Il salvataggio di Raisa
Ho dato conto in L’intervista di Fräulein Valentine della tesi di laurea con cui Valentina Amodeo si è laureata il 7 maggio scorso in Lingua e letteratura tedesca presso l’Università della Tuscia, sostenendo con il professor Maurizio Basili una tesi su Io la salverò, signorina Else. Ho dato anche conto, in È tornata Fräulein Else del fatto che il professor Basili, docente in quell’ateneo e anche all’Università di Cassino, è il nuovo traduttore in italiano per la casa editrice Portaparole della novella di Arthur Schnitzler pubblicata nel 1924, da cui ho preso spunto per il mio libro, attingendo alla traduzione di Giuseppe Farese.
Ora, Maurizio Basili, nel suo corso in letteratura tedesca, ha inserito in programma tanto Fräulein Else di Schnitzler quanto il mio pastiche e, in vista dell’esame, ha fatto scrivere – lui stesso la chiama così – a «una brillante studentessa», Raisa Mele una alternativa al mio tentativo di salvataggio.
Mi ha inviato il testo autorizzandomi a pubblicarlo e io lo faccio ovviamente volentieri, precisando che ho dovuto “normalizzare”, mettendole in neretto, alcune parole che Raisa Mele ha scritto ricorrendo a un corpo maggiore. Agli apprezzamenti del professor Basili per il lavoro di Raisa si aggiungono anche i miei, nella speranza che ognuno tenti a suo modo di proporsi un salvataggio, della signorina Else o di chi meglio crede, come ho scritto nel libro, anche di se stesso.
Ho una sola obiezione da muovere: Raisa ha intitolato la sua storia La salverò io, signorina Else!, mettendo in corsivo io e posponendo un esclamativo, quasi a togliermi la possibilità di farlo io o sostituendosi a me. C’è spazio per tutti, gentile Raisa dal bel nome simile a quello della moglie di Gorbaciov. C’è spazio per tutti, ma comprendo la necessità di farsene un po’ tutto per sé, e tuttavia anche l’impianto del suo scritto fa trasparire che questo spazio per tutti lo ha compreso anche lei. Perciò grazie.
La salverò io, signorina Else!
Qualcuno ha scritto che Else non deve morire. Anch’io l’ho pensato, in effetti, appena ho finito di leggere la sua storia. Con il libro ancora aperto sulle ginocchia, ho pensato: “No, Else, non dovevi morire”. Ma Else è davvero morta?
Sì, è morta; ma non perché ha bevuto “dieci dosi, cento” di Veronal. Else è morta quando, in sala musica, quella sera, si è fatta scivolare il cappotto dalle spalle ed è rimasta nuda davanti a tutti. Scrivo un’ovvietà, certo. Ma per me Else non doveva “morire” nemmeno in quel modo. Non aveva scelta? Ce l’aveva, credo, ma forse non lo sapeva.
Else, ma tu vuoi morire? Davvero? Anche se ti sei spogliata davanti a tutti, vuoi morire? Anche se ti è piaciuto, vuoi morire? Anche se hai preso il Veronal, vuoi morire? Se poi avessi saputo quello che la zia e Cissy pensano di te, ti saresti spogliata lo stesso? Oh, come vorrei che non lo avessi mai fatto! Avresti dovuto spogliarti solo perché volevi farlo, davanti a Fred o davanti a Paul, o davanti a Dorsday se lo volevi. In fondo sei bella nuda. Else, io penso che tu volessi essere soltanto “salvata”. Ti sei sentita improvvisamente abbandonata da tutti ed hai pensato subito di rinunciare. Lo so cosa si prova: ci vuole più coraggio a rimanere che a rinunciare, purtroppo. Ce l’avevi tu quel coraggio? Sì. Sì, ne sono sicura! Altrimenti perché volevi essere salvata da Paul, alla fine? “Non volevo farlo. Ero impazzita. Non voglio morire. Mi devi salvare, Paul. Sei un medico. Salvami!”
Salvami!
Salvami!
Salvami!
Avrei tanto voluto salvarti, Else, allo stesso modo in cui mi sono salvata io tempo fa. Se in quell’albergo ci fossi stata anch’io, probabilmente non mi avresti degnata di uno sguardo, non saremmo nemmeno diventate amiche, forse ti avrei guardata di traverso, perché sarei stata una di quelle donne “invidiose che non osano farlo”. Ma conoscendoti dall’esterno, anzi, dall’interno, potendo leggere l’impetuoso flusso dei tuoi pensieri tanto simili ai miei, in questo modo, Else, io ho avuto voglia di correre giù per quelle scale col rischio di scapicollarmi, raggiungerti ed abbracciarti. Se ti avessi detto “non devi farlo per forza” mi avresti ascoltata? Se ti avessi sussurrato all’orecchio “ci sono io” avresti pianto?
Come siamo deboli, a volte, noi donne. “Come sono stupidi gli uomini!”dici. No, macché! Siamo stupide noi! Noi che a volte ci strapperemmo il cuore per regalarlo a qualcun altro che invece ci trapassa l’anima con gli occhi. Non tutte, per carità. Ci sono anche le donne intelligenti, come Cissy o tua zia. Potremmo diventare come loro! Ti va? No, tu odieresti essere così. Haha, sì, anch’io! Meglio essere stupide a volte, vero Else? In fondo, se noi due ci fossimo incontrate, all’inizio ci saremmo odiate, ma se ci fossimo conosciute meglio magari saremmo diventate amiche. Migliori amiche! Ci immagini a sparlare di Cissy? A far commenti piccanti su Paul o Fred? Ah, e la canaglia con la faccia da antico romano, il filibustiere (doveva essere bello lui, vero?)! Ci vedi a scandalizzarci e allo stesso tempo ridere come delle oche della proposta di Dorsday? E a scambiarci i vestiti come fanno le ragazzine? Quello nero ti sta così bene, anche se è un po’ scollato. Sei bella, Else, e qualcuno avrebbe dovuto dirtelo con sincerità, senza intendere qualcos’altro. “Si potrebbe impazzire solo a guardarti”. Sì, falli impazzire tutti, ridendo di loro! Digli: – Siete tutti dei codardi, degli approfittatori, ed io non sarò dannata per colpa vostra, starò bene anch’io!
Ti prego, diglielo. No, non glielo dirai, lo so. Ti conosco bene, ormai.
Else, se fossi stata ricca te li avrei dati io quei cinquantamila fiorini. Per impedirti di fare quello che hai fatto te ne avrei dati anche un milione. E non ti avrei fatto spogliare davanti a me… magari ti avrei chiesto di prestarmi il tuo vestito nero!
Ma non sono ricca, purtroppo. Allora come posso salvarti, Else? Come posso fare?
Ah!
Le cose potrebbero andare in questo modo.
Ricordi quando, avvolta solo dal tuo cappotto, dopo aver lasciato la lettera per Dorsday davanti alla sua porta, ti sei avviata per scendere le scale?
“Eccolo… no, non è lui!… Questo è molto più carino del signor von Dorsday, molto elegante con i baffetti neri. Quando è arrivato? Potrei fare una piccola prova… aprire giusto un poco il cappotto. Ne ho una gran voglia. Mi guardi, signore. Lei non s’immagina nemmeno davanti a chi sta passando. Peccato stia salendo proprio ora. Perché non resta nella hall? Non sa cosa si perde! Un grande spettacolo. Perché non mi ferma? Il mio destino è nelle sue mani. Se mi saluta, torno indietro. Mi saluti, dunque. La sto guardando in maniera così gentile… Non saluta. È andato. Si volta, me lo sento. Mi chiami, mi saluti! Mi salvi!”
…“Chi è questa ragazza? Non l’ho mai vista. Perché è così arrossata in viso? …È bella, con quel cappotto. Sarà bella anche senza, immagino… Perché all’improvviso mi fissa? Sta sorridendo. Ma ci conosciamo? Meglio non far figuracce…”
- Buonasera, signorina!
“Oh. Mi ha guardata. Mi ha salutata… mi ha sorriso…”
Mi salvi!
“Ma…”
Else si ferma all’improvviso, lo guarda con un’espressione di indefinibile sorpresa e gli occhi le si riempiono di lacrime.
Piangi, Else, piangi! Se ti fa bene, piangi! Non trattenerti, non serve a niente… io lo so! Ti sto guardando. Oh, non coprirti il viso con le mani, non vergognarti! Il signore coi baffetti ti guarda come se fossi pazza… ma che importa? Non è vero, Else? Che importa…
Sai, Else, quando ho letto di te, di quando confusa scendevi le scale, quando ho immaginato il signore con i baffetti neri che ti veniva incontro, ho pensato che ti avrebbe sorriso e tu non avresti più fatto quella sciocchezza. L’ho sperato con tutte le mie forze, giuro! Se fosse successo, sono sicura che non ti saresti spogliata davanti a tutti. Perché a volte per essere salvati è sufficiente solo un sorriso. Io penso che un sorriso possa salvare il mondo; ci prendiamo tutti troppo sul serio.
Ma non è successo. Lo so, lo so, queste cose non succedono. Io però ho voluto crederci lo stesso. In fondo, possiamo provare tutti ad immaginare. È l’unico potere che abbiamo, anche se poi troppo spesso ci viene da pensare: “Chissà cosa sarebbe successo se…”
Complementi. Sono certo che diventerai una brillante ed accattivante scrittrice di grandissima fama.
Grande Rai… Siamo amiche di infazia, sai? Abbiamo cominciato a scrivere insieme. E’ bello vedere quanto amore ci metta ancora. E nonostante tutto, nonostante la lontananza che ormai ci separa, sento sempre il suo grande cuore vicino al mio.