Corsi e ricorsi
Scrive Claudio Visani nel suo blog
Domani, domenica 30 giugno, sarà l’ultimo giorno di uscita delle cronache dell’Emilia-Romagna (Bologna) e della Toscana (Firenze). Da quel che si sa, resteranno le due redazioni ma i redattori emiliano-romagnoli e toscani contribuiranno alla realizzazione del giornale nazionale, forse dell’edizione on-line e forse alla stesura di un settimanale in uscita, pare, da settembre.
Non sono previsti, per ora, licenziamenti, ma un aumento del ricorso al contratto di solidarietà per i giornalisti dal 20 al 35%. Sono invece già saltati tutti i contratti a termine (compreso il mio) e cococo, con i collaboratori che in questi ultimi anni col loro lavoro quotidiano hanno permesso l’uscita delle due cronache. E l’azienda, come ringraziamento, li lascia a casa con sette mesi di compensi arretrati da pagare.
La notizia della chiusura delle cronache nemmeno compare nel giornale e nel sito, in puro “stile l’Unità“. Ed è il segno dell’assoluta mancanza di attenzione, e anche di rispetto, per i lettori superstiti del giornale fondato da Antonio Gramsci, che per il loro straordinario attaccamento al “marchio” si sarebbero meritati negli anni e meriterebbero ancora oggi ben altro trattamento.
Ma purtroppo questo glorioso giornale, che negli anni d’oro è stato uno dei primi quotidiani italiani (vendeva sulle 200mila copie con punte di 500-700mila la domenica, con la diffusione militante) e palestra di buon giornalismo per tanti colleghi, paga lo scotto di non avere mai avuto un editore vero. E’ uno dei disastri compiuti da Pci-Pds-Dc-Pd, da una sinistra e da un movimento cooperativo che, a dispetto della sua forza nel Paese, non ha mai saputo costruire una propria cultura imprenditoriale in campo editoriale, produrre management e direzioni all’altezza delle sfide in questo difficile campo, capaci di coltivare il rapporto potenzialmente fortissimo col proprio pubblico e di gestire con saggezza, competenza ed efficacia le aziende editoriali che ha fatto nascere.
Basta pensare alla chiusura di testate prestigiose come l’Ora di Palermo o Paese Sera. All’incredibile parabola di Ntv-Rete7-E’-Tv che un colosso come Coop non è riuscita a valorizzare e tenersi, cedendola poi all’ex patron del Bologna calcio, Gazzoni Frascara, che a sua volta l’ha venduta all’imprenditore reggiano amico della Curia, Spallanzani (da televisione dei “rossi” a tv “rossoblu”, a “televaticano”). Alle Case del Popolo costruite col sacrificio dei militanti che si sono dovute ipotecare o vendere per pagare i debiti de l’Unità. O alla vicenda più recente de L’Informazione-Il Domani, nata dalle ceneri delle vecchie cronache de l’Unità, passata anch’essa dal movimento cooperativo al gruppo Spallanzani, culminata con la chiusura di tre testate e un’altra quarantina di disoccupati.
Si può dire senza timore di smentita che il “partito-editore” non ne ha azzeccata una e che ha toccato il fondo nell’ultimo decennio, con Soru editore de l’Unità. Tanto che oggi il quotidiano è ridotto ai minimi termini, con appena 20mila copie di venduto in edicola, si fa con pochi giornalisti e tante agenzie, e ha perso perciò l’unico patrimonio che ancora si portava sotto la storica testata: la credibilità. Peraltro, tagliando l’unico insediamento che ancora aveva in Emilia-Romagna e Toscana, l’Unità sarà probabilmente destinata a diventare a breve un foglio per le edicole dei telegiornali, ammesso e non concesso che sopravviva.
Certo, l’editoria sta vivendo una crisi epocale, i giornali di carta sono tutti a un passaggio cruciale, rischiano di scomparire per la concorrenza di internet e dei nuovi media, mentre per quelli di partito probabilmente è già finita la stagione. Ma sono del tutto inutili, e direi anche abbastanza irritanti, le dichiarazioni di autorevoli esponenti del Pd che oggi, a babbo morto, esprimono “forte rammarico per la notizia della chiusura delle cronache de l’Unità“, assicurano “solidarietà” ai redattori assunti e ancor più a quelli precari, si disperano perchè “da lunedì verrà a mancare una voce importante nel panorama dell’informazione locale”, eccetera eccetera.
Un rito che sa di cerimonia funebre, e che io ho vissuto sulla mia pelle alla fine del 1999, quando da capo-redattore fui costretto, mio malgrado, a fare il “becchino” delle cronache emiliano-romagnole, che però allora avevano ben altra dimensione: tre edizioni (Bologna, Modena, Reggio, ma con l’esperienza di Mattina erano state addirittura cinque, con Parma-Piacenza e la Romagna) e 42 giornalisti assunti, più i collaboratori. Ricordo come fosse oggi l’ultimo giorno di lavoro per preparare l’ultimo numero delle cronache, con la vignetta di Bobo, la solidarietà (a parole) di tanti, gli auspici (inutili) al “ritorno al più presto in edicola”, le lacrime e le facce buie dei colleghi. Un giorno tristissimo.
Per questo non invidio Gigi Marcucci, Andrea Bonzi, Adriana Comaschi, Chiara Affronte, i redattori superstiti della cronaca di Bologna, a cui mando un bacio e un abbraccio. Per questo dico ai dirigenti del Pd e della sinistra che oggi esprimono la loro contrarietà alla chiusura: cari compagni, dovevate pensarci prima. Dovevate lavorare perchè il partito si desse finalmente una strategia sull’informazione e i media, ad esempio scegliendo di avere “un unico” quotidiano di riferimento e non due com’è adesso (l’Unità ed Europa). Provare a convincere Roma che il residuo insediamento territoriale de l’Unità in Emilia-Romagna e Toscana andava salvaguardato e valorizzato. Cercare o favorire l’ingresso di un editore vero al giornale, e sostenere la nomina di un management competente. E invece, siamo daccapo…
Claudio Visani
Tags: Claudio Visani, l'Unità