Quell’invito ai giovani di fede
Mi interesso poco, quasi nulla, di omelie, encicliche, pastorali, sermoni, ritenendo che riguardino chi aderisce a quel credo, ed anzi debbano riguardare esclusivamente lui, nel suo interiore homine, senza straripamenti e intromissioni nell’altrui modo di vivere, come fatti di coscienza e non articolati di legge, secondo un vecchio monito proprio di chi ha inaugurato quella scuola: «Date a Cesare quel che è di Cesare».
A dirlo fu Gesù Cristo e recentemente ho letto qualcosa al riguardo che spiegava come la si sia fraintesa quella frase perché stava a dire che del terreno e dell’immanente debba occuparsene chi è del mestiere o che comunque una cosa è lo Stato e un’altra la fede. Il fondamento della laicità, per dirla in altre parole, parola che deriva dal greco dove laikós vuol dire “uno del popolo” e laós “popolo” appunto.
Col termine “laico” si indicava chi, non avendo preso i voti, doveva restare aldiquà della balaustra detta anche “iconostasi”, la quale divideva gli officianti dai semplici fedeli. Si dice sia stato usato per indicare coloro che, non sapendo né leggere né scrivere e tanto meno il latino eran da distinguersi dai chierici. Ha poi finito per essere usato nel significato di “aconfessionale”, ossia di slegato da qualsiasi autorità confessionale, ecclesiastica ed anche non ecclesiastica. Un cane sciolto, si potrebbe dire, o un libero pensatore, o comunque uno non disposto a bersela come gli vien servita e in ogni caso a pensar con la propria testa, non sottostando a quel che impongono l’autorità e le regole e rifuggendo dal pregiudizio.
Improprio è l’uso del termine per indicare un agnostico o ateo, perché possono esistere “laici credenti”, non solo “non credenti”. In politica ci se ne serve per qualificare chi reputa indispensabile la netta separazione della vita delle istituzioni dall’influenza delle confessioni religiose.
Fatta questa precisazione posso passare a prendere in considerazione il discorso che Francesco I ha fatto ieri e di cui danno conto oggi i giornali.
Parlando ai giovani e ai fedeli giunti in piazza San Pietro li avrebbe invitati «ad andare controcorrente», cosa nella quale il fondatore di quella scuola – uomo o figlio di Dio che fosse, a ciascuno il suo credo – è stato secondo a pochi, se non a nessuno.
Un bel ribaltone se si pensa a certi ingessamenti e stereotipi ai quali siamo stati abituati nel corso dei secoli. E il bello è che quell’invito, ripetuto due volte, lo ha fatto sostenendo che «fa bene al cuore». Un rimedio contro l’infarto o anche sole le extrasistole, che sono quasi certo sarebbe piaciuto a Alexander Lowen, padre della psicologia Bioenergetica e dell’inscindibilità corpo-mente, più che a Edmondo De Amicis, autore di quel celebre libro per ragazzi intitolato con il nome della pompa cardiaca allo scopo di insegnare ai giovani cittadini del Regno d’Italia l’amore per la patria, il rispetto per l’autorità a cominciare dai genitori, lo spirito di sacrificio, l’eroismo, la carità, la pietà, l’obbedienza e la sopportazione delle disgrazie, tutte cose che, se prese con il dovuto contagocce della criticità, non sono poi da disprezzare.
Sì, è vero, quando si parla di cuore, si pensa subito all’amore, nelle sue più sdolcinate, melense, romantiche e insopportabili espressioni, quella melassa di smancerie, la tiritera di tvb, tvb e «ho perso il capo per te dieci minuti dopo averti conosciuto su Facebook», nemmen «do you believe in a love at first sight», come cantavano i Beatles.
E in effetti anche Francesco I non si è lasciato sfuggire quella parola. L’ha usata però in un’accezione solidale e generosa, e più che altro capace di dar piacere a chi fa l’amore anche in questo modo: «Che bello – ha spiegato – se ognuno di voi alla sera potesse dire: oggi a scuola, a casa, al lavoro, guidato da Dio – ha dovuto precisare –, ho compiuto un gesto di amore verso un mio compagno, i miei genitori, un anziano! Che bello!».
Io mi son figurato che avesse in mente un ragazzo o una ragazza che, accasciati finalmente nel loro letto, dopo aver frequentato una università un po’ più seria e qualificata di quella che abbiamo, o aver timbrato il cartellino in un ufficio o in una officina con contratto a tempo indeterminato, possano esclamare: «Ho indicato la strada a un turista, spiegato a mio fratello cos’è un’equazione e accompagnato lui/lei all’orgasmo. Che bello!».
Non voglio sembrar blasfemo. Wilhelm Reich prima di me e con mestiere, pagando di tasca propria, ha indagato sul lato sensuale del Cristo e il suo amore per la donna, puttana o angelicata che fosse, più semplicemente femmina. E la cosa vale anche nell’altra direzione o quella che uno preferisce.
Non mi pare d’aver bestemmiato. Ha detto ancora Francesco I: «Giocate la vita per grandi ideali. Scommettete su grandi ideali, su cose grandi. Non siamo scelti dal Signore per cosine piccole: andate oltre». Il verbo, si badi bene, è giocare.
Ha aggiunto il pontefice che per andar controcorrente e far bene al proprio cuore, evitarsi l’infarto e provar un’emozione, un palpito, un sommovimento, «ci vuole il coraggio». E l’«animo grande».
«Non sotterrate i talenti – ha scritto su Twitter –, i doni che Dio v’ha dato! Non abbiate paura di sognare cose grandi!».
Sì, via la paura, bando al timore, sia interdetto lo spavento e vada al rogo il terrore. Esser gioiosi vorrà pur dire qualcosa.
Se vi presto attenzione è anche perché, purtroppo, qualche esperienza riguardo un’eccessiva codardia in chi pratica quella fede l’ho sperimentata, e senza far generalizzazioni che son sempre sbagliate e spesso responsabili del pregiudizio, non ho mai compreso come si possa coniugare il Verbo con l’ipocrisia.
Io lo ripeto: m’interessa poco la liturgia, l’ecclesiastica e la teologia, tanto meno l’ibridazione del sacro e del profano, ma in quelle parole tutto sommato espresse da un abitante del nostro pianeta che gode di un certo seguito ci trovo un che di interessante, che mi rimanda ad altri pensatori, da Epicuro a Buddha, da Ghandi a Jung.
Forse se qualcuno dei suoi gli desse un po’ di credito, magari, parafrasando Saul Bellow, ne morirebbero “meno” di crepacuore. E la pace sarebbe con te e con il tuo spirito.
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