Flussi, rivoli, vita
Nei giorni scorsi, da bravo pensionato persuaso di non bruciarsi definitivamente il cervello davanti alla tv che da molti anni neanche possiedo, sono stato a sentire l’ultima conferenza del ciclo organizzato da Wlodek Goldkorn al museo Pecci di Prato e intitolato “Uomini e guerra”, nel corso del quale hanno raccontato Luis Sepulveda, David Grossman, Marco Belpoliti, Donatella di Cesare e, ultimo appunto dei conferenzieri invitati, Gad Lerner che ho avuto il piacere di conoscere alla fine degli anni ’90, quando – prima di diventare onestissimo direttore del Tg1 capace di pagare di persona per l’errore di un suo sottoposto, assumendosi la responsabilità di chi è in cima alla piramide, prassi del tutto sparita dalle scene, di qualunque tipo esse siano – condusse in Rai una trasmissione che si chiamava Pinocchio, per fare la quale chiamò, oltre a un insopportabile Mario Giordano, oggi direttore del Tg4, il Faulkner de l’Unità, Jenner Meletti appena “messo alla porta”, come tutti noi, da un editore che anche in politica si è poi votato al suicidio, ed oggi edita un foglio indegno della levatura di chi lo fondò in via Santa Maria alla Porta nei pressi di Corso Magenta a Milano il 12 settembre 1923 imponendo che non avesse «alcuna indicazione di partito. Dovrà essere – scrisse Antonio Gramsci – un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale».
Ospiti di elevata caratura, ognuno dei quali ha portato sale a questa insipida stagione di orrori perpetrati e in procinto di essere moltiplicata fuor di misura ricacciandoci in tenebre dalle quali le generazioni dopo la mia avevano sperato di essere definitivamente esenti.
Lerner ha destrutturato cifre alla mano i luoghi comuni che come mantra vengono lallerellati per farci acquistare, al gran bazar del consumo usa e getta e rigetta, ingenti quantità anche di paura, che costa poco alla produzione e raggiunge cifra da capogiro una volta sul mercato, perciò spero che Lerner apprezzi il mio racconto Ebrei erranti in buona parte mirato proprio a far passare il concetto che l’unica cosa di cui val la pena aver paura è la paura, compresa la paura di parlar della paura, perché è solo conoscendola che la eviti.
Così come Donatella Di Cesare nel suo intervento aveva invitato a radicali ripensamenti riguardo alle frasi fatte del nostro dirigerci spensierati e sbarazzini verso un’iceberg simile a quello che fece colare a picco il Titanic il 15 aprile 1912, Lerner ha prospettato punti di vista altri, consapevolmente deboli, fragili o più esattamente minoritari e un po’ anacronistici, invisi certamente ai più, ma meno impraticabili di quel che ci sforziamo di voler credere e certamente più gratificanti, proficui, efficaci. Il suo tema erano le migrazioni, i flussi inarrestabili di persone, le fiumane che, avvalendosi della scienza studiata da Massimo Livi Bacci, la demografia, e di quanto avrebbe dovuto insegnarci la storia, hanno dimensioni irrisorie rispetto a esodi, pogrom, deportazioni, fughe di un passato lontano sì ma non così tanto da non contemplare chi in quell’epoca è sopravvissuto e gli è andata di lusso, i salvati.
Sì belle teste gli ospiti di Wlodek Goldkorn e la sua che le ha messe insieme, sperando che ci siano altre occasioni del genere dove la sensazione è che le sinapsi davvero si connettano l’una altra e inneschino qualcosa che assomiglia a un pensiero e non a quella melassa di cui siamo sempre più cosparsi.
Ascoltare ragionamenti sulle migrazioni e, quindi, sul tema degli stranieri e della loro presenza tra gli indigeni, mi ha fatto tornare alla mente l’inchiesta che, in un’epoca ancora moderatamente fluttuante di persone in movimento da un posto a un altro del pianeta, il medesimo per tutti a nostra disposizione, scrissi fra il luglio e l’agosto del 1985 proprio per descrivere un fenomeno che era allora appena appena percettibile eppure visibile, perché una macchia nera su un campo bianco, o viceversa, è inevitabile si nota.
La ripropongo a partire da domani, in ordine crescente, dal primo all’ultimo articolo ai miei lettori.
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