si trova all’estremo sud di Manhattan, che è anche il luogo dove ha operato il protagonista di questa storia che qui si riporta come la si può leggere nel sito dell’Ansa:

«WASHINGTON 05 giugno, 20:31 -  Alcune paia di mutande appartenute al truffatore di Wall Street Bernard Madoff sono state vendute all’asta in Florida per 200 dollari. L’asta, patrocinata dallo US Marshals Service, offriva una serie di oggetti personali trovati nella casa di Palm Beach del truffatore compresi mazze antiche da golf e oggetti d’arte. Oltre seimila persone hanno partecipato online all’asta che ha ricavato un totale di 400 mila dollari che andranno al fondo creato per compensare le vittime del truffatore, condannato a scontare 150 anni di prigione».

Fiduciosi nella ragione umana, ci si immagina dunque che la parola all’inizio di questo lancio di agenzia sia vaga, ma appunto indichi un gran quantitativo, e per di più, intonse, non usate ed ancora nella loro confezione. Perché se invece, a dispetto del buon senso, quel capo di biancheria trovato nella casa di Palm Beach, non avesse tutte queste caratteristiche – la mole, la verginità, il packaging –, con tutta la buona disposizione che si può avere nei confronti di un’inclinazione denominata feticismo, vale a dire l’attribuzione di proprietà altre ad un banale oggetto, siamo proprio dinanzi a un pazzo.

Allora m’immagino costui, il suo desiderio di avvolgere le proprie chiappe nelle culotte che furono d’uno sciacallo e di sostenere i propri attributi in un sospensorio che fu d’un mascalzone, la sua voglia di fasciarsi nello slip, di avvinghiarsi nel tanga, di torturarsi nel perizoma, di arieggiare nei boxer d’un uomo che ha avuto successo a scapito del mondo, che ha fottuto chi fotte, che non ha risparmiato sui risparmiatori; e le sensazioni che questo sciagurato può provare.

Anche nel caso della vendetta, il poter vedere la lingerie dell’uomo che si vuole finalmente in mutande, la soddisfazione mi pare vana e il prezzo troppo alto, quasi a dire che se si è stati truffati, ora lo si è per la seconda volta e con buona pace del recluso.

Quando il vecchio Marx ci accennava a quella potenziale perversione insita quasi inconsciamente in quel vortice di formule dove bastavano due lettere, la M e la D, merce e denaro, vedeva lontano e con occhio clinico. Il mondo, poi, è andato oltre ogni immaginazione.

P.S. In queste considerazioni è implicito un amichevole invito ai cronisti ad essere più precisi nell’uso di certi aggettivi.

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