La fregatura

Per l’ennesima volta nella mia vita c’è chi mi sta chiedendo – incurante dei miei risoluti rifiuti – di agir fuori legge, m’invita a farlo, lo caldeggia, tenta di suadermi e addirittura si aggira nei paraggi del ricatto per spingermi in quella direzione. Una cosa da poco, appena appena più rilevante di un provvedimento amministrativo, una quisquiglia a confronto di ben più spudorati atti che quotidianamente si perpetuano con gran sorrisi sulla faccia e, talvolta, anche un po’ di orgoglio perché c’è sempre qualcuno che si crede più furbo degli altri. Io imperterrito vado per la mia strada e non mi stanco di spiegare perché.

Nel caso specifico si tratterebbe nemmeno di evadere il fisco, ma di aggirarlo, di far leva sulle sue rigide complicazioni per “fregarlo”, con un retropensiero rispetto al verbo “fregare” che è quello di “non esser fregati”, insomma una giustizia fai da te, un risarcimento autoconcesso a un prelievo giudicato iniquo in quanto gravante sulla propria pelle, non sulla pelle di tutti o anche solo della maggior parte.

È quel che vien fatto a me che non va bene, sintetizza il ragionamento, son io l’oggetto del torto, non c’è un’ingiustizia per così dire morale spalmata e per la quale indignarsi anche se non dovesse toccarmi. Non è iniquo che ci sia chi non ha di che mangiare, è iniquo che io abbia ancora fame. Il meccanismo psicologico è semplice e da un punto di vista organico biologico facilmente spiegabile e s’innesta sulle ahimé dismesse considerazioni che György Lukács e altri hanno fatto sulla formazione della “coscienza di classe”, sulla molla che spinge a giudicar non più tollerabili determinate condizioni e a ribellarsi.

Solo lì, a mio giudizio, è ipotizzabile la violazione della legge, perché in quel momento si sta mettendo in discussione la legge, non la si riconosce come valevole e si tenta di modificarla. Oppure, in alternativa, ogni qual volta uno si senta disposto ad accettare la pena prevista per il reato come male minore, o comunque personalmente preferibile, rispetto all’ottemperanza della legge, ovvero sia quando si è disposti a pagare in solido e di tasca propria per la scelta fatta.

In questo senso anch’io vengo talvolta meno ai dettati e alle norme: guido per esempio spesso senza cinture di sicurezza mettendo me a repentaglio in caso d’incidente e pronto a pagar la multa se vengo beccato perché io sono in torto, io sono inadempiente. Ma ci sono norme che non intendo infrangere anche se non le reputo pienamente giuste perché ritengo che finché sono in vigore vadano rispettate e questo sia un rispetto di se medesimo e degli altri, indipendentemente dal fatto che ci sia anche chi fa il furbo.

Il ragionamento mi è tornato alla mente perché nei prossimi giorni staccheranno l’acqua nel gremito condominio dove abito perché qualcuno non ha pagato la bolletta e, non essendo possibile chiudere il rubinetto appartamento per appartamento, metteranno all’asciutto l’intero stabile. La faccenda certo ha dell’incredibile e un po’ il sapore della rappresaglia e mi infastidisce possa stimolare atteggiamenti persecutori e delatori nei confronti degli inadempienti, che magari sono alla frutta e davvero non sanno più come onorare i propri obblighi e rimettere i propri debiti, ma, da un altro punto di vista, racchiude una lezione che tutti quanti faremmo bene ad imparare: se anche uno solo accetta la logica che si può fottere, siamo fottuti. Per cui non andare a chiedere per chi suona la campana, eccetera eccetera.

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One Response to “La fregatura”

  1. andrea guermandi scrive:

    esemplare

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