Salvataggi seriali
Fra gli ospiti alla presentazione della mia Signorina Else all’Istituto di studi germanici a Roma il 27 marzo scorso, c’era Fiamma Satta che mi è stata presentata da Emilia Aru e il caloroso sorriso che ci siamo scambiati nel dirci solo “ciao”, “piacere” e poco altro mi è sembrato particolarmente affettuoso. Credo che l’affettuosità di un sorriso sia percepibile non solo in chi ce lo sta facendo, ma anche nelle contrazioni dei propri muscoli, nell’aggrottamento delle proprie ciglia e nell’ispessimento delle proprie rughe, ed io entrambe queste cose ho sentito: il suo sorriso e il mio.
Ascoltando – ahimè! – di rado la radio, non sapevo chi fosse fino a poche ore prima dell’incontro, ma, per non esser radiato, sapendo della sua possibile presenza, mi ero documentato e non mi sento rimproverabile per una ignoranza che ora ho, in parte, colmato. Chi non la dovesse conoscere può leggere la sua biografia qui: io non lo rimprovererò.
Su Vanity Fair fa “Fuoco & Fiamm”a, su vanityfair.it “Ritorno di Fiamma”, e lì anziché dialogar con una persona ragiona con i ragionamenti, sente i sentimenti e “concetta” i concetti, poco importa che questi siano interpretati ognuno da un attore.
Siccome è fiammante, infiammabile e scintillante, i suoi commenti sulla rosea Gazzetta dello Sport si chiamano “La scintilla” mentre la sua rubrica che è diventata anche un blog si chiama “Diversamente aff-abile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata”.
È qui che ha incendiato Else, il suo salvatore, l’autore del salvataggio e la fame di salvamento. Finisce dicendo di esser stata felice. Ed io che lei lo sia stata.
Ho cominciato la lettura di questo piccolo libro attratta dalla delicatezza della copertina, e quindi mossa dalla curiosità. L’argomento, infatti, riguarda una novella di Arthur Schnitzler (Fraülen Else) che non avevo mai letto ma di cui conoscevo l’importanza. Pubblicata nel 1924 e sviluppata interamente con la tecnica del monologo interiore racconta la vicenda di una diciannovenne viennese di famiglia borghese, che viene spinta dalla madre a chiedere, lei stessa, un prestito a un ricchissimo amico di famiglia in grado di salvare suo padre da un fallimento finanzario. I primi turbamenti sessuali, fisiologici alla sua età, e le “richieste” del ricco finanziere, producono in Else un tormento talmente insopportabile da decidere di togliersi la vita con i barbiturici.
Il giornalista scrittore Daniele Pugliese si propone, così, di riuscire ad evitare il suicidio di Else intervenendo non sulla scrittura di Schnitzler, ma sul personaggio stesso. E immagina di essere lì, in quell’albergo di San Martino di Castrozza dove la vicenda si svolge, e di fare amicizia con la ragazza.
Si è scelto, dunque, il ruolo di “salvatore”, Pugliese. Molti uomini vorrebbero interpretarlo e molte donne vorrebbero incontrarlo (salvo poi scoprire che i salvatori non esistono, ma esiste solo la propria volontà di salvarsi). In realtà DP, come viene chiamato da Else quel misterioso cliente italiano dell’albergo, è un salvatore che agisce nel modo migliore, inducendo la ragazza a colloquiare con lui e quindi a passare dal monologo interiore, nel quale spesso si rimane intrappolati, al dialogo per comprendere meglio i suoi stati d’animo, le pulsioni, le attitudini, le convinzioni profonde e i condizionamenti subiti. Dimostrando, così, che solo la conoscenza di sé, la consapevolezza dei nostri reali desideri e il confronto con l’altro potranno davvero salvarci…
Emblematica una frase di Carl Gustav Jung riportata da Pugliese in una post-introduzione al libro:
“Essere quel che si è non è facile: occorre prima di tutto imparare a sopportare se stessi, a perdonarsi per carità cristiana i peccati propri. Tutto questo è spaventosamente difficile…”
Quando ho chiuso questo piccolo libro sono stata felice di averlo letto e di sapere che uno scrittore si è messo in testa di salvare una ragazza da una fine evitabile. Attendo così Io la salverò, signora Bovary, Io la salverò, signora Karenina, Io la salverò, Giulietta… e così via. In fondo a noi donne manca solo la consapevolezza del nostro valore e una maggiore autostima. Il resto viene da sè…
Fiamma Satta
P.S. Data la combustibilità degli argomenti, il giorno che aprirò un giornale tutto mio, la cui testata, in onore di Karl Kraus sarà, Die Fackel, la fiaccola, chiederò a Fiamma se vorrà tenere una rubrica nella quale salvare Werther, von Aschenbach e, ovviamente, Romeo.