Primo giorno di scuola

presentazione 8 aprile 2010 - Libreria Libri Liberi - Firenze

presentazione 8 aprile 2010 - Libreria Libri Liberi - Firenze

Ho ripreso fiato. Ieri mattina mi sentivo come il giorno che, forse mia madre, mi accompagnò alla scuola Carducci per la prima elementare. (Watson, naturalmente). Direi che era il primo ottobre del… a quanti anni si va alle elementari? Insomma, sicuramente negli anni Sessanta. Ieri l’altro. O giù di lì. Ieri sera invece ero sfinito e i miei reni hanno fatto anche un po’ le bizze. Ma molto contento. La prima presentazione di un mio libro, interamente mio, proprio mio era andata benissimo. Almeno mi è sembrato che le persone fossero contente, si stessero divertendo o interessando e che non ci fosse quel clima barbogio di certe celebrazioni o autocelebrazioni. Italo Dall’Orto ha letto brani della Pasticca verde e dell’Ingrato talmente bene che io faticavo a riconoscere di averli scritti io. Che fortuna averlo conosciuto grazie alla complicità di Nicoletta Collu.Il violoncello di Giulia Novelli su cui lei ha fatto echeggiare Johan Sebastian Bach – il Preludio dalla Suite n. 5 per violoncello solo – così come l’arpa di Chiara Degl’Innocenti e il flauto di Bianca Pacini dai bellissimi occhi,  da cui sono uscite le incantevoli note del Narthex per flauto e arpa di Bernard Andrès – ne ignoravo la sola esistenza fino a ieri – secondo me sono stati un vero regalo agli ospiti. Grazie Tiziano Mealli di averle portate e di insegnare loro questa meravigliosa cosa che è la musica.

Pasquale Mennonna è stato un mago. Mi ha fatto a fette, direi che mi ha spolpettato ben bene, mi ha sbudellato, anzi, data la sua professione, mi ha lobotomizzato e estratto ogni goccia di midollo spinale, in un gioco intelligente, sarcastico, propositivo, che ha strappato il riso, ma anche l’attenzione, la curiosità di tutti. Sì, un mago che ha stregato. Gli proporrò un bis. E cercherò di seguire i suoi consigli da medico.

Di Maurizio Marinelli che ha avuto non solo il coraggio e la passione di pubblicare i miei racconti, di sopportarmi nei mesi di preparazione del libro e di assecondare o contenere, son parole sue, il più rompiballe dei suoi autori, ma che da anni condivide con me passioni e suggestioni che ci portano a sembrare due vecchi rincoglioniti e che ieri s’è preso la briga di tener la regia della serata con passione, brio e dedizione. Lui sì, a differenza d’altri, è uno stratega della comunicazione! E ha la fortuna d’avere una moglie, la Titta Gibertoni che storpia sempre il mio nome in francese, che ci ha annaffiato di uno splendido Lambrusco come solo una volta in vita mia ne avevo bevuto.

Ai dadi di mortadella, ai cubetti di parmigiano reggiano, ai ciccioli e ad altre tossine da colesterolo ha provveduto Cristiana Schillaci che è stata preziosa come una prima fidanzata: le voglio bene anche per questo. Al suo fianco quel caterpillar di Sancho Panza, detta anche Daniela Mugelli – e la sua fida Laura Bernini – senza la quale niente saprei del magico mondo di Alverman, meglio noto come Puffolandia o web 2.0. Una gran mano l’hanno data i quattro moschettieri: Francesco Panaro, Antonio Rigol, Luca Ciantelli Severoli e Saber Jelidi. Grazie, ragazzi.

Infine il gran padrone di casa, nella fattispecie del giardino – bellissimo, incantato e pure affrescato –, Vittorio Rossi, una vita tra i libri, ora delicatissimamente rivolti ai sogni dei bambini e agli incubi degli anziani, nella sua preziosa libreria Libri Liberi che, aggiungo io, sembra far uomini liberi.

Poi dovrei ringraziare troppa altra gente, amici lontanissimi e vicinissimi, stanziali e immigrati, colleghi, di lunga data e di nuovo corso, parentele, connessioni, accudimenti e curatele, refusi, compresi gli assenti per impedimento, per scelta, per disinteresse, per dimenticanza, per bacco. Quello che più mi rende contento è che m’è davvero parso che le persone fossero contente, divertite, che non si siano annoiate, o sian rimaste lì solo per bon ton. E che se ne siano andate alla fine con qualcosa da portarsi dietro. Questa è l’impressione che ho avuto, tanto che mi verrebe voglia di fare un bis.

ANSA: LIBRI: SEMPRE PIU’ VERSO OCCIDENTE, ESORDIO LETTERARIO PUGLIESE

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2 Responses to “Primo giorno di scuola”

  1. luigia scrive:

    Il bis lo devi fare e anche il tris ecc ecc perchè questa frase che hai scritto è proprio vera
    “E che se ne siano andate alla fine con qualcosa da portarsi dietro”
    un caro saluto
    luigia

  2. Rita scrive:

    …se farai il bis io ci verrò senz’altro, visto che … per impedimento mancai !

    Mi son fatta raccontare l’evento con la maggiore dovizia di particolari possibile, ma non è la stessa cosa.

    Non so se la nevrosi che ci possiede sia solo colpa del logorio della vita moderna, per dirla alla Calindri, o se sia insita in noi, in alcuni meno in altri forse più, ecchissenefrega di far parte degli altri.

    Il tuo libro, e com’è tuo veramente, l’ho letto non tutto d’un fiato ma faticosamente, arrancando in erte ripide e puntando i piedi nelle ancor più ripide discese cosparse di pietrisco che se non stai attento ti fa rovinar giù fino alla fine, se mai ce n’è una, del baratro.

    L’ho trovato duro in una fase della mia vita in cui già la durezza mi accompagna, più per scelta e per pigrizia che per caso o per destino; non sono in grado di fare colti parallelismi e la memoria non è più splendente per ricordarmi le poche letture importanti.

    Ma posso dire di averlo apprezzato, l’ho trovato interessante al punto che di sicuro lo rileggerò perché se un libro lo “senti” diventa come una persona che ogni volta che ci parli conosci un po’ meglio e comprendi un pochino di più della sua interiorità; ebbene sì sono di quelli che son convinti che con i libri si possa instaurare una sorta di comunicazione profonda, che tutte le volte che li leggiamo abbiano ancora qualcosa di nuovo da dirci e darci.

    Essendo del Toro pure io ci ho riconosciuto tratti caratteristici e credo non sia solo un gioco di proiezioni….

    la teatralità, il bisogno di protagonismo facendo finta non sia così, la necessità d’introspezione al limite dello sbudellamento, il volersi ammantare di mistero, il detto e non detto dove il confine fra vissuto e desiderato, reale e immaginario diventa labile e rarefatto al punto da indurre l’interlocutore alla continua incertezza fra realtà e finzione.
    Non so se il prezzo pagato per questo travaglio per te sia equo, uno è per me diecimila, se li vale, ma a parer mio hai partorito una gran bella creatura.

    Rita

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