Il sito di Gilberto
Con la ripubblicazione di questo articolo di Laura Lilli, uscito su “la Repubblica” del 25 gennaio 1985 che raccoglie la testimonianza della figlia di Wilhelm Reich sulla figura di suo padre, direi che prende ufficialmente il via il sito di Gilberto Briani, lo psicoterapeuta a cui devo molto del mio percorso fatto, direi della mia capacità di essere quello che sono e di vivermelo al meglio possibile. Perciò gli ho dato una mano a metterlo su e invito i miei lettori a darci di tanto un’occhiata per scoprire quello che ha da dire ed insegnare. È inoltre un punto di riferimento di gran qualità per chiunque abbia problemi con se stesso da affrontare.
NEL NOME DEL PADRE
ROMA – “Mio padre era una persona molto vivace, un gran lavoratore. Si alzava alle quattro e scriveva per quattro ore. Odiava le domeniche perchè non si lavorava, anche se ogni anno si prendeva un paio di settimane di vacanza. Era bene organizzato, benchè fosse costretto a vagare da paese a paese. Era un vero pensatore: ogni cosa doveva pensarla cominciando da zero e andando fino in fondo. Però poteva anche essere molto divertente. Suonava l’ armonica, sapeva ballare, gli piaceva mettersi lo smoking per Natale o Capodanno.
Era un uomo completo: dipingeva, scriveva poesie, sapeva sparare (aveva sparato, nella guerra ‘15-’18, sul fronte italiano, naturalmente dalla parte austriaca). Quando si trovava in Europa, era molto socievole. Più tardi, negli Stati Uniti, restò isolato. Ma non era mai noioso, mai ripetitivo”.
Eva Reich, sessant’ anni, figlia di Wilhelm Reich, si arresta un momento. Appare ansiosa di comunicare e ristabilire “la verità” sul padre. E’ una verità, come sappiamo, molto discussa. Un figlio – specie quando si è totalmente identificato col padre, così come ha fatto lei – non è sempre il testimonio più obiettivo e distaccato. E’ però in ogni caso un testimonio molto “vicino”, e vale dunque la pena di prestargli attenzione.
Eva Reich mi fissa al di là del tavolo bianco a cui siamo sedute, nella casa di Raffaele Cascone, un suo allievo che l’ha invitata a tenere un seminario. E’ laureata in medicina (“mi definisco un medico eretico perchè sono l’ unico medico di campagna, o di famiglia, che applica le scoperte di Wilhelm Reich”) ed esercita negli Stati Uniti, nel Maine, a Hancock, poco lontano dal paese di Rangeley in cui suo padre, nel ‘ 42, comprò un terreno per installarci il suo progetto di ricerca sul famigerato “Orgone”, la macchina accumulatrice di energia. Eva Reich aggiunge: “Sono dieci anni che viaggio per diffondere il pensiero di mio padre, per lanciare semi nel mondo. Sono stata in ventiquattro paesi, dal Giappone all’ Honduras. E’ la seconda volta che vengo in Italia. Per me, l’applicazione del pensiero di mio padre è la molla di quello che faccio nella vita. Non ho ricevuto l’ addestramento formale che egli dava ai suoi studenti, ma ho imparato per osmosi. Sono stata la sua assistente, la sua apprendista, l’ ho raggiunto nel ‘ 51 quando andò in Arizona, gli sono stata vicino a Washington, durante il processo. Lei saprà che mio padre è morto in prigione”.
E’ vero. Wilhelm Reich, uno dei “padri nobili” di quella che frettolosamente si suol chiamare psicoanalisi (nel suo caso si dovrebbe dire “analisi caratteriale”), morì, famoso e discusso, nel ‘ 57, in una prigione della Pennsylvania, a Lewisburg. Era nato nel 1897 in Austria e, precocissimo, era stato uno degli allievi prediletti di Freud.
“Un nipote più che un figlio”, dice Eva Reich. “Lui era già seconda generazione rispetto agli Jung, Adler, Rank. Amò e ammirò sempre Freud come suo maestro: ma Freud era pur sempre uno psicoanalista borghese, e Reich a un certo punto capì che doveva andarsene per la sua strada”. Il suo pensiero, com’ è noto, si muove tra Freud e Marx (fra il ‘ 31 e il ‘ 32 milita nel partito comunista tedesco), per approdare a quella “rivoluzione sessuale” che sarebbe poi stata riscoperta dal movimento studentesco del ‘ 68.
“Ma gli studenti furono parziali”, dice Eva Reich; “videro solo la rivoluzione sessuale, mentre in Reich c’ è molto di più, c’ è l’ orgonoterapia, c’ è la scoperta dell’ energia cosmica, c’ è la messa in luce della “personalità autoritaria”: non c’ è, invece, l’ anarchia e il “facciamo ognuno quel che ci pare”. Gli studenti hanno messo troppa aspettativa e troppa emotività in questa riscoperta”.
Già famoso nel ‘ 33 (la sua Funzione dell’ orgasmo è del ‘ 27, Materialismo dialettico e psicoanalisi risale a qualche anno dopo), con l’ avvento del nazismo Reich è costretto a emigrare. Va prima in Norvegia (qui scrive la Psicologia di massa del fascismo) e poi, nel ‘ 39, negli Stati Uniti. Fonda l’ “Orgone Institute” nel Maine; si proponeva di curare le malattie fisiche sfruttando la natura bioelettrica dei fenomeni sessuali. “Faceva qualche corso estivo, ma soprattutto molta ricerca nel suo osservatorio. Purtroppo nel ‘ 51 fece un esperimento bioelettrico con le radiazioni e non potè più ripeterlo era stato contanimato. Diresse, sempre nel Maine, il Bollettino dell’energia orgonica (che oggi è l’ unica cosa di lui non pubblicata, ed è anche quella più densa di scoperte); qui costruì il suo Orgone; e insomma aveva grandi progetti. Tra le altre cose, voleva costruire un ospedale; faceva sforzi terribili per autofinanziarsi. Mi dispiace moltissimo che abbia speso tanto tempo per fabbricare l’edificio numero tre dell’ Istituto, invece di scrivere il terzo volume sulle sue scoperte. Oggi, lì a Rangeley, c’ è il Wilhelm Reich Museum: è aperto tre giorni alla settimana in luglio e agosto. Comunque, lui andava forte quando lo attaccarono. E lo attaccarono proprio per questo”.
“Chi fu ad attaccarlo?” “Fu una congiura. Si dovrebbe chiamare il Watergate cosmico, perchè mio padre aveva scoperto l’ energia cosmica. Una cosa sporca, sì, sporchissima, e io mi sento molto a quando penso che l’ America ha questa colpa”. “Ma chi fu a congiurare?” chiedo, un po’ a disagio a mia volta, per il tono apocalittico che la conversazione sta assumendo. “La Food and Drug Administration ìil Ministero della Sanità, ndrè insieme agli industriali farmaceutici. Lo attaccarono per l’ Orgone. Temevano la concorrenza. Del resto è tutto documentato. Ci sono i microfilm: ce ne sono anche qui in Italia, e sono la mia piccola donazione al mondo. Avvennero cose indecenti”. Vale a dire?”. Ormai voglio ascoltare fino in fondo. “Gli inviarono un mandato di comparizione per contestargli l’ efficienza delle sue “macchine”. Lui non si presentò in giudizio e lo condannarono per disprezzo della Corte. Poi ci fu una seconda condanna”. Per quale motivo? “Quella volta non aveva fatto proprio niente. Non doveva fare attraversare i confini dello Stato agli accumulatori di energia: e non l’ aveva fatto. Ero lì quella mattina, me lo ricordo. Non era stato lui. Fu un suo allievo, il dottor Michael Silvert, a spedire un autocarro carico di accumulatori dal Maine a New York. Mio padre lo disse, sostenne che era una cospirazione, volle difendersi da solo, rifiutò gli avvocati… oh, per l’ America questo è uno scheletro nell’ armadio. Lo incarcerarono e lui scelse la morte, si lasciò morire”.
“Suo padre credeva in Dio?”. “Dalla prigione inviò delle preghiere al figlio Peter. E ci sono due libri, Etere, Dio e Demonio e L’ assassinio di Cristo… sì, era religioso ma non credeva in nessun dogma o chiesa. La sua era una teologia del corpo”. “Tra gli interlocutori di suo padre ci fu anche Einstein…” “Sì, lo ascoltò a lungo, ma poi gli voltò le spalle. Mio padre rimase molto male. E più tardi mio marito William Moise, che con me era stato suo assistente, propose all’ aviazione degli Stati Uniti un motore che camminava a energia atmosferica inventato da Reich, col quale avrebbero risolto il problema non solo del carburante, ma della forza di gravità. Lo rifiutarono. Ora da quelle equazioni – che convertivano l’energia atmosferica nei movimenti del pendolo – hanno fatto scomparire il fattore massa. Anche questa è una cosa sporca”.
Lei non è in grado di ricostruirle?” “Io non sono una scienziata. Mi definisco una riformatrice sociale. Faccio il mio lavoro di medico, soprattutto con le donne partorienti e con i neonati, alleviando il loro dolore e il trauma della nascita che altrimenti i bambini si porterebbero dietro tutta la vita in una specie di corazza fisica e psicologica. Ma non lavoro solo con loro: sono un medico di famiglia. Un esempio? Una vecchia di 76 anni venne da me con un battito di cuore irregolare. Dopo alcuni tests, stabilii che era ipertiroidismo. Ma perchè ce l’aveva? Facendola parlare, scoprii che dei suoi quattro figli, tre erano morti nella seconda guerra mondiale: e lei non aveva pianto abbastanza perchè piangere era antipatriottico. Lei poi era una donna del New England, molto chiusa. La feci piangere, ma era tardi. Con altri però non lo è. Io gli tiro fuori le emozioni che hanno inghiottito. E insisto, insisto: se mi sforzo, della Nuova Verità resterà pure qualche seme…”
LAURA LILLI