L’ultimo maître à penser
Ho letto, su suggerimento di un’ex collega, un interessante articolo in un blog che si chiama “Scalinata di Odessa” e di cui non è chiaro chi sia l’autore/proprietario.
Articolo intitolato Del perché Luciana Littizzetto è più dannosa di Emilio Fede per la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani.
Condivido solo in parte i non fragili ragionamenti che il blogger (si dice così uno che tiene un blog) conduce e cerco di soffermarmi solo sulle divergenze non per sottolineare appunto una critica all’autore, ma per andare oltre le sue considerazioni.
Partirei cioè da un altro punto: la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani è talmente bassa che inevitabilmente abbiamo avuto Emilio Fede ed ora, al massimo, Luciana Littizzetto.
Alcuni anni fa, intorno al 2007 e fino alla fine del 2009 quando venendo a vivere qui ho rinunciato per necessità ma di buon grado alla televisione, sostenevo con convinzione che la mia concittadina torinese, fosse rimasta l’unico maître à penser a nostra disposizione dopo la morte di Eugenio Garin, Norberto Bobbio, Cesare Luporini o Vittorio Foa.
Non sto scherzando, l’ho pensato seriamente e sostenuto con convinzione, perché nelle banali considerazioni sui fatti di cronaca che faceva nel suo angolo alla trasmissione di Fazio, in particolare quelle riguardanti fatti di costume, mi pareva che mostrasse un’indubbia capacità di concatenare avvenimenti ed esporli alla prova della logica. Fosse cioè davvero ancora in grado, anche occupandosi di una minutaglia, di servirsi del cervello, di connetter le sinapsi e di fare 2 + 2.
Io ora non la seguo più e non escludo possa essersi stemperata, anzi leggendo i giornali oggi mi è sembrato che proprio lei abbia intenzione di mollare un po’ la presa o, come ha detto anche Letta, prendersi un periodo sabbatico.
Quello che io voglio dire è che è tragico io mi debba ritrovare ad affidare a lei, cioè, e lo dico con tutto il rispetto, a un comico, il ruolo di intellettuale, di più, di guida spirituale, di faro nella notte e fustigatore dei costumi, per quanto, come sostanzialmente dice il blogger, più per strappare un applauso che per scardinare il sistema.
Ma appunto il ruolo del rivoluzionario dovrebbe spettare a qualcun altro, e si è già visto il film del buontempone che mette il dito nella piaga delle compagnie telefoniche o delle modalità di costruzione degli inceneritori e alla fine manda un partito in parlamento a non si sa bene fare cosa perché non sanno proprio cosa fare.
Insomma può anche darsi che la Litti abbia perso un po’ di smalto, ma il deserto nelle nostre Università, nelle nostre case editrici, in quel che rimane delle nostre Accademie e la vocazione degli italiani a preferire due risate d’una jena ridens al cruccio d’un uomo capace di rimetterci la vita sul palco dove parla, non possono essere imputati a una che in fondo da giovane ha deciso di far la cabarettista.
Tags: Cesare Luporini, Eugenio Garin, Luciana Littizzetto, Norberto Bobbio, Vittorio Foa