Qualità senza uomo

Elena Meynet è – come si legge nell’introduzione al sito di cultura, spettacoli e altre non stupide cose www.iltrillodeldiavolo.com di cui è direttrice responsabile –, «giornalista e musicista, filosofa e poetessa quanto basta, ma soprattutto pronta a mettersi in gioco pur di saperne di più», secondo il motto «avere senso critico e riportare opinioni e recensioni firmate, contro la mala-copiatura che, soprattutto on line, sembra divenuta la prassi».

Non so come le sia venuto in mente di chiedere a Enrico Zoi, col quale ho calpestato i corridoi del medesimo liceo-ginnasio prima che entrambi intraprendessimo lo stesso mestiere, di intervistarmi sugli scenari del giornalismo alla vigilia di una iniziativa dell’Ordine dei giornalisti in programma per il 7 e 8 ottobre a Firenze nel corso della quale pare ci si voglia interrogare su che ci stiamo ancora a fare noi che abbiamo quel tesserino in tasca e dovremmo saper fare quel lavoro. Lo dico non per falsa modestia, sapendo che davvero c’è chi ben più di me avrebbe gli strumenti e l’esperienza di ragionare della nostra professione a questi chiari di luna.

Tant’è. Così hanno deciso, lei e Enrico, e io mi sono prestato all’interrogatorio e più o meno ho cercato di rispondere alle loro domande. Quel che ne è venuto fuori lo si può leggere posizionando con il mouse il cursore e poi schiacciando qui: Daniele Pugliese: “La dignità del giornalista va affermata ogni giorno in redazione”.

Rispetto a quello che ho dichiarato a Enrico mi sento solo di fare una piccola aggiunta per spiegare meglio il mio pensiero. Laddove mi riferisco a Karl Kraus ho in mente, per esempio, questa sua massima: «Non avere un pensiero e saperlo esprimere: è questo che fa di uno un giornalista». Quanto a Robert Musil, invece, due citazioni. La prima: «La probabilità di apprendere dal giornale una vicenda straordinaria è molto maggiore di quella di viverla personalmente; in altre parole, oggi l’essenziale accade nell’astratto, e l’irrilevante accade nella realtà». La seconda: «Non s’è notato come le esperienze si sian rese indipendenti dall’uomo? [...] È sorto un mondo di qualità senza uomo, di esperienza senza colui che le vive, e si può immaginare che nel caso limite l’uomo non potrà più vivere nessuna esperienza privata, e il peso amico della responsabilità personale finirà per dissolversi in un sistema di formule di possibili significati».

Dall’uomo senza qualità alle qualità senza uomo.

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