Alice nell’agorà
«Volevo soltanto chiederle che strada devo prendere!», dice indispettita allo Stregatto, dopo essersi perduta nel bosco, l’impertinente Alice messa a girovagare nel Paese delle Meraviglie dal reverendo Charles Lutwidge Dodgson, più noto con lo pseudonimo di Lewis Carroll. E lo Stregatto le risponde «Be’, tutto dipende da dove vuoi andare!». Non contenta quella ribatte: «Oh veramente importa poco purché io riesca…». E quello: «Be’, allora importa poco che strada prendi!»
È avvalendosi di questo surreale, ma educativo dialogo, che Enno Ghiandelli conclude il suo articolo intitolato Mediazione: per il futuro della democrazia pubblicato oggi sul sito http://www.politicaesocieta.it, la rivista telematica dell’omonima associazione promossa da Vannino Chiti della quale sono stato direttore responsabile fino a non molto tempo fa nella speranza che la cultura della sinistra si arricchisse di idee meno fumose di quelle che ci sono in giro. Articolo che prende spunto dalle mie considerazioni pubblicate nello stesso sito il 3 settembre scorso e che ho riproposto in questo blog lo stesso giorno con il titolo L’omicidio della mediazione e che facevano seguito all’interessante analisi di Michele Ciliberto uscita su l’Unità del 21 agosto.
«Credo che se non si seguirà il consiglio dello Stregatto sarà impossibile ricominciare a mediare», afferma Ghiandelli dopo aver messo a fuoco rinunce concettuali e abiure prive di nuovi successivi pensamenti da parte della politica, o, meglio, di molti esponenti del Pd «ciascuno dei quali appare impegnato in una narcisistica rappresentazione di se stesso», i quali «non sanno più “commuovere ”. Uso il termine commuovere nel suo significato originario: muovere insieme».
Le critiche di Ghiandelli sono in particolare all’accettazione acritica e incondizionata al fatto che «”la mano invisibile del mercato” (che non esiste e che Smith ha utilizzato in tutt’altri contesti)» sia «l’unico strumento capace di risolvere, in maniera corretta, l’allocazione delle risorse». E aggiunge: «L’individualismo metodologico ha contagiato tutti, ma le forme del capitalismo sono diverse, una cosa sono il mercato e la concorrenza, altra è il sistema del laissez-faire, che viene considerato la vera “scienza economica”».
Condivido questi inviti a un ripensamento, a un rimettersi a studiare e a non accontentarsi dell’ovvio, dello scontato e del trito. Al tentare una modificazione della concezione liberista e, aggiungo, che non necessariamente sia la riproposizione di vecchi schemi inutilizzabili, ma nemmeno si debba prescindere dalle acquisizioni concettuali fatte nel passato.
Apprezzo che Ghiandelli sia d’accordo con me nel sostenere che la «mediazione deve avvenire, in prima istanza, all’interno di un partito. Essa è sinonimo di “forza” e non certo di debolezza». E nel ricordare «che senza grandi idee e forti tensioni ideali qualsiasi tipo di mediazione è impossibile».
La scesa in campo «in ordine sparso» alle primarie e, anzi, lo stesso ricorso solo a un meccanismo elettoralistico di selezione del candidato mi inducono a pensare che non ci sia né la voglia di mediazione, né, soprattutto, «grandi idee e forti tensioni ideali», perché queste indurrebbero a una preselezione fondata sulla condivisione di tali «grandi idee e forti tensioni ideali» e sulle doti, non solo mediatiche e appariscenti, dei papabili, ma anche di esperienza, professionalità, mestiere, “stoffa”, “carattere”.
Per cui temo che lo «stucchevole teatrino» di cui parla Ghiandelli, purtroppo, ci accompagnerà ancora per un bel po’. E a pagarne le spese, ahimè, sarà il paese e chi lo popola. Il popolo, si diceva un tempo, la gente usa oggi.
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