Non avere

Un articolo  intitolato Non è mio ma lo uso, uscito il 9 novembre scorso sul Corriere della Sera, dà conto, per lo più in termini sociologici, del diffondersi di abitudini in base alle quali non si rinuncia a servirsi di ciò di cui si ha bisogno, ma preferendo rinunciarne al possesso: si gira in automobile, ma con il car-sharing, ed anche in bicicletta con analogo sistema; cresce il mercato delle case in affitto, aggiungo io spesso già ammobiliate, dove mura, tetto, letto, lavandino, doccia e fornello non sono propri ma pronti all’uso; il contratto con la compagnia telefonica prevede anche il comodato in uso dello smartphone; e-book e brani musicali si scaricano senza impinzare scaffali e mensole e stanno in memoria anche solo di passaggio; lo smoking è a noleggio, le mutande non ancora, ma forse il maglione già quasi.

Ho sottolineato il carattere prettamente sociologico dell’articolo che riferisce di questo fenomeno in diffusione prevalentemente fra i 35-40enni, perché non è accompagnato da analisi economiche, politiche o filosofiche, tranne un cenno al fatto che niente ha a che vedere con ideali e ideologie. Comodità, meno peso addosso, minori vincoli, compresa l’affezione al “Maggiolino” sui cui sedili s’è fatto per la prima volta l’amore ed a cui a un certo punto bisogna rinunciare, a meno di non possedere uno smisurato garage.

Da un punto di vista economico l’usanza nasconde un pericolo molto forte, quasi maggiore di quello dell’accumulo dei beni e delle ricchezze che solitamente conoscevamo: la concentrazione del tesoro in ristretti monopoli proprietari delle auto, delle bici, degli alloggi, dei brani musicali, delle pagine scritte, dei papillon e delle ghette e dall’altro una sterminata umanità di sempre più nullatenenti i quali non dispongono né dei mezzi di produzione né di un aneluccio d’oro da svendere in caso di enorme carestia. Meriterebbe risfogliare le pagine del Capitale dove Marx parlava del “valore d’uso” e di quello “di scambio”.

Da un punto di vista filosofico politico, invece, l’orientamento è assai gradevole e merita di essere guardato con grande interesse. Innanzitutto sembra che si ascolti il monito di Fromm nel suo Avere o essere o il buon senso di quegli ebrei che dinanzi ai pogrom compresero che era meglio portarsi dietro idee anziché cianfrusaglie e zavorre, nessuno te le avrebbe potute sottrarre. Di pari passo l’acquisizione che è meglio vivere oggi che metter da parte per domani, anche se su questo fronte qualche invito alla prudenza e all’esser formiche anziché cicale andrebbe ribadito.

C’è però il positivo fatto che si sarebbe meno quel che si ha e più quel che si fa, meglio ancora sarebbe se fosse quel che si è. Vediamo che ci regala questa generazione in ascesa, senza più conto in banca.

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