Antipasto emiliano

Luisa Pece nei panni di Lucrezia nello spettacolo teatrale in dialetto bolognese "Mei zitela che marine". Foto tratta da Facebook.
Nel post Vicino all’innominata via del 28 febbraio scorso ho accennato all’amicizia che si è instaurata e sta sviluppandosi tra Luisa Pece e me con il mezzano contributo di Maurizio Marinelli, che Luisa ha avuto tra i suoi collaboratori se non ho mal compreso nella stagione più fortunata della casa editrice Baskerville, quando cioè aveva sede in via Farini a Bologna, e la fattiva collaborazione di una rete informatica e delle sue diavolerie che consentono davvero straordinarie opportunità di scambio e condivisione impensabili in un mondo privo di tetrabyte et similia.
In quest’inattesa affinità elettiva fatta di reciproca curiosità e che si sta riempiendo di curiosi e caleidoscopio intendimenti, corrono testi, foto, titoli, brani, citazioni, ricordi ed altro e vicendevoli scoperte di passioni pregresse, pezzi di vita vissuta, punti raccolti, oggetti collezionati, cose fatte, avanzi di magazzino, di cui penso di poter dare un impercettibile assaggio pubblicando di seguito pochi giocosi e scanzonati versi stesi dalla Luisa in chissà quale momenti e ora dati alle stampe con il suo gentile assenso:
da “I Fiorucci di San Daniele”
Ode in rima libera del poeta surrealista
Francesco Alcisa detto Cicciolo
“L’amor t’ha d’ella
svelato il fascino?”
“Sì, e dal fondo del cor
sal a me
la certezza d’esser
cotto
e, pur se l’amata ha la
pancetta,
della passion fino all’ultima goccia berrò la
coppa”.
FINI
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