AI 3.4. Eva Buiatti: Le smagliature della morte
Appropriazione indebita
III. La nebulosa più prossima
3.4. Eva Buiatti: Le smagliature della morte
Per la maggioranza è solo un fastidioso obolo alla burocrazia. Tanto più detestabile perché accompagna il dolore del lutto. Ma il «certificato di decesso» per qualcuno è una fonte inesauribile di dati e notizie che possono dirci molto sui vivi più che sui morti.
Eva Buiatti, epidemiologa al Centro studi prevenzione oncologica di Firenze, l’unica struttura pubblica italiana che opera in questo settore, è uno degli oltre 300 medici che hanno partecipato al convegno nazionale sugli studi di mortalità che si è recentemente tenuto nel capoluogo toscano. Giunto alla quarta edizione, il convegno ha triplicato, in pochi anni, le presenze. «Segno – dice la dottoressa Buiatti – di un interesse crescente in Italia per la statistica».
Ma il dato di mortalità che informazioni può dare?
Contiene notizie sull’età e il sesso dei componenti di una popolazione e di loro ci dice quali sono state le cause del decesso. Ma da un punto di vista della ricerca questo dato ha una caratteristica molto importante: che è diffusamente disponibile. Il dato di mortalità esiste per molti paesi del mondo. In Italia viene raccolto con «regolarità» dalla fine del secolo scorso. E ha una qualità particolare: che può essere disaggregato per territori sempre più piccoli. Il che permette di avere un quadro sullo stato di salute della popolazione.
Un quadro per negazione. Ci dice quanti morti ci sono stati, non quante persone sono sopravvissute.
In un certo senso è vero. Ma il dato di mortalità non dice solo che una persona è morta, ma anche di che cosa è morta. Il medico che compila il certificato di decesso deve riempire tre caselle sulla causa di morte: causa iniziale, intermedia e terminale. La causa terminale è quasi sempre la stessa: arresto cardiaco. Ma le altre due caselle dicono di più: che il malato, per esempio, aveva una cirrosi epatica (causa iniziale) e che c’è stata una rottura delle varici dell’esofago (causa intermedia). Questo è un dato importante. Può darsi che in quella zona le morti per cirrosi epatica sono molte e questo ci dice dove si può intervenire per limitare la diffusione della malattia. Certo, il dato in sé non ci dice nulla sul perché quella persona si è ammalata, né sul perché è morto di quella malattia. Ma a questo punto interviene l’epidemiologia. Ma ci sono dei casi in cui il dato può essere ancora più prezioso.
Quali?
Si tratta di quei casi che noi chiamiamo «eventi sentinella in mortalità». Per esempio una morte per poliomielite. È una cosa rarissima, che si conta davvero sulle punte delle dita. Se avviene però testimonia che c’è stata una smagliatura nel sistema di vaccinazione, che c’è stato un buco, un errore. Facciamo un altro esempio: la calcolosi biliare. È una malattia che non è rilevante nelle statistiche di mortalità, ma i morti per calcolosi biliare esistono. Ecco, quel dato ci dice che delle persone sono morte per una causa per cui non si dovrebbe morire. Ci dice che quelle morti erano evitabili, che c’è stata una sfaldatura nell’organizzazione sanitaria. Allora si può intervenire per tappare quella falla. Per fare questo, però, è indispensabile poter scorporare i dati di mortalità in aree sempre più ristrette.
E questo è possibile?
Sì, perché dal 1984 una copia del certificato di decesso va alle Usl. Se a livello di Usl c’è qualcuno che opera su questi dati è possibile allora intervenire sull’organizzazione sanitaria. Il discorso vale anche a livello centrale: è fondamentale che i dati di mortalità siano una delle principali notizie su cui viene redatta periodicamente la relazione sullo stato di salute degli italiani.
E i dati di mortalità che cosa dicono sullo stato di salute degli italiani?
Come cifre grosse, cose già note: che la prima causa di morte sono le malattie cardiovascolari e la seconda i tumori, specialmente il cancro dei polmoni nei maschi in età giovane che sta costantemente aumentando. Siamo ai primi posti, in Europa, in questa drammatica classifica. E quello che è preoccupante è l’aumento anche fra le donne. Sul banco degli imputati, naturalmente, ci sono le sigarette.
E quali altre malattie sono in aumento?
Le cirrosi epatiche. Ma è significativo che abbiano un andamento diverso nel Sud e nel Nord del paese. Nel meridione, infatti, sono in buona parte attribuibili alle epatiti virali, al Nord all’alcool. E c’è anche un altro dato significativo: che se in generale la «speranza di vita» è maggiore nei luoghi ad alto reddito, in Italia è maggiore nel Sud, dove il tenore di vita è invece più basso. Ma degli studi più approfonditi su queste materie si potrebbero fare incrociando i censimenti dell’Istat con i dati di mortalità che mettano in relazione le cause di morte con le classi sociali. Qualche studio in questa direzione è stato fatto. Ce n’è uno, per esempio a Torino, sulla «supermortalità dei disoccupati».
Ma i certificati di decesso sono veramente attendibili?
C’è chi ha criticato quel dato, dicendo che è scarso. In parte è vero, ma è attendibile. Un quadro di informazioni più ampio lo si potrebbe avere con le schede sanitarie personali, ma sono documenti che per la loro complessità non hanno mai dato molti frutti.
[«Quando parlano gli «eventi sentinella»], 4 dicembre 1988
Eva Buiatti (Firenze 1944 – Firenze 2009) è stata un medico e ricercatrice italiana, specializzata nel campo della epidemiologia ed impegnata negli studi per la prevenzione oncologica e la tutela della salute negli ambienti di lavoro. Dal 1981 al 1997 ha guidato l’Unità operativa di epidemiologia del Centro per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze. È stata inoltre, sempre nel campo della epidemiologia e della sanità pubblica, consulente della Regione Emilia Romagna. Nel 1998, insieme a una commissione di esperti oncologi, si occupò di analizzare le cartelle cliniche relative alla controversa terapia denominata metodo Di Bella. Dal 2000 al 2009 ha lavorato per l’Agenzia regionale di sanità della Toscana. Membro di numerose associazioni scientifiche è stata autrice di numerose pubblicazioni.
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