Un libro per i miei lettori
Diversi anni fa ho sottoposto al giudizio di persone che stimo ed apprezzo, le quali mi vogliono bene ma sono più propense a criticarmi che a molcirmi, alcune delle interviste che, nel corso della mia carriera giornalistica – iniziata, dopo qualche piccolo esperimento giovanile, nel 1978, quando entrai nella redazione de l’Unità –, ho avuto l’opportunità di fare a personaggi del mondo della scienza e della cultura e che, in maniera artigianale ma non priva di mestiere, già nel 1998, avevo raccolto in un volumetto dalla copertina blu ad uso mio e degli amici, intitolato Appropriazione indebita.
Ebbene quelle persone insistettero perché io pubblicassi quella raccolta, non tanto e non solo per soddisfare il mio legittimo piacere di vederle confezionate in un libro, esposte sullo scaffale di una libreria, magari recensite su un giornale o discusse nel corso di un incontro pubblico, quanto, invece, per non privare un certo numero di persone desiderose di conoscere, sapere, riflettere, di uno strumento che, a loro giudizio, forniva proprio questo: pensiero, idee, suggerimenti e suggestioni.
Però, proprio nel corso dei piccoli esperimenti giornalistici giovanili, ed in particolare nella direzione di un periodico degli universitari comunisti fiorentini, la cui testata era Concentramentorenove – la compressione in un’unica parola della scritta che compariva sui volantini con cui si convocavano gli studenti alle manifestazioni, dando loro appuntamento a quell’ora, generalmente in piazza San Marco – avevo pubblicato l’articolo di un autore la cui identità era celata sotto un’inesistente sigla, F.F., in realtà scritto da mio padre che in quegli anni era probabilmente proprio all’apice della sua carriera nel mondo delle case editrici.
In quel generoso e polemico elzeviro, intitolato Editoria: se ci sei batti un colpo, mio padre scriveva:
«Laddove invece a vecchie scelte culturalmente valide nel campo sociologico, educativo, politico, si sono sostituite mode culturali, libretti che morivano nello spazio di una settimana, assemblaggi di articoletti di giornali, che il fatto di essere racchiusi in una copertina a quattro colori non dava loro dignità di libro, li alla crisi delle idee è subentrata subito la crisi delle strutture e dei mezzi economici».
Proprio quella frase – assemblaggi di articoletti di giornali, che il fatto di essere racchiusi in una copertina a quattro colori non dava loro dignità di libro – deve avermi a lungo dissuaso dal dare peso e considerazione a quella mia raccolta, a schermirmi dinanzi agli apprezzamenti ricevuti per quel tentativo di mettere insieme, secondo una suddivisione che tradisse una logica diversa da quella cronologica, e mi ha trattenuto da quell’insopportabile vano rituale di presentarsi alle porte di un editore, sottoporgli un testo e, per lo più, nemmen ricevere un rifiuto, più che altro una mancata risposta, un intollerabile e maleducato silenzio.
Nemmeno alle lusinghe di una cara amica travolta dalle mille cose che ha da fare e da un approccio vagamente autistico alla realtà del mondo – scherzosamente ci diciamo che lei vive tra i Puffi – la quale si era proposta di darsi da fare per dar corpo a quel progetto, ho ceduto, lasciando, insieme ad altri sei o sette libri per me pronti per la stampa, che Appropriazione indebita giacesse in un cassetto della scrivania che in realtà per me è un ripiano della libreria.
Stufo di aggiungere al – per quanto piacevole – difficile e faticoso mestiere di scrivere, anche quello di promotore dei propri scritti, di puttana che pietisce l’offerta delle proprie grazie, di commesso viaggiatore pronto ad aprire la valigetta che contiene quanto, buono o cattivo che sia, solo sa fare, mi risolvo a riversare qui, in questo spazio che è mio e, non appena schiaccio un certo bottone, a disposizione di chi ha voglia di leggere, apprezzare o schifarsi, giudicare se del caso, proprio quella raccolta di interviste – chissà! quell’assemblaggio di articoletti di giornali, che il fatto di essere racchiusi in una copertina a quattro colori non da loro dignità di libro – il quale, secondo qualcuno, contiene qualcosa di interessante soprattutto se letta come fosse la ricucitura di più discorsi interrotti.
Mi corroborano in questa decisione due fatti. Il primo è la mirabile pubblicazione – per iniziativa di Carlo Ricchini e Sergio Sergi, stimatissimi ex colleghi di un giornale che ebbe rispettabilità, autorevolezza ed anche una certa dose di gloria, ed ora è immiserito fino al ridicolo – di un certo numero di interviste fatte da un caro amico che, a mio giudizio, è stato anche uno dei migliori giornalisti che io abbia mai conosciuto, al cui modo di lavorare, scegliere gli argomenti da trattare, le persone da ascoltare, la forma in cui scrivere, ho, consapevole dei miei limiti, cercato di ispirarmi, seguirne le orme, addirittura plagiarlo.
Il libro si intitola Non li abbiamo ascoltati. Peggio per noi, lo ha pubblicato Ediesse e contiene le testimonianza di personalità davvero di spicco della cultura italiana. L’autore è Eugenio Manca, della cui assenza sento un grave peso. Più dettagliati particolari su di lui e sul libro postumo che è stato pubblicato possono essere letti qui nei miei articoli Ascoltiamolo, è meglio per noi, Interviste impossibili e Eugenio, l’amico non scaduto.
Il secondo è l’entusiastico interesse che nell’inverno scorso ho trovato nei ragazzi di una scuola media di un paesino brianzolo, ai quali, nell’ambito di un corso di giornalismo meritoriamente e con gran capacità organizzato da Liana Zorzi, ho fatto una lezione proprio su cos’è, come si fa, come non si dovrebbe fare un’intervista, lezione della quale si trova testimonianza nel post I reporter di Inveruno e nel filmato su YouTube Con i ragazzi di Inveruno.
Di quest’ultima esperienza, mi riprometto, anzi, di dare maggior conto in un prossimo articolo. Ma per tornare ad Appropriazione indebita, a partire da domani riverserò qui, senza prezzo sulla quarta di copertina, ovvero sia tax free, i testi che compongono il volume, così come ho fatto, all’esordio di questo blog, mettendo in rete il mio La politica ritrovata. Se poi un editore, in uno scatto di genio, dovesse rendersi conto che disporre di tutto quel materiale in un unico oggetto fatto di carta, sarebbe operazione che avrebbe un suo pubblico e quanto meno il rientro del capitale investito, io sono qui, l’indirizzo è noto.
Questo con tutto l’affetto che provo per i miei lettori, abbiano comprato o meno i libri che ho pubblicato. Buona lettura.
Tags: Carlo Ricchini, Eugenio Manca, Liana Zorzi, Orazio Pugliese, Sergio Sergi