Santificazioni
Si possono leggere su internet numerosi articoli che portano motivazioni contrarie alla santificazione di Wojtyla e, per quel poco che ho seguito, è francamente difficile, mettendo in fila le azioni compiute da quel longevo Papa, un quadro che abbia odor di santità. Anzi, se la santità fosse qualcosa che ha a che fare con l’etica ed il rispetto umano, saremmo molto lontani da quest’aureola. Ritengo tuttavia che l’attribuzione di queste qualifiche e l’emissione di tali patenti sia questioni tutta interna e di pertinenza nemmeno dei fedeli della Chiesa cattolica, ma delle sole loro gerarchie, anzi, un libero arbitrio del più alto prelato, il Pontefice, e perciò abbia poco senso tentar di chiosare quella decisione che è già presa.
Sì, certo, siamo “adiopiacendo” ancora in regime di democrazia ed ognuno può liberamente dir la sua, anche se contravviene alla norma consolidata, nel caso specifico, appunto, all’esclusiva in merito riservata al Papa. Ma chi obietta stando nel gregge dei fedeli vien meno alle regole che loro si sono dati, chi invece ne è fuori adotta una logica che non gli appartiene, dando valore e significato a una condizione, la santità, che fuori dal quel contesto è priva di senso, laddove la moralità dei comportamenti porta apprezzamenti terreni, anche postumi, ma non innalza nei cieli.
Di più: occuparsi per un laico della santità di un prelato, sia solo per escluderla a priori e giudicarla indegna, è una subordinazione a pratiche superstiziose dalle quali un laico dovrebbe tenersi distante, ammesso ambisca ad essere un laico santo.
E dev’essere a tutti chiaro che contestare la santificazione di Wojtyla da parte di Papa Francesco è, implicitamente, una contestazione di quest’ultimo, un anticipo di contestazione di una sua futura santificazione o, anche solo, beatificazione. Che è invece quello che a molti è già venuto in mente di fare e forse nemmeno a torto.
Wittgenstein comunque avrebbe detto che ciò di cui non si può parlare, si deve tacere, ma a me qui piace citare, a memoria, una massima di Mao Tze Tung che io ho appreso giovanissimo da mio padre il quale se la stampigliò grande come un monito su una parete di casa sua ed io ho tentato di interiorizzare facendomi guidare da essa come un faro nella notte:
«Una delle cose più importanti nella vita è quella di essere precisi e attenti. Se si potesse essere così, sia nelle grandi che nelle piccole cose, si scoprirebbe che neppure la santità è poi così difficile da raggiungere. D’altra parte la trascuratezza di un momento può procurare grande rovina».
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