Gründrisse

Pausa pranzo. Sei bancari siedono a un tavolo. Tre uomini, tre donne. Bancari, non banchieri. Tutti vestiti come vuole il padrone. Mutandine con il filo interdentale, wunderbra, cravatta compresi. Bravi. Discutono. Forse ci provano. Avances. Metti che. Comprendo. Dicono di un corso di formazione obbligatorio e fuori città. Lontano. Inutile. Demenziale. Bocconiano, direi. Treno pagato? Treno pagato. Albergo pagato? Albergo pagato. Uno si vanta d’aver messo in conto alla banca non solo i 40 euro della cena, ma anche i 18 dell’aperitivo precedente. Un tempo un collega portò in redazione gli scontrini e ce n’era uno che diceva: «L’uomo non è di legno». L’editore pagò. Capita.

Ma è un vanto? E su chi grava quel Negroni? Sull’azienda o sul risparmiatore che non ha niente da risparmiare ma solo la necessità di prelevare al bancomat per non portarseli tutti dietro? Sulle spese di tenuta del conto? Di tenutaria del conto. Uno più uno uguale due, eccole il saldo. Sia chiaro: la categoria non si tocca, è un caso individuale. Sono il primo a dirlo. Ma gestir gruzzoli val più di fare la scorta e rischiar la propria vita? O spadellare un cacca da sotto il culo d’una vecchia? O gettarsi fra le fiamme per domarle? Perché in busta paga è così. A quel che mi dicono.

C’è qualcosa che non torna, fra lordi, netti, gadget, benefit, cachet, gettone, interesse, rendita, plusvalore e plusvalenza e questo l’avevamo capito tutti qualche anno fa, prima di distrarci, dimenticare, dodò, bulò, metrò, un po’ di zumzum ogni tanto. I rapporti fra le cose e fra le persone, l’= o lo sta a… come…, il fratto, la freccetta indirizzata a destra che sta a dire implica, svaniti, evanescenti, scomparsi, desaparecidos. C’è qualcosa che non torna. Il passato non torna. Gli anni non tornano. I morti non tornano. I conti non tornano.

Modifichi gli oggetti e cambiano anche i loro nomi e il linguaggio per descriverli e la logica per comprenderli e il sentimento per sentirli. Col sudore della tua fronte. Oggi un orto, domani una centrale nucleare. That’s life.

Tags:

Leave a Reply