AI 2.5. Giuliano Toraldo di Francia: Distinzioni apocalittiche
Appropriazione indebita
II. La stirpe di Prometeo
2.5. Giuliano Toraldo di Francia:
Distinzioni apocalittiche
Fin dalle sue origini, il pensiero apocalittico moderno, ha avuto come perno un atteggiamento di dura condanna verso la scienza: la tecnica, il dominio dell’uomo sulla natura, il mondo della calcolabilità per molti filosofi, scienziati e letterati di questo secolo sono stati i fenomeni più appariscenti di un’imminente fine del mondo. Il tema permane ancor oggi, nutrito dalle paure che abbiamo tutti. Ma l’equazione che mette in relazione scienza e catastrofe è davvero sensata? Ne parliamo con il fisico Giuliano Toraldo di Francia.
Professor Toraldo, sono tante le voci che si levano per annunciare un’imminente catastrofe. Spesso sono voci che vedono nella scienza la causa di tutti i mali del nostro tempo…
Sono accuse assolutamente insensate, perché responsabile e accusato può essere una persona, non un’idea astratta, un concetto. Accusare la scienza è una cosa che non ha nessun significato. La scienza ha fatto quello che i popoli le hanno chiesto: progresso tecnologico, la possibilità di vincere le malattie, di spostarsi, di comunicare. E l’hanno avuto. Ma adesso si lamentano perché l’hanno avuto. Accusare la scienza, che è un ente astratto, sarebbe come accusare la letteratura o che so io. Allora è l’uso che si fa della scienza che dev’essere messo sotto accusa. E possiamo consentire tutti sul fatto che molto spesso l’uso della scienza sia stato irragionevole. Ma è un’altra cosa.
Va bene, ma esiste un problema di parametri interni alla scienza, di quello cioè che la scienza vuol essere: io scienza uso un certo metodo, ho degli obiettivi e li perseguo; dinanzi a un problema nuovo, dunque, so anche «contenermi». È quello che è stato detto rispetto alla bomba atomica.
Sono cose che ormai hanno la barba. Si è già detto che si deve distinguere tra la scienza e l’ingegneria, tra la scienza e le scienze applicate. La scienza ha per unico scopo di conoscere il mondo e, scavando in questo senso, a un dato momento è andata a scoprire l’atomo, a scoprire il nucleo, a scoprire che il nucleo ha dentro di sé delle energie. Va bene? L’ingegneria, soprattutto l’ingegneria militare, ha avuto la deplorevole idea di servirsi di questa energia per ammazzare la gente. Che di questo si debba accusare la scienza mi sembra molto puerile. Il ’68 ormai è passato, dovremmo smetterla di accusare la scienza, perché non vuol dire niente. Io ho scritto recentemente un articolo in cui dicevo: «sapete di chi è la colpa se Gesù Cristo è stato crocifisso? del martello e dei chiodi». Ma vi pare poco idiota accusare un martello e dei chiodi? No, la colpa è di chi ha adoperato il martello e i chiodi, perché sono strumenti che possono essere usati per fare tante altre bellissime cose che, se non fossero state fatte, non avrebbero consentito all’umanità di giungere a quello stadio di civiltà che lo ha messo in grado di capire il messaggio evangelico. Ecco, ora tutto questo è stato detto e ridetto, ma la gente non ne vuol sapere e a me ne viene proprio un senso di insofferenza. Con questo non voglio dire che la bomba atomica sia stata una gran bella cosa. È stata una bruttissima cosa, ma il fatto che Caino abbia ucciso Abele servendosi di una falce, non è una buona ragione per non inventare la falce che può essere usata per falciare. Questo dovrebbe essere evidente: se l’uomo vuole ammazzare i suoi simili potrà sempre ammazzarli, ma la scienza che c’entra? Io non ignoro tutta questa polemica, in cui si vorrebbe dire, in fondo, che la scienza è responsabile di tutti i guai che noi abbiamo, di tutti quelli a cui andremo incontro. Abbiamo trovato un capro espiatorio. Ma le cose non stanno così, non stanno affatto così. Facciamo un’ipotesi per assurdo: se noi chiudessimo tutti i laboratori scientifici, il mondo non andrebbe meglio, per niente. Ecco, una volta capito questo, possiamo discutere.
Fra i teorici della catastrofe annunciata c’è anche il biologo Giorgio Morpurgo che recentemente ha rilasciato un’intervista all’«Unità» dove individua alcune cause di questo disastro a cui sta andando incontro l’umanità.
Io ho letto con interesse questa intervista a Morpurgo. Sono d’accordo con alcune cose e con altre no, perché ho l’impressione che dimentichi alcuni fattori: cominciamo con quello più cospicuo di cui parla, cioè questo sviluppo abnorme del cervello. Sono convinto anch’io che nell’uomo è avvenuta una di quelle mutazioni che si riscontrano in altri casi nella scala biologica, mutazioni che a un certo momento sembra che prendano la mano e diventino gigantesche e passino lo stadio in cui sono funzionali. Abbiamo tanti esempi: corna che diventano gigantesche e ostacolano l’individuo e non gli permettono di vivere; c’è l’esempio delle ammoniti che nel mesozoico sono diventate a un dato momento talmente grandi che, si pensa, abbiano raggiunto una dimensione non più funzionale alla loro vita. È molto probabile che nel cervello dell’uomo sia avvenuta una mutazione di questo tipo. Non è possibile non rimanere strabiliati da quello che in tempi relativamente brevi è riuscita a fare l’evoluzione nel cervello dell’uomo. Però quello che mi sembra non venga fuori dal pensiero di Morpurgo è che l’evoluzione del cervello rappresenta una mutazione che è drammatica come le altre, ma diversa dalle altre perché in un certo senso ha in sé i mezzi per correggere la propria esagerazione. In sostanza noi oggi andiamo incontro a gravissime difficoltà e a gravissimi mali ma ne siamo coscienti e in secondo luogo proprio il cervello, così sviluppato, ci dà una speranza di trovare i mezzi per combattere queste grosse difficoltà. Quindi Morpurgo stesso è l’esempio della differenza che c’è fra l’evoluzione del suo cervello e l’evoluzione delle dimensioni di un’ammonite: un’ammonite non ha mai saputo di essere gigantesca, non ha mai potuto prendere nessuna misura per combattere questo suo gigantismo e quindi la cosa è diversa. Vi è una grande fiducia nella possibilità che il cervello e la cultura umana possano intervenire per correggere alcuni dei mali ai quali andiamo incontro. Prendiamo per esempio la questione dell’arresto, ormai praticamente avvenuto, della selezione naturale: non c’è più la mortalità infantile o per lo meno si è ridotta in maniera drastica; tutti gli handicappati vengono aiutati a sopravvivere; c’è a volte addirittura una specie di accanimento terapeutico in questo senso. Quindi non c’è dubbio che da un punto di vista puramente darwiniano si dovrebbe pensare che la selezione naturale nell’uomo si sia arrestata e allora le mutazioni nocive si moltiplicheranno e continueranno a sussistere mentre la razza umana diventerà sempre meno adatta a vivere. Secondo me c’è un errore nel dire questo. Perché la razza umana diventa sempre meno adatta a vivere dove, in che ambiente? Ecco, l’ambiente che ci circonda, quello in cui noi viviamo è un ambiente artificiale, un ambiente che noi stessi ci facciamo. Oggi ormai di naturale non c’è quasi più nulla. E quindi è vero che per esempio noi avremo delle persone sempre meno adatte a resistere con i loro sistemi immunologici alle malattie infettive, ma è anche vero che abbiamo farmaci di tutte le specie, dagli antibiotici ai sulfamidici a tutto quello che si può immaginare per combattere le malattie infettive. Per cui sarà vero che gli uomini sono meno resistenti ad esse, però è anche vero che di fatto resistono di più ad esse come lo dimostra l’enorme allungamento della vita media umana. Se l’uomo è meno resistente di una volta al freddo, abbiamo però il riscaldamento. Questo c’è, è inutile negarlo.
Del resto, se oggi l’uomo sa difendersi male oggi da alcune malattie è anche vero che quello di ieri si sarebbe sognato di difendersi dalla nostra vita di oggi. Se lo immagina un uomo del Settecento che dovesse stare per varie ore al giorno davanti ad un computer o correre come facciamo noi nelle nostre metropoli?
Sì, questo è vero e mi fa venire in mente un’altra cosa che io contesterei a Morpurgo, il quale dice in sostanza che l’umanità con queste mutazioni che non vengono eliminate si sta indebolendo, è meno adatta. Ma io non ne sono mica sicuro. Basta guardare le prestazioni sportive. In realtà le qualità degli atleti stanno aumentando perché ci sono condizioni igieniche, di alimentazione sempre migliori. Certo sono favoriti dal progresso tecnologico: Tomba non potrebbe fare quello che fa con gli sci di Zeno Colò.
Il punto, credo, non è nel mettere in luce delle storture, i mali possibili, quello che non funziona, ma nell’individuare una sorta di ineluttabilità di questo processo negativo.
Be’, Morpurgo più che con la scienza se la prende con questa evoluzione che ha avuto il cervello umano e che porterà a un dato momento a un disastro, come è avvenuto per le ammoniti perché erano troppo grandi.
C’è poi la posizione di un fisico come Marcello Cini, secondo cui la nostra scienza è la scienza di Bacone, è una scienza di dominio…
No, io non sono affatto d’accordo. La scienza non è nata per dominio, ma per curiosità di sapere ed è giusto che l’uomo voglia sapere…
Ma questo atteggiamento, secondo me, si ricollega a quegli argomenti sostenuti da veri e propri movimenti culturali che ricordano l’apocalitticismo dell’anno mille.
Apocalittico sono anch’io, ma in un’altra maniera. Ormai quelle cose veteromarxiste della scienza di classe asservita al potere sono acqua fresca di cui io non ho più voglia nemmeno di discutere. Invece l’apocalitticità viene da altre cose. Non viene dallo sviluppo del cervello, ma dallo sviluppo della popolazione. L’ho detto tante volte e continuo a dirlo: il fatto è che la scienza ha adempiuto a quel compito che le avevamo posto. Volevamo stare meglio, avere più mezzi tecnologici, mangiare di più, spostarci meglio, comunicare meglio e a queste richieste ha adempiuto la scienza. Ma questo ha portato all’aumento vertiginoso della popolazione, siamo diventati tanti, tanti, tanti. Ora questi 5 miliardi di persone sono virtualmente soltanto un miliardo e qualcosa, perché tutti gli altri messi insieme, producono, consumano, inquinano un decimo di quello che facciamo noi. Questa situazione prima di tutto non è giusta, e poi non è mantenibile per ragioni intrinseche, proprio di storia. Quando questi altri avranno raggiunto il livello a cui siamo noi, distruggeremo il pianeta, non c’è niente da fare. Allora qual è la causa? È forse lo sviluppo scientifico che ha dato agli uomini quello che hanno chiesto? No, è il fatto che stando meglio, hanno organizzato la vita in maniera tale che questo pianeta non è capace di contenerli, nel senso che il loro inquinamento e il loro sfruttamento non fa altro che distruggere il pianeta. E mentre alcuni, quelli più «illuminati», dicono che bisogna frenare l’aumento della popolazione, io dico che bisogna diminuire di numero. Non possiamo nemmeno essere 5 miliardi, figuriamoci quando saremo 10. È una cosa diversa. Non sono però d’accordo con Morpurgo quando vede l’uscita possibile dalla difficoltà non mandando più gli aiuti al terzo mondo, lasciandoli morire di fame. No, non è assolutamente questo il sistema.
E qual è?
Supponiamo che noi ci siamo posti il compito di salvare l’umanità. Perché vale la pena di salvare l’umanità? Perché probabilmente noi vediamo nell’umanità qualche valore. Ora se tra questi valori non c’è quello della solidarietà con i nostri simili che muoiono di fame, io non vedo perché varrebbe la pena di salvarla questa umanità. Quindi i nostri simili che muoiono di fame vanno salvati. Però, è qui la mia cattiveria, insieme con i chili di pane, gli vanno mandate tante pillole, ma non perché loro non si devono riprodurre, ma perché noi tutti non ci dobbiamo riprodurre in questa situazione, con questo ritmo. Bisogna assolutamente che l’umanità capisca che in questo mondo non c’è posto per miliardi di persone che vivono tutte al livello tecnologico e avanzato in cui viviamo noi e a cui non rinunceremmo. E io sono apocalittico perché credo che sia molto difficile convincere la gente di questo: non ne vuol sapere, non ne vuol sentire parlare. Il fatto è che non ci sono solo preclusioni di carattere religioso, ma anche i laici non hanno ben capito dove stiamo andando. Su questa terra non c’è posto per 5 miliardi di persone. Questa è una situazione che si vede ogni giorni, basta pensare alla storia dei rifiuti tossici. Non sono cattiverie di qualcuno, sono conseguenze ineluttabili di questo tipo di vita fatto da tanti milioni di persone. Se noi fossimo un decimo di quello che siamo oggi, potremmo tranquillamente andare tutti in aereo, in auto, fabbricare anche cose che producono rifiuti tossici perché sulla Terra ci sarebbe modo di smaltirli.
Lei ha appena pubblicato un libro, scritto con la professoressa Maria Luisa Dalla Chiara, La scimmia allo specchio in cui vi soffermate a lungo sul concetto di «mondi possibili». Che mondo pensa si possa prospettare alle soglie del duemila, con i presupposti che abbiamo, con lo stato di salute delle nostre scienze e conoscenze?
Ecco qui sta il fatto. Io non dico che non esistono le scienze applicate, che non esiste l’ingegneria. Perbacco! Quando noi pensiamo a un avvenire possibile, al mondo del Duemila, e diciamo come lo vorremmo, ovviamente pensiamo ad applicazioni di scienze che conosciamo. Per esempio alle applicazioni dell’informatica che sono ormai diventate cose gigantesche e che avranno un impatto enorme. Ma non è che dipendano da una nuova scienza, nel senso che si debbano scoprire nuove leggi, nuove particelle. Sì, nuovi materiali, ma sulla scorta delle leggi che conosciamo. Queste sono applicazioni della scienza che possono essere fatte in un senso o in un altro, e certo con molta attenzione. Ma su questo io sono molto pessimista, perché tali applicazioni non vanno avanti per desiderio di conoscere, come va avanti la scienza, ma per ragioni commerciali e industriali. Quindi c’è dietro una potentissima ragione economica che spinge in un senso piuttosto che in un altro. È un fatto di sociologia, di economia, di politica. La scienza che ci può fare?
[La scienza è innocente], 30 luglio 1988
Giuliano Toraldo di Francia (Firenze 1916 – Firenze 2011) è stato un fisico e filosofo italiano. Ha insegnato fisica superiore all’Università di Firenze dal 1971 al 1991, venendo poi nominato professore emerito, ed occupandosi sempre anche di filosofia della scienza. È stato direttore dell’Istituto di ricerche sulle onde elettromagnetiche del CNR e presidente della Società italiana di fisica. Ha avuto importanti incarichi nella Società italiana di logica e filosofia della scienza, nel Forum per i problemi della pace e della guerra e nella Scuola di musica di Fiesole.
Vai all’indice di Appropriazione indebita