AI 2.14. Remo Bodei: Geniali sensazioni
Appropriazione indebita
II. La stirpe di Prometeo
2.14. Remo Bodei: Geniali sensazioni
All’Albertina Museum di Vienna c’è un disegno di Rembrandt che raffigura un filosofo. Col dovuto rispetto a Rembrandt, sembra Mago Merlino assorto nei suoi pensieri a metà strada fra la terra e le stelle. Se Remo Bodei ha visto quel quadro non sapremmo dire, ma certo a dedurre dall’intervento che ha fatto qualche giorno fa al Gabinetto Vieusseux di Firenze, il suo ideale di filosofo sembra molto lontano da quell’uomo assorto. Il tema della relazione era «Finestre sul mondo: la conoscenza dei sensi». Un invito ad una vita piena, fatta sì di pensieri e parole, ma anche di piccoli fondamentali godimenti, senza i quali difficilmente si possiede il mondo in tutta la sua pienezza.
Se il filosofo ha finito per atrofizzare l’olfatto, il gusto e il tatto, o a relegarli in un cantuccio della propria vita, la colpa è di chi ha negato a questi sensi la capacità di conoscere. E invece, ha fatto capire Bodei, con il naso, la lingua e i polpastrelli si possono scoprire cose meravigliose che né le formule matematiche, né le provette dei laboratori, né infiniti tomi conditi di note e richiami possono disvelare.
I termini del ragionamento di Bodei sono le scienze esatte da un lato, l’arte dall’altro, e fra le due la filosofia. Le prime si sono col tempo arrogate il diritto di saper rappresentare il reale, di permettere all’uomo di conoscere. Ma la scienza, ha detto Bodei toccando il capitolo della pittura, «normalizza l’immagine. L’arte invece la stravolge».
Ha ricordato le macchie di colore nei quadri di Pellizza da Volpedo o di Segantini, la scomposizione dei colori che ha caratterizzato tanta pittura. E che ha finito per intensificare i colori al punto tale che le mele di Cezanne non sono meno vere di quelle reali, sono solo un altro approccio alla realtà. «L’azzurro di Poussin o il giallo di Vermeer – ha detto Bodei – sono vortici dove la percezione fa uno squarcio nel quadro e ci porta in mondi diversi».
Quei colori «sono finestre di senso, e non solo del senso occhio. Da esse viene fuori una risonanza interiore». E non è solo la constatazione del bello. È anche un conoscere. «Ci fanno entrare in mondi diversi dalla banalità dell’ovvio, dalla banalità di un io che non ha né porte né finestre».
Sulla stessa lunghezza d’onda dell’arte è la filosofia, che è «un far cenno, non è dire ma non è neanche nascondere».
Quella lunghezza d’onda offre «la possibilità di un conoscere che non sia fissativo, di mettere in disordine l’ordine, per ordini nuovi da mettere in disordine».
«Arte e filosofia – ha aggiunto Bodei – possono indicare un tipo di conoscenza come transito tra percorsi in cui ci si può perdere, ma in cui si arriva». Lungo la strada, ha precisato, si trova l’ovvio, che è qualcosa “di facile accessibilità”; di più, «è una sorta di compromesso tra una richiesta esorbitante di senso e la disperazione di non trovare un senso».
Ma il conoscere è proprio «spezzare i vincoli percettivi poveri», è vincere la «paura di andare oltre la border-line», anzi è «rendere indistinta la linea di confine tra illusione e realtà, tra verità e falsità». Anziché ob-vio è ab-via, transito e non per piacere trasgressivo.
Ma chi è stato a negare ai sensi questo loro ruolo di finestre sul mondo? Bodei risponde Pitagora «che ha creato una separazione tra un sapere scientifico ed uno a statuto più debole, che ha instaurato la cesura tra visibile e udibile e ciò che è escluso perché non ha forma geometrica».
Pitagora prima, Cartesio poi. È lui che ha tracciato la demarcazione tra forme di illusione – il sogno, la follia, l’inganno – e forme metodiche di conoscenza che «a partire da un piccolo punto sviluppano cattedrali di sapere». A quel punto ha vinto la scienza. Arte e filosofia hanno perso e con loro si è indebolita la capacità di conoscere dei sensi.
«Per poter mantenere uno statuto di accettabilità – ha aggiunto Bodei – la filosofia ha dovuto rincorrere le scienze vincenti, dimenticando di essere qualcosa che sta tra il sapere scientifico da un lato, l’arte e la religione dall’altro».
Kant ha dato il colpo di grazia. Sosteneva l’esistenza di soli cinque sensi, privilegiando la vista e l’udito, «sensi pubblici che hanno una grande specificità, perché la vista ha il maggior raggio d’azione e l’udito è alla base dell’intersoggettività».
Kant, ha spiegato Bodei, sosteneva che il tatto presuppone il contatto («con i polpastrelli, non con l’io-pelle») e anche il gusto presuppone il contatto. L’olfatto invece è strano, è «l’anticipazione del gusto», è effimero e ci trasmette per lo più cose sgradevoli, insomma è qualcosa di cui potremmo fare tranquillamente a meno. Ovvio, ha detto Bodei, ricordando gli odori della pestilenza raccontati nel Decamerone o ricostruiti da Huizinga nell’Autunno del Medioevo. Ci sono voluti i poeti della decadenza, Baudelaire, D’Annunzio, Huysmann per riscoprire l’odore.
Ma intanto la capacità dei sensi di far conoscere il mondo se ne era andata. «Solo l’arte – ha detto Bodei – si è fatta carico di riscattare, di redimere quei tipi di conoscenza dell’indistinto sensibile, immaginativo».
Dunque «arte e filosofia devono rivendicare un loro statuto conoscitivo», quel «provare e riprovare» di cui parlava Galileo. Senza atrofizzazioni dei sensi. Per poter avere un approccio pieno con la cosa. Di modo che questa, resti sempre un sogno.
[«Dall’ovvio al nuovo. Attraverso i sensi»], 23 aprile 1990
Remo Bodei (Cagliari 1938) è un filosofo italiano, laureatosi a Pisa per poi proseguire gli studi a Tubinga e Friburgo, seguendo le lezioni di Ernst Bloch ed Eugen Fink, e, quindi, a Heidelberg, con Karl Löwith e Dieter Henrich; infine all’Università di Bochum. Ha inoltre conseguito il diploma di perfezionamento della Scuola Normale Superiore. Ha insegnato nelle Università di Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, UCLA (Los Angeles), nonché alla Scuola Normale Superiore e all’Università di Pisa. Membro dell’Accademia dei Lincei, è autore di una gran quantità di saggi, acuni dei quali su temi di grande attualità come i sentimenti e la memoria.