La città della scienza 2.2.

Scusi, le piace la scienza?

La città della scienza 2.2.

Scienza piace? La fisica e l’astronomia, il Dna e le speci animali attraggono gli studenti? L’unico modo per saperlo è sfogliare gli annali dell’Ateneo fiorentino dove sono state registrate le iscrizioni alle singole facoltà.

Ma già qui ci si scontra con qualche problema. Il primo è il fatto che i dati non vanno molto in là nel tempo. La precisione risale fino al 1970. Dati più vecchi ce ne sono, ma non c’è da farci troppo affidamento.

Il secondo è di natura metodologica e nasconde un vecchio dissidio che, nel nostro girovagare tra laboratori e centri di ricerca, appare ancora vivo e vegeto. Per decenni gli umanisti hanno preteso il primato delle proprie discipline, ma assillati da un successo sempre maggiore della fisica e della biologia, solo per dirne due, hanno cominciato a difendersi sottolineando la “scientificità” del proprio lavoro di uomini di lettere. Con malizia si potrebbe dire che era l’unico modo per far comparire Benedetto Croce o Giacomo Leopardi, per fare il nome di due defunti senza suscitare irritazioni, sulle copertine dei settimanali con la stessa dignità con cui vi compare Carlo Rubbia. Il che non toglie nulla al fatto che tanta cultura umanistica abbia tutte le carte in regola per assumersi la patente di scientificità.

Con un certo disagio dunque buttiamo nel cestino i dati di lettere e filosofia, ma anche quelli di economia e commercio, di architettura, di giurisprudenza, di magistero, di scienze politiche, senza nulla togliere a John Maynard Keynes, a Walter Gropius, a Karl Popper.

Teniamo solo le cosiddette “scienze dure”, di poco allargate. In ordine alfabetico ecco Agraria: 617 iscrizioni nel 1970-71, crescita fino all’anno accademico 80-81 con 2.399 iscritti, calo costante fino all’anno scorso: quota 2.017.

F come farmacia. Un po’ tecnica come facoltà, si potrebbe obiettare, ma molti di quelli che escono finiscono nei laboratori delle multinazionali del farmaco. Dai 350 iscritti del 1970-71 ai 1.253 del 77-78. Poi calo. Inversione di tendenza nell’84-85 (con 1.109 iscritti) e giù di nuovo in curva discendente.

Altra facoltà a larga propensione tecnica. Qui si studiano e si pensano gli strumenti e l’artigianato del meccanico si trasforma in ricerca da scienziato. Chi può negare valore scientifico del resto al motore a scoppio, alla turbina idrica, alle pompe pneumatiche? La punta d’iceberg è nel 78-79 con 2.791 iscritti, arrivati a quella cifra dai 1.006 del 70-71. Il trend poi è stato negativo fino all’83-84 (2.368) quando gli iscritti hanno cominciato a ricrescere fino ai 2.662 dell’86-87.

Della crisi di medicina hanno già scritto in molti. Pensate ha dimezzato le proprie iscrizioni nel giro di pochi anni. Erano 2.597 nel 70-71, 4.867 nel 73-74, 6.768 nel 76-77, poi giù, inesorabilmente fino ai 3.574 dell’86-87. Un sogno svanito.

Scienze matematiche, fisiche e naturali non registra grandi picchi, né verso l’alto, né verso il basso. I dati ondeggiano fra i 2.533 del 70-71, i 3.939 del 74-75, i 3.124 dell’86-87.

Una valutazione più approfondita richiederebbe di sapere quanto l’università è stata in grado di sformare ricercatori, personale qualificato da far entrare nei laboratori di ricerca dell’industria. È un lavoro che non abbiamo fatto, ma i giudizi dei nostri intervistati oscillano tra un riconoscimento della capacità dei laureati fiorentini e la critica di un sistema universitario che spesso incita le aziende a guardare lontano nella ricerca di personale qualificato.

Del resto emerge un altro dato: che tanti, con le carte perfettamente in regola per entrare nel mondo della grande ricerca italiana, pubblica o privata che sia, hanno dovuto emigrare gonfiando quel fenomeno di cui tanto si è scritto e che va sotto il nome di “fuga dei cervelli”.

L’Unità, sabato 26 novembre 1988

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