Al direttore del Corriere

Luciano Fontana

Al direttore del Corriere della Sera
Luciano Fontana

Caro Luciano,
conosco, come ho avuto occasione di dirti in faccia alla manifestazione della Manifattura Sigaro Toscano che si è tenuta il 3 ottobre 2012 – quando Toni Servillo, già nei panni di quel maleducato di Jep Gambardella, lesse un testo scritto da me senza nemmen citare l’autore – quanto poco ti garbi il garbo, perché alla gentile lettera che ti avevo scritto qualche mese prima, il 17 agosto, per chiederti una mano, essendo da un pezzo disoccupato e sul punto di non aver alcun mezzo di sostentamento, nemmeno ti eri preso la briga di rispondere “Scusa Daniele, non posso”.

La testa de l'Unità di Veltroni. Fontana è il secondo da sinistra

Eppure non è che tu non sapessi neppure chi sia io, perché eri il caporedattore centrale de l’Unità quando io facevo il vicecaporedattore della redazione di Firenze, poi il caporedattore a Bologna e quindi il vicedirettore delle 5 edizioni emiliane del “panino” locale tramite il quale qualche collega romano sperava di togliersi dai piedi i giornalisti delle due piazze dove il giornale vendeva.

E davvero pensavo che l’unica cosa dovuta in virtù di quell’antica conoscenza fosse una risposta, un semplice si, no, vedrò, auguri Daniele. Invece niente, vezzo orribile di queste imprese di oggi dove chi era di destra o di sinistra è indistinguibile e a tutti va bene così.

Dunque, scrivevo, conosco questa tua distanza dal bon ton e dalla civiltà, per cui non ti scrivo più in privato, anche perché non ho niente da chiederti per me, ormai sono fuori dai giochi, e stavolta non voglio che mi senta solo tu. Lo faccio quindi, come vedi, in pubblico, nel mio misero blog, niente a che fare con le migliaia di copie che vendi tu. Sì, per chiederti una cosa, o solo per segnalartela, chissà che non scatti il fiuto del grande giornalista.

Su piazza c’è, e c’è purtroppo da troppo tempo, uno dei migliori giornalisti che io abbia mai conosciuto, dotato innanzitutto di quella flessibilità, la capacità di scrivere di questo o di quello senza chiudersi nel ghetto della propria spesso misera specializzazione, ed io ti invito – non per farmi o fargli un favore, non per onorare il suo passato a l’Unità con noi, non per quello che ha dato a quel giornale, ma per professionalità, capacità, merito, competenza – ad offrirgli, stabile o precario che sia, un po’ di lavoro, di modo che possa pagarsi di che vivere e i contributi per i prossimi 5 anni e, soprattutto, anche lui alla tenera soglia dei 60 anni, non doversi chiedere, come ha appena fatto, se dovrebbe vergognarsi a chiedere un lavoro.

Sono certo che mi ascolterai, perché il direttore del Corrierone, per definizione un uomo potente, che conta e anche altrove viene ascoltato, se ricopre quel posto è perché ha stoffa e non può non accorgersi di chi ha stoffa.

Andrea Guermandi

Ah, dimenticavo quel giornalista è Andrea Guermandi. Sai quello che fece parlare il meccanico di Villeneuve, raccontò insieme ad altri la morte di Ayrton Senna, arrivò per primo a Ravenna per la tragedia della Mecnavi, raccolse la confessione del pilota della strage alla scuola Salvemini di Casalecchio, seguì il caso della Uno Bianca, dette voce a Achille Occhetto prima della legnata elettorale che consegnò l’Italia a Berlusconi e, un giorno sì e uno no, intervistava Francesco Guccini, Lucio Dalla, Tonino Guerra e Roberto Roversi.

Stai bene, eh, Luciano.

Daniele Pugliese

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