Che roba, contessa!
L’invito me l’ha fatto Maria Valeria della Mea. Un po’ per la passione condivisa ed in entrambi i casi ereditata per la canzone popolare, di cui ho parlato in un post intitolato Grazie zii, un po’, forse, anche perché in una qualche delle nostre schizzate conversazioni le ho parlato dell’amore, o ammirazione o solo sfegatato interesse che ho avuto e conservo per Ernesto De Martino, l’autore di Furore, simbolo, valore, di Magia e civiltà e, soprattutto, di La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, testo a partire dal quale sono scaturite le oltre 400 pagine di tesi che non ho mai consegnato a Paolo Rossi Monti per laurearmi e che ancora giacciono nel mio cassetto in attesa che un editore me le pubblichi prima del 2012, data oltre la quale qualcuno dice che il mondo non ci sarà più e «la razza è perduta».
Fatto è che Valeria mi ha detto vieni a festeggiare il 1° Maggio, festa dei lavoratori cioè anche mia, all’Istituto Ernesto De Martino a Sesto Fiorentino. Ignoravo che a Sesto Fiorentino ci fosse un Istituto De Martino – e lo ignorano anche la maggior parte dei sestesi a cui ho chiesto indicazioni stradali – così come ignoravo perché fosse finito in una delle cittadine più nobili dei dintorni fiorentini. Il merito è dello zio di Valeria, il compagno Ivan, che fino all’anno scorso, quand’è morto, ha tenuto in piedi quel centro, salvandolo dall’abbandono e dall’estinzione, trasferendolo da Milano a Sesto, e ogni anno, per il 1 maggio, allietandolo con musiche e canti.
Fatto è che ho accettato l’invito e nel chiostro bellissimo di un castello direi, o di una villa, con dietro un bel giardino, messi a disposizione di quella miniera dell’antropologo da quella lungimirante istituzione che è il Comune di Sesto Fiorentino, ho sentito i brusii, le chiacchiere, le risate di quello che ancora si può chiamare popolo, un po’ uno zoo di nostalgici o resistenti, veri partigiani a giudicar dall’età e dal fazzoletto al collo, al limite del punkabbestia, pecorino, baccelli, mortadella e tanto vino rosso, cani, figli in passeggino e carrozzine per invalidi, i canti di chi è salito sul palco. Ho comprato il libro Se la vita ti dà uno schiaffo di Ivan Della Mea, edito da Jaca Book, dato il mio obolo per i bicchieri d’acqua bevuti, poi Valeria mi ha fatto conoscere la compagna di suo padre e mi ha regalato il cd Se qualcuno ti fa morto di suo zio (ho un debole per le persone che spesso usano il “se” in senso interrogativo, tipo Primo Levi di Se non ora, quando? o il Calvino di Se una notte d’inverno un viaggiatore).
Ma più che altro mi son ritrovato a cantar Contessa con tutta quella masnada e con Paolo Pietrangeli levando il pugno chiuso, davvero, credetemi, sempre più verso Occidente, non era voluta ma è andata così. La prima volta che l’avevamo fatto insieme era al circolo di via Vittorio Emanuele che se si chiamasse Karl Marx Strasse.. ma erano gli anni Settanta. Ora non cerco di rifare il ragazzino, né di rimpiangere o rimembrare, ma ci tengo si sappia che ne ho le palle piene.
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