Sereni: resto ateo
Vorrei fugare i dubbi di qualcuno che, avendo letto i miei ultimi scritti, notando l’insistenza con cui mi occupo di Gesù Cristo, e sapendo del mio tenace ateismo, stesse ipotizzando una tardiva conversione al cristianesimo o al cattolicesimo.
Ho usato il termine ateismo e non agnosticismo perché il primo, derivato dal greco àtheos, letteralmente vuol dire “senza dio”, ed indica una posizione filosofica – opposta al teismo, al panteismo, al politeismo e al monoteismo in particolare assunta da un individuo, quale io sono, che non crede in nessuna divinità.
Occorre precisare che essere senza dio e non credere in nessuna divinità non impedisce di ragionare intorno all’idea che si è venuta formando di esso, e negarne appunto il fatto di essere stato pensato, l’esistenza di individui che vi credono, di bisogni interiori che inducano a cercarlo e a ritenere di averlo trovato.
Non mi definisco agnostico, parola che viene dal greco a-gnōsis, ovvero “senza sapere”, “senza conoscenza”, perché essa indica un atteggiamento concettuale con cui si sospende il giudizio rispetto a un problema, non avendo e non potendo avere sufficiente conoscenza di esso, ma ha una valenza di indifferenza, disinteresse, rifiuto allo studio e alla comprensione che non mi appartiene, quantunque sia convinto che vi siano questioni più meritevoli ed utili di essere analizzate e capite.
Come in qualunque vicenda umana, più che sospendere il giudizio, preferisco averne uno, o almeno un’opinione, e considerarlo relativo, plausibile cioè di aggiornamenti, smentite, aggiustamenti, perfezionamenti, confutabile e da sottoporre a critica, e davvero considero ristretti i campi ai quali si può applicare la massima di Wittgenstein secondo la quale «su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere», non perché essa non abbia una sua logica, ma perché mi sforzo di ascoltare e credo nel dialogo. Fino a prova contraria.
Solitamente l’agnosticismo vien diviso in agnosticismo forte o positivo per distinguerlo da quello debole. Il primo sostiene l’inconoscibilità dell’esistenza o dell’inesistenza della divinità, il secondo che queste sono sconosciute, ma non inconoscibili.
Per quel che mi riguarda, se non vedo non credo, e siccome non vedo m’ingegno poco a guardare. Nel frattempo non sento alcun bisogno di sottomettermi a entità superiori, di onorare chi non conosco più di quanto onori chi conosco o la natura che sta intorno ad essi, di supporre cause misteriose ad accadimenti complessi dei quali la scienza ci sta lentamente svelando gli arcani, di farmi aiutare o assistere da chi non c’è e se ci fosse avrebbe altro da fare, di farmi dire da qualcuno che sta in cielo come comportarmi qua in terra, o cose del genere. E troverei detestabile tentare di farmi sentire in colpa per questo mio non dar noia a nessuno.
Ora torniamo alla mia attenzione rivolta a Gesù e al permanere del mio ateismo. Che un uomo con quel nome sia vissuto dopo Epicuro e prima di Buddha e Marx pare storicamente accertato, vi sono, per quanto contraddittorie, testimonianze che lo confermano e l’individuo sembrerebbe interessante, anomalo, anche un po’ eccentrico ed eccezionale, forse leggermente disturbato, ma pare io abbia un debole per i disadattati e i folli.
Anche talune delle idee che gli vengono attribuite, non tutte, sembrano degne di stima e capaci, se oculatamente seguite, di renderci, qui in terra, la vita migliore, così come probabilmente avverrebbe se unissimo tutti i proletari del mondo a guisa di quanto suggeriva Marx, se imparassimo a respirare come insegnava Alexander Lowen, a bere il tè come balena Thich Nath Hahn, a far a pezzi la logica comune come instillava il dubbio Gregory Bateson, ad amare per egoismo e non per altruismo come teorizzava Erich Fromm, a non stancarsi mai di cercare come testimoniava Buddha, a provare piacere senza procurare e procurarsi dolore come affermava Epicuro.
Prendere in seria considerazione questi e altri insegnamenti non mi obbliga ad essere marxiano, loweniano, thichnathhahniano, batesoniano, frommiano, buddista o epicureo, e, nel caso specifico di Gesù, se dovessi accettare un qualche aggettivo per definirmi sarebbe gesuitico, non cristiano, tanto meno cattolico, rammaricandomi però per la possibile confusione con i seguaci della potente setta messa in piedi da Ignazio di Loyola, così come un carpentiere che venisse chiamato muratore potrebbe temere d’esser confuso con un massone. Con tutto il rispetto per coloro che hanno deciso di appiccicarsi tali etichette.
Insomma, come cantava Cecco Angiolieri, «S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo; / s’i fosse vento, lo tempestarei; / s’i fosse acqua, i’ l’annegherei; / s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo; / s’i fosse papa, allor serei giocondo, / ché tutti cristiani imbrigarei; / s’i fosse ‘mperator, ben lo farei; / a tutti tagliarei lo capo a tondo. / S’i fosse morte, andarei a mi’ padre; / s’i fosse vita, non starei con lui; / similemente faria da mi’ madre. / Si fosse Cecco com’i’ sono e fui, / torrei le donne giovani e leggiadre: / le zoppe e vecchie lasserei altrui».
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Ciao ! rimango sempre del parere che ri-affermare il proprio ateismo desti sempre nell’altro vaghi sospetti provocatori che possono generare l’effetto opposto…! Ma, proprio a questo proposito,sarebbe forse interessante se dal tuo autorevole Blog ri-proponessi il dibattito in corso su Repubblica su ” Dì qualcosa di sinistra” e di cui oggi Rodotà scrive e propone la parola-chiave: Dignità. Ecco penso proprio che Gesù Cristo sia al centro di questa parola-chiave e, non solo, ma potrebbe divenire un basilare esempio per tutti ( o quasi) politici di oggi dimentichi , appunto, della propria e dell’altrui dignità sia di vivere che di essere. Gesù Cristo di sinistra? Certo! Con il solito affetto, Gilberto Briani