Flussi

Il terrifico spettro che il buon vecchio Carletto – Marx di cognome – paventava si aggirasse per l’Europa, imbarbarita come Charles Dickens e Victor Hugo la stavano descrivendo, non raffigurava solo lo stato e l’ordinamento – il disordine molti avrebbero detto – prefigurato e utopizzato dal filosofo di Treviri e dai suoi accoliti, ma anche le folle che il comunismo auspicavano. Quelle folle maleodoranti, vocianti, scalmanate, in buona parte maleducate, incolte, ributtanti per i benpensanti.

Questo disgustoso fantasma nutrito a patate e cipolle, sudato, col grasso, la morchia e la mota incrostati sotto le unghie, senza culotte sotto a pantaloni e gonne lisi, consunti, sdruciti, rattoppati, forse butterato in volto o con altre piaghe sul corpo, continua ad inquietare ed agitare le notti, non più solo di quanti all’epoca accumulavano capitali, soppiantavano o riciclavano l’antica aristocrazia sostituendosi con le loro professioni borghesi e liberali e fondando la religione del profitto, dell’accumulo e della supremazia ma, tutto questo, in nome della fraternità, della libertà e dell’eguaglianza, ma anche di colore che nel corso di un secolo e mezzo – tanto ci distanzia da allora – hanno conosciuto un maggior benessere, togliendosi qualche sfizio, illudendosi di una parvenza di sicurezza, ingrandendo la torta da tagliare e così la fetta spettante per se stessi.

Quella figura illusoria percepita in modo repulsivo per le sue apparenze, spesso oggi si incarna in torme di stranieri che giungono da ogni dove: prima, a bordo di improbabili Trabant o scafi ricolmi di droga e armi dismesse, da paesi con i quali per decenni si è freddamente guerreggiato in nome dell’ideologia e dell’assenza di dio, poi, su autoarticolati stracolmi e carcasse di barconi, da altri paesi dove fino a ieri si è preteso di essere chiamati effendi o buana o signore, barattando combustibili ed energia in cambio di paccottiglia e carabattole, ed oggi si dissotterra l’ascia del santo sepolcro gridando contro altre prescrizioni ecclesiastiche e comandamenti bigotti anch’essi monoteisti solo con la pelle un po’ più scura.

Fin qui niente di nuovo, ma l’argine che vorrebbe esser frapposto per impedire il flusso – e cioè il dirompere di un’onda che per definizione è intrattenibile – non tiene conto del flusso inverso, solitamente detto riflusso: quello dei tanti persuasi di farcela da vecchi con la propria sudata pensione e, alla resa dei conti, impossibilitati a sbarcare il lunario con quant’è restituito dalle marchette – sintomatico doppio senso di una prostituzione altrimenti praticata – e perciò profughi al contrario verso mete in cui il costo della vita sia più a portata di mano ed anche un pizzico di benessere e magari un clima più accogliente. Per non dire di quello di chi, giovane invece, un posto consono alla propria preparazione, tappetino carico di cianfrusaglie, se lo deve trovare altrove, dove magari ti chiedono che sai fare, non come ti chiami, anzi come si chiama tuo padre.

Ma noi vediamo solo il flusso in un senso e ci fa raccapriccio, ci indigna, ci spinge a chiedere provvedimenti che avevamo abolito nel Settecento, a fare guerre che avevamo promesso di non ripetere mai più, a chiudere non un occhio ma due dinanzi a scene viste nei film sui lager o sui campi di cotone in Alabama, tutta robaccia partorita dal nostro essere civili occidentali, preferibilmente ariani, bianchi e timorosi del signore.

E invece no, il flusso è anche al contrario, ci siamo anche noi nel mezzo e troveremo da ridire sbigottiti quando qualcuno finirà per prenderci a calci costringendoci a raccattare quello che mettevamo in bella mostra sulla spiaggia chiedendo con ostinazione: «Vu’ cumpra?»

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One Response to “Flussi”

  1. lina scrive:

    Hai proprio ragione…questa “civiltà” di non so bene cosa, che si mangia ogni giorno l’uovo in culo alla gallina, dovrebbe estinguersi per pareggiare i conti. E di questo passo lo farà anche alla svelta….”ma noi non ci saremo”, cantavano I Nomadi…

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