Paperone e Qui, Quo, Qua

Paperon dei Paperoni

Sandro Rossi è stato mio compagnuccio di banco e di merende agli eroici tempi de l’Unità in via Alamanni. Un giorno se ne andò via di casa portandosi dietro solo le sue Lacoste. Poi soffiò la fidanzata a un amico e con lei ha passato l’intera vita facendoci un figlio dal bel nome. Poi ci ha tradito tutti per andarsene a Milano da Panerai e lì è diventato un giornalista di spessore di quelli che sanno tutto di finanza e di come deve viver bene un uomo elegante, ricco, di class. Un giornalista di spessore lo era anche prima, ma lì caporedattore fin su a fare il direttore.

Poi stanco delle nebbie padane se n’è tornato nella sua Toscana, nei dipressi della città che ospita il Monte dei Paschi, ambiente a cui Sandro dev’esser sempre stato vicino. E qui ha preso in mano le redini di un piccolo quotidiano il cui editore in passato ha cercato di farmi la festa e questo non sta bene. Il giornale che Sandro, con le mie congratulazioni, dirige si chiama Il Nuovo Corriere di Firenze, per distinguerlo dal Corriere fiorentino che ha alle spalle la portaerei della Rcs. Be’, per farla breve, Sandro oggi, cioè ieri, ha deciso di sbattermi, con altri in prima pagina. Tuona l’apertura del suo giornale: Paperoni al lavoro negli uffici pubblici. Ecco quanto guadagnano i dirigenti di Regione, Provincia e Comuni.

Come ormai tutto il mondo sa – un microcosmico mondo di nome Firenze o forse Toscana –, avendolo scritto Repubblica e poi la Nazione, fra poco non sarò più direttore di Toscana Notizie, l’Agenzia di informazione della Giunta che mi pregio di aver fondato, lavorando perché la Regione approvasse una legge che riconosce ai giornalisti di avere il contratto dei giornalisti in cambio del fare davvero i giornalisti e non gli impiegati che alle 14 mollano la biro (ancorché conosca molti impiegati a cui la bic non sfugge né l’orologio incalza). Di più, mi pregio di aver sanato lo spiacevole ricorso al precariato e ai contratti cococo, assai in voga anche nelle nostre belle redazioni locali.

Dunque, Susanna Cressati, stimatissima collega, e anche lei all’epoca compagnuccia di banco e di merende – grande scuola quella di Gabriele Capelli! – prenderà presto il mio posto e presumo che il suo lordo – ma stiamo parlando di lordo, Sandro, non di netto, eh? spiegalo ai tuoi lettori – sarà quello che tu definisci uno stipendio da Paperone. Non son  qui a chiedermi se sia effettivamente uno stipendio da paperone o da paperino. So quanto prende una badante tolto vitto, alloggio e tutele sindacali; quanto una signora delle pulizie in nero; quanto un funzionario regionale di categoria B, C e D; quanto un giornalista di prima nomina. So quanto guadagnavo quando con la qualifica di vicedirettore lavoravo all’Unità prima che mi licenziassero e il tuo editore tentasse di tenersi buono il mio editore dicendo – menzogna! – che io avevo rifiutato un posto nel suo giornale. Ti garantisco, Sandro, allora guadagnavo più di ora, ed ero un vicedirettore, non come ora, ancora per poco, un direttore.

Vai a vedere il contratto che regola la nostra professione, fai i tuoi conti e dimmi se io prendo uno stipendio da Paperone per il lavoro che faccio e per come l’ho fatto, ammesso che il tuo editore se ne avvalga per regolare i suoi dipendenti. E tieni presente che il mio contratto, oltre a chiedermi di svolgere – e l’ho fatto – tutte le funzioni attribuite a un direttore responsabile, comprese le eventuali querele che ci sono state ma le ho vinte in istruttoria; il mio contratto, dicevo, prevede anche che io abbia tutte le responsabilità stabilite dall’articolo 7 della Legge 44/2003, quella che attribuisce ai dirigenti regionali precisi compiti, mansioni, noie e grattacapi. Anche qui, tutto fatto, con uno stipendio che non si discosta molto da quello di chi deve fare solo la seconda delle cose.

Tu ce l’hai Sandro, questa seconda parte di responsabilità? Ed essendo come me un direttore responsabile, quanto prendi di stipendio? Al netto intendo, non al lordo. Benefit compresi. Vogliamo parlarne? Magari invitiamo anche Qui, Quo, Qua e Joe Falchetto. Che te ne pare?

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2 Responses to “Paperone e Qui, Quo, Qua”

  1. Alessandro Rossi scrive:

    Caro Daniele,
    non vedo che cosa ci sia di male nel rendere pubblici gli stipendi di dipendenti pubblici. Da che mondo è mondo e da che giornalismo è giornalismo è una prassi ricorrente pubblicare compensi e stipendi di uomini politici, dirigenti e amministratori pubblici. Lo fanno tutti i giornali o almeno lo hanno sempre fatto. D’altra parte pubblico, significa anche trasparenza.

    Nessuno ti ha accusato di nefandezze o nemmeno di “rubarlo” quello stipendio. Sei un professionista serio che fa bene il suo lavoro, probabilmente anche pagato meno di quanto meriteresti. Ma così è la vita. Per quello che mi ricordo sei una persona perbene che stimo da tempi non sospetti. Perché dovrei avercela con te? Mi stupisce anche il fatto che tu te la sia presa per il titolo: sei un giornalista e sai che se la titolazione si usa sempre “spumeggiarla” anche se “paperoni” è già stato usato dall’Agenzia Ansa. Ecco qua: “ROMA – Circa la metà dei contribuenti italiani non va oltre un reddito dichiarato di 15.000 euro l’anno e i due terzi non superano i 20.000 euro.I contribuenti “paperoni“, sopra i 100.000 euro sono invece meno dell’1% di chi presenta la dichiarazione dei redditi ma pagano il 18% del totale dell’imposta. E’ quanto risulta dalle anticipazioni statistiche delle dichiarazioni fiscali relative al periodo d’imposta 2008 (e presentate nel 2009) diffuse dal Dipartimento delle Finanze”.

    Se poi vogliamo andare nel personale, prendi il caso mio. Io a 100 mila euro lordi non ci arrivo nonostante diriga sei quotidiani e un settimanale (presto saranno due) tra la Toscana e il Lazio oltre a un settimanale e un mensile a livello nazionale. I miei benefit? Il telefonino, che, come sai, per i giornalisti è importante come il piccone per i minatori o la padella per i cuochi. Il resto lo pago tutto di tasca mia, anche la birra per Joe Falchetto e i pop corn per Qui, Quo e Qua. Prima guadagnavo due volte tanto, ma ho fatto una scelta di vita. Sai, io son fatto così: sono una persona libera che ha coraggio e che, purtroppo, non ha mai avuto padrini, semmai qualcuno che mi ha remato contro. Pazienza. Morirò sereno avendo la certezza di non andare in paradiso. Tanto non ci conoscerei nessuno.

    E, per chiuderla, non mi puoi accusare se il mio ex editore, Alberto Donati, ha avuto problemi con te o te con lui. Che c’entro io ?, scusa eh.

    Ti conosco, lo so che sei fatto così.Ti voglio bene lo stesso. Un caro saluto

    Alessandro Rossi

    P.S.
    Volevo dirti (e sai che me ne intendo) che le Lacoste non sono più quelle di una volta. Meglio le Fred Perry: costano un po’ meno e reggono molto meglio lo stress da lavatrice. Daniela e Alarico mi hanno detto di salutarti anche se non hanno capito cosa c’entrano con il tuo stipendio. Così come il Monte dei paschi, dove non ho nemmeno il conto corrente.

  2. Grazie della correttezza, Sandro.

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