Fuori Gramsci
Nell’epoca in cui pensavo fosse davvero possibile cambiare il mondo e mi impegnavo con convinzione per questo obiettivo, concentrandomi sulla riforma democratica della scuola superiore, i militanti di un qualche gruppo extraparlamentare, probabilmente quelli del Pdup, in qualche maniera più legati alle tradizioni del movimento operaio italiano, quando noi della Fgci scandivamo lo slogan “W il grande partito comunista, di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”, s’innestavano nel coro e con la medesima scansione del ritmo aggiungevano: “Che cazzo c’entra il primo, con gli altri tre?”.
L’ironico controcanto mi è tornato alla mente leggendo, su suggerimento della pagina Facebook dove si sono ritrovati molti di coloro che Lavoravamo all’Unità, una lettera inviata a www.change.org, sito dove è possibile perorare qualunque causa, fare petizioni, promuovere inviti, raccogliere firme, avanzare richieste collettiva, e nella fattispecie quella che ha suscitato il mio interesse mira a far togliere il nome di Antonio Gramsci da sotto la testata de l’Unità.
È infatti dal 1991, direzione Renzo Foa se non ricordo male, che compare il sottotitolo “Giornale fondato da Antonio Gramsci” anziché “Organo del Partito Comunista Italiano”. Non ricordo con precisione, ma temo più perché nel frattempo il Pci aveva lasciato il posto al Pds che non per rendere omaggio non solo al dirigente politico rinchiuso a Turi da Mussolini, ma al fine pensatore, all’intellettuale inquieto e sfaccettato ai cui testo, io credo, ancor oggi ci sia tanto da imparare.
La lettera che compare su www.change.org, recita: «Siamo compagne e compagni di base, convinti fautori nella propria militanza politica del pensiero di Antonio Gramsci. Riteniamo scandaloso che, dopo il titolo anti governo Greco che l’Unità ha fatto apparire nei giorni scorsi: “Referendum in Grecia tasche vuote arsenali pieni”, procedendo ad una mistificazione della realtà, come un qualsiasi giornaletto di destra, il nome di Antonio Gramsci continui a comparire nella testata del giornale. L’Unità, come il Pd, si è geneticamente modificata e quindi, per giustizia verso il ricordo di un grande compagno e dirigente politico e per coloro che oggi ne portano coerentemente il messaggio chiediamo che si ponga fine a questa mistificazione».
La lettera è indirizzata alla Direzione nazionale del Pd e alla redazione dell’Unità e la si può leggere qui.
Da tempo ho smesso di commentare vicende riguardanti il Pd, addirittura di interessarmene, perché penso che per aver il pieno diritto di parlarne si dovrebbe starci dentro o quanto meno votarlo, ed io con questo Pd e con la maggior parte dei suoi sostenitori sento di aver niente da condividere, come se semplicemente appartenessimo a due mondi diversi, io a quello che loro hanno inteso rottamare, loro a quello che mi crea disgusto solo a pensarci. Pertanto solitamente passo la mano o faccio silenzio, tutt’al più scuoto il capo, ma in questo caso mi sento di spendere due parole. Perché si ragiona di Gramsci che ho cercato di studiare fin da giovane con passione e ammirazione. Di Gramsci e dell’impiego del suo nome, questione di cui mi sono occupato qui il 16 aprile 2014 in Hotel storia.
E poi perché si parla del giornale dove sono nato e dove, fosse stato per me, sarei voluto morire come giornalista, benché, dopo 23 anni di onorata carriera, fin dai tempi di Caldarola, peggio mi sento Gambescia e giù precipitando, ovvero sia fin dalla cacciata e dall’oblio, tutto abbia preso un’altra piega.
Ebbene secondo me più che i «compagni di base» firmatari della missiva, proprio la Direzione nazionale del Pd e, se non la redazione quanto meno il vertice dell’Unità, farebbero bene a farsi promotori di quella cancellazione, di quell’oblio, di quella presa d’atto, triste ma realistica, e non tanto per dar testimonianza di una distanza ormai incolmabile, di una lacerazione ormai insanabile, quanto, piuttosto, per marketing, per lusingare gusti, tendenze, letture e sedimentazioni di un pubblico, questi lettori di questa Unità di questo Pd, che, con il sardo di Ales… io proprio non capisco.
“Che cazzo c’entra il primo, con gli altri tre?”, m’è tornato in mente. “Che cazzo c’entrano quei quattro con questi qui?”. Ah, già, ma io sono rottamato.
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