La massima di Confucio
Dice un antico proverbio cinese, forse una massima di Confucio: se mi regali un pesce mi sfami, se mi insegni a pescare non ho più fame. Un altro detto invita a preferire un uovo oggi a una gallina domani, contraddicendo in parte il primo suggerimento, e talvolta è molto sensato, perché senza nemmeno un tuorlo e una chiara in pancia spesso è difficile arrivare a domani per tirare il collo al pennuto o attendere che sia finita la lezione su amo, lenza, reti, fiocine e altre tecniche di pesca.
Senza volerne fare una questione etica, perché, come giustamente notava Bertolt Brecht, prima viene lo stomaco e poi la morale, cercherò di attenermi alla questione appetito e sazietà per cercar di capire se quegli insegnamenti hanno senso anche quando si passa dal corpo allo spirito, o, come forse sarebbe più saggio, quando corpo e spirito li si considerano un tutt’uno che va parimenti alimentato.
Tutti quanti abbiamo bisogno di un coccolo o di una rassicurazione e anche dal punto di vista degli appetiti sessuali si usa l’espressione fame per dire di qualcosa che chiede di essere soddisfatto all’apparenza con una certa impellenza, senza consentire l’opzione della gallina il giorno dopo al posto dell’uovo o, se si preferisce, del manuale del baleniere al posto del salmone alla griglia.
In molte religioni il digiuno che vien chiesto ai propri accoliti ha, fra i tanti scopi per i quali è stato imposto, quello di mettere alla prova il probo, di indurlo a saper resistere in caso di bisogno estremo, di imparare ad apprezzare pienamente l’abbondanza e la sazietà quando queste sono possibili ed esperite.
Gli inviti alla castità di talune di queste religioni forse andrebbero letti in questa stessa chiave ed intendendo l’astinenza non tanto o non solo in termini strettamente sessuali, ma ampliando l’emozione all’abbraccio, al bacio, alla carezza, all’accudimento e alla protezione, per aver appunto piena consapevolezza del valore di questi quando invece ci sono, quando scaldano, rasserenano, acquietano.
Per quanto coinvolgenti il corpo, la pelle, il sistema nervoso, varie ghiandole ed ampie zone di cervello, le pratiche mirate a questi fini possono esser tranquillamente definite esercizi spirituali, senza perciò automaticamente far comparire un fantasmino o un’entità capace di trasmigrare al momento del decesso ed ascendere in cielo, se non intesa come dispersione di energia e reazione chimica.
E dunque tra questi esercizi spirituali si possono comprendere anche quelli volti più che a sfamare a non aver più fame, a imparare la pesca più che questuare un dentice o un’orata, a proteggere il pollaio tutelando il ciclo vitale della biologia animale.
Perciò senza nulla togliere all’importanza di abbracciarsi, stringersi, carezzarsi, stimolare anche i propri genitali, benvenga la lettura di Flaubert e della sua Educazione sentimentale, di Fromm e della sua Arte di amare, di tutte quelle parole spese o sorrisi regalati con cui invitare alla copula ma anche a far da soli, a non mettersi interamente nelle braccia d’un altro senza interamente esser presi e quand’è dichiarato che l’accoglienza è generosa ma temporanea.
Un massaggio può essere rigenerativo, gratificante e salutare, ma l’ignoranza epidermica dei propri punti irritabili, eccitabili, appaganti, doloranti, gaudenti, del proprio desiderio e delle ambizioni, può renderlo solo manuale e meccanico, senza circolazione di energia vitale nei due sensi.
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