Nomen omen
È un orrore lo slogan scelto da quella cricca che, presumo, per interessi tutti propri, ha rilevato la testata del quotidiano fondato nel 1924 da Antonio Gramsci – dove ho avuto l’onore di lavorare dal 1978 al 28 luglio 2000 – rimandando in edicola dal 30 giugno scorso un quotidiano che io non so cosa sia.
“Il passato sta cambiando” è lo slogan scelto dall’editore dell’attuale l’Unità (80% Piesse, circa il 20% Fondazione Eyu Europa YouDem-Unità che fa capo al Pd, 1% Guido Veneziani) e, oltre ad essere brutto e secondo me poco efficace da un punto di vista pubblicitario e promozionale – a questo dovrebbe servire quella scritta che compare su manifesti appiccicati sugli autobus della mia città – è ignobile da un punto di vista “ideologico”, una bestialità concettuale dietro la quale sembra celarsi, purtroppo, una weltanshauung che mi fa rabbrividire.
Il passato cambia, ovvio, smette di essere tale e diventa presente. Anzi, è nel momento stesso in cui lo fa, proprio mentre cambia, che diventa passato, perché in realtà è il presente che cambia, non modificandosi mai in futuro, che tale resta sempre, ma appunto in qualcosa che c’è stato e non c’è più, che è passato.
Eppure è un pezzo che c’è gente in giro che vorrebbe cambiare il passato, scriverlo in un’altra maniera, manipolarlo, raccontarcelo come non è stato, servirsene solo per il proprio tornaconto.
Lui invece resta lì com’è, inamovibile, immodificabile, bello o brutto che sia stato, sedimentato e stratificato con altro passato prima di sé e altro passato dopo, in attesa del presente.
Ma a l’Unità, invece, il passato sta cambiando. Ed io, con orgoglio, faccio parte del passato. Il presente è loro. Se lo tengano.
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