AI 3.1. Adolf Grunbäum: Inconscio, falsificabile

Adolf Grunbäum

Appropriazione indebita

III. La nebulosa più prossima

3.1. Adolf Grunbäum:
Inconscio, falsificabile

Non è il primo ad essersi cimentato in questa titanica, e un po’ donchisciottesca, impresa: demolire la psicoanalisi come fosse un castello di carte da gioco. Ma l’approccio di Adolf Grunbäum alla teoria freudiana è senz’altro serio e, comunque, motivato più da un interesse epistemologico, di critica cioè dei presupposti scientifici, che dal livore verso la terapia dietro cui spesso si nasconde solo l’inconscio timore dell’inconscio. Altra cosa è che alla fine del suo ragionamento finisca per liquidare, con la teoria di Freud, anche il lettino e la prassi psicoanalitica.

Tedesco di origine, docente di filosofia e «research professor» di psichiatria all’Università di Pittsburgh in America, Grunbäum, ha raccolto in un volume pubblicato da Armando Editore una sintesi della sua critica alla psicoanalisi e delle obiezioni dei suoi detrattori (Psicoanalisi. Obiezioni e risposte) e in autunno manderà in stampa, presso il Saggiatore, l’edizione integrale del suo Foundations of Psychoanalysis. È stato nei giorni scorsi all’Università di Firenze, dove ha tenuto una lezione. Lo abbiamo intervistato con la collaborazione del professor Sandro Pagnini, direttore del «Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza» che ha organizzato la conferenza.

Professor Grunbäum, lei ha cominciato occupandosi di storia della fisica ed è approdato alla storia della psicoanalisi. Il filo conduttore è evidente, la filosofia della scienza, ma che cammino ha fatto esattamente?

La maggior parte dei miei lavori negli ultimi dieci anni riguarda la psicoanalisi, anche se ho proseguito con alcuni lavori sulla filosofia della fisica, ed in particolare sulle discussioni relative alle origini dell’universo, tant’è che prima di venire in Italia ho tenuto delle conferenze a Mosca, una delle quali dedicata alla critica delle interpretazioni religiose del big bang. Alla psicoanalisi sono giunto occupandomi di Karl Popper. Ho sottoposto a critica la sua filosofia della scienza ed in particolare quella parte in cui afferma che la teoria psicoanalitica è una pseudoscienza non perché sia falsa, ma perché non può neppure essere verificata con l’osservazione. Popper sosteneva che la psicoanalisi non è falsificabile, cioè non è obiettabile da un’osservazione qualsiasi. Ma è davvero cosi? Ho avuto il dubbio che avesse ragione, ma rileggendo l’opera di Popper mi sono reso conto che in tutto quello che ha pubblicato fino al 1983, non ha mai portato nessun esempio concreto preso dalla psicoanalisi. Non c’è nessun dettaglio, non c’è precisione, solo cose molto generiche, non si fa riferimento a nessun testo di Freud per documentare la critica. Ma c’è una cosa soprattutto che mi è suonata come un campanello d’allarme.

Quale?

Che Popper non ha mai dato nessuna spiegazione del perché Freud, via via che andava avanti, ha cambiato opinione su alcune cose. Si può cambiare opinione anche per dei motivi sciocchi, ma se una persona come Freud cambia opinione c’è da credere che ci fosse davvero nelle sue idee precedenti qualcosa che non gli tornava più. Ed è quello che lui stesso ha detto. Per esempio, fino al 1897 è stato convinto che la causa dell’isteria fosse nella seduzione infantile. Ma ha abbandonato quella ipotesi osservando le statistiche sui casi di isteria: ci sarebbe voluto un numero astronomico di abusi sessuali per spiegare tutta quella quantità di casi di isteria. Per questo pensai che ci doveva essere qualcosa di sbagliato nella teoria di Popper secondo cui la psicoanalisi è completamente non falsificabile.

Secondo lei, dunque, la teoria psicoanalitica è falsificabile e, quindi è una teoria scientifica.

È quello che ho concluso leggendo una quantità sovrumana di libri sulla psicoanalisi: la teoria psicoanalitica è verificabile, non può essere totalmente non falsificabile. La domanda a quel punto era un’altra: quali sono i fattori reali a favore o contro la psicoanalisi? E allora sono andato a studiarmi i supporti clinici e psicologici che gli analisti mettono al servizio di ciò in cui credono.

E che cosa ha scoperto?

Che le loro prove sono molto deboli, molto povere. È per questo che ho deciso di scrivere i miei Foundations. Per spiegare principalmente tre cose. Innanzitutto la visione non corretta che Popper aveva della psicoanalisi. Poi la debolezza delle prove che supportano la teoria psicoanalitica.

E il terzo punto?

Il terzo punto è molto importante per quel che riguarda l’uso del metodo scientifico nello studio dei comportamenti umani. È la critica di quel movimento ermeneutico che fraintende completamente che cos’è davvero la scienza naturale. La maggior parte dei filosofi di questo movimento sono totalmente ignoranti nel campo delle scienze naturali. Basta leggere Habermas: non ce la farebbe a sostenere un esame di fisica naturale. E Gadamer! Non conoscono la materia, hanno un’idea infantile, primitiva e sbagliata di quello che succede nelle scienze naturali. E quando si mettono a parlare di psicoanalisi dicono che non è come le scienze naturali. Ma se non sanno che cosa sono le scienze naturali! Certo, la psicoanalisi non è come la loro idea primitiva delle scienze naturali. Il movimento ermeneutico è solo una nuova versione della vecchia «Geistenwissenshaft» tedesca, di quello spiritualismo del secolo scorso secondo cui le leggi dell’uomo sono completamente diverse da quelle della fisica naturale, anche della biologia.

E la sua critica agli ermeneutici in materia di psicoanalisi in cosa consiste?

Nel fatto che hanno cercato di argomentare che il modo per dare delle prove alla psicoanalisi è completamente diverso da quello che serve per la teoria del big-bang, degli atomi o del cancro. Che hanno una visione completamente folle di come una teoria scientifica sia sostenuta o confutata da delle prove.

Non ho capito se lei è critico sui presupposti scientifici della teoria psicoanalitica o se butterebbe via anche la psicoanalisi come terapia.

La mia critica alla psicoanalisi consiste sostanzialmente di due parti. La prima è che il metodo usato dagli psicoanalisti non prova niente di alcuni aspetti del comportamento umano, come i sogni, la paranoia, il lapsus. Ti invitano a dire quello che ti viene in mente, per esempio subito dopo un lapsus. Dicono allora che le idee inconsce che affiorano nel conscio con il metodo delle libere associazioni sono la causa del lapsus. Ma per me non ci sono buone ragioni per crederlo. Non ci sono le ragioni per stabilire in questo modo le cause di un lapsus. Non dico che sia falso quello che dicono, ma è completamente privo di prove. E questo vale per ciascuna delle principali teorie di Freud. Io credo che esistano altri metodi che costano meno, sono più brevi e meno dolorosi.

E la seconda parte della sua critica in cosa consiste?

Anche una teoria sbagliata può dare risultati positivi nella terapia, non ha bisogno di essere vera per funzionare come terapia. Chi crede in dio può trovarvi la forza per andare avanti e questo non succede a un ateo. Però ci sono delle contraddizioni: sono proprio gli psicoanalisti a dire che non avrai successo se ti accontenterai di dire al paziente una cosa in cui può credere ma senza tirargli fuori le vere cause della sofferenza. Ma è proprio la loro teoria che non ha dimostrato di aver scoperto le vere cause dei fenomeni, perché non sono stati fatti test soddisfacenti sulla teoria. Per questo non si può dire se la teoria va corretta in un modo o in un altro. Questo tuttavia non è importante da un punto di vista della terapia, perché l’importante è che il paziente abbia una cornice di idee che gli permetta di collaborare con lo psicoanalista nel riorganizzare la propria vita con qualcosa di razionale e credibile.

Un’ultima questione, professor Grunbäum. Dalla filosofia della fisica agli studi sulle scienze umane: lei ritiene che ci sia una unità della scienza?

Certo, ma dire che esiste un’unità della scienza non significa che tutti i campi di investigazione usino esattamente gli stessi metodi degli altri. Questo non avviene neppure nella stessa fisica dove si usano, a seconda delle sue parti, strumenti diversi: il telescopio nell’astronomia, il microscopio nella biologia e quello elettronico nello studio degli atomi. Se questo è chiaro allora si può dire che esiste una unità della scienza, nel senso che il metodo della prova va usato, perché è il metodo di verifica delle ipotesi, appunto sulla base delle prove. Certo è che le prove sono diverse a seconda delle singole discipline. Ma sono un criterio a cui non ci si può sottrarre.

[L’errore del dottor Freud], 15 luglio 1988

Adolf Grünbaum (Colonia 1923) è un filosofo della scienza tedesco. Ha studiato fisica e filosofia alla Wesleyan University (Middletown, Connecticut), ha insegnato alla Lehigh University di Bethlehem e in seguito è stato professore prima di filosofia e poi di storia e filosofia della scienza all’Università di Pittsburgh fino al 2003. Severo critico della psicoanalisi, per i suoi studi ha ricevuto il Lakatos Award. È membro dell’American Academy of Arts and Sciences.

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