Del bacio di Giuda

Umberto Galimberti

Il maschio, almeno nel suo immaginario, non è monogamico. Le sue fantasie poligamiche sono forse il retaggio culturale della pratica animale dove, salvo le eccezioni di alcune specie, la monogamia non esiste. La fedeltà, se la vogliamo scarnificare un po’, è la virtù di chi si sente più debole nella coppia e ha l’impressione che, perso quell’uomo o quella donna con cui vive, non ha altra chance che il deserto della solitudine. E allora si abbarbica all’indifferenza dell’altro/a, quando non alla sua ostilità, profondendosi in quelle forme esasperate d’amore che sono il rovescio del suo bisogno assoluto dell’altro. In ogni virtù non ho mai visto nulla di nobile, ma sempre e solo il soddisfacimento mascherato di un bisogno. Se il bisogno di rassicurare la propria intrinseca insicurezza genera la fedeltà, il bisogno di non annullarsi nell’altro genera il tradimento.

Di qui quell’esserci e non-esserci, quel rincorrersi e tradire, che fa parte della relazione amorosa, perché l’amore è una “relazione”, non una “fusione”. Quando lei o lui iniziano a viaggiare fuori dal “Noi” e che prescinde dal “Noi”, solo per le attese sociali, solo per i precetti religiosi, tradiscono, in realtà salvano la loro individualità dall’abbraccio mortale del “Noi” che non emancipa, non consente, né crescite né arricchimenti, e neppure parole da scambiare che non siano già dette o già sapute prima che siano pronunciate. Tutto questo per dire che l’amore non è possesso, perché il possesso non tende al bene dell’altro, né alla lealtà verso l’altro, ma solo al mantenimento della relazione, che, lungi dal garantire la felicità, che è sempre nella ricerca e nella conoscenza di sé, la sacrifica in cambio di sicurezza. Nel viaggio che si intraprende fuori dal “Noi” e che prescinde dal noi, è il “Noi” che si tradisce, mai il Tu. Quel che si imputa al traditore è di essere diventato diverso e di muoversi non più in sintonia, ma da solo. Soltanto se si accetta il cambiamento dell’altro e lo si accoglie come una sfida a ridefinirsi e a ridefinire la relazione, il tradimento non è più percepito come tradimento. Ma ridefinirsi è difficile così come accettare il cambiamento. Per questo le vie più battute sono quelle della fedeltà o in alternativa quella del risentimento e della vendetta. Se queste considerazioni hanno una plausibilità occorre riscattare, almeno in parte, i traditori dall’infamia di cui solitamente sono ricoperti, perché in ogni tradimento c’è un lampeggiare di verità e autenticità che chi è tradito non vuol mai vedere, così come in ogni forma di fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c’è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d’ombra. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di sé stesso per non essere più amato dall’altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell’altro. Tradendolo, l’altro lo consegna a se stesso e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Questo riconoscimento di sé è molto più importante del perdono dell’altro che “va contro l’amore per sé”. I tradimenti non si perdonano, si constatano. E a partire da questa constatazione si decide se è più vantaggioso per noi continuare a convivere o è meglio dirsi addio. Alla nostra debolezza, che non ci fa sopportare il tradimento, non aggiungiamo quella seconda debolezza impropriamente rivestita di forza, che si chiama “perdono”. Nessuno può amare davvero chi lo obbliga alla negazione di sé. A meno che nella sua anima non si sia già fatta una bella confusione tra sentimento e mascherato risentimento.

Umberto Galimberti

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One Response to “Del bacio di Giuda”

  1. benedicta scrive:

    Ospite Inquientante…..
    In amore non esistono dipendenze affettive ma la scelta di ogni giorno…il bello dell’ amore sta nel sapere che hai una persona su cui fare affidamento.
    Un uomo o donna con cui condividere Vitam…non mi pare un atto eroico……lo dice Galimberti …

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