AI 1.7: Francesco Adorno: In silenzio nel tempio
Appropriazione indebita
I. Ieri e oggi
1.7: Francesco Adorno:
In silenzio nel tempio
Davanti alla porta dello studio del professor Francesco Adorno al Pellegrino in via Bolognese, dove c’è l’Istituto di filosofia dell’Università, una piccola coda di studenti aspetta il ricevimento del docente. Non sono una folla, ma non sono neanche pochi. È lo stesso professor Adorno che mette in relazione quell’assembramento con quell’interesse per l’antichità per cui sono andato ad intervistarlo.
«Sono giovani che vogliono capire – dice – che cercano di nuovo i nessi fra le cose. Sta finendo l’ondata della psicologia, un tentativo borghese di giustificare tutto. Ricomincia invece la ricerca della concatenazione degli avvenimenti, il tentativo di passare attraverso la storia e la cultura dell’uomo, di guardare il passato, che è al singolare, per preparare il futuro, che è al plurale. Voglio dire che c’è stata una rivoluzione culturale, che anch’io ho sostenuto, una rivoluzione che però si è poi trasformata in una sovrapposizione di slogan. Slogan in scozzese vuol dire “grido di guerra”, qualcosa di violento insomma. E la violenza è sempre negazione della razionalità. Io invece credo che ci sia bisogno di razionalità, cioè di capacità di collegare tutti i dati. Un coccio, un frammento di papiro sono dati. Di per sé non dicono niente. Ma possono fornirci, come diceva Bianchi Bandinelli, il contesto in cui sono nati. A me Socrate interessa perché ha posto dei problemi che si sono trasmessi a noi attraverso la storia. E quello che è interessante vedere, è come si sono trasformati nei secoli».
Il professor Adorno ironizza sugli smodati attributi che sono stati riferiti ai Bronzi di Riace: «C’è chi ha detto che sono i più belli. Li hanno messi a paragone con i bronzi etruschi o romani, senza capire che sono frutti di culture e mondi diversi. Quei due guerrieri non sono due dei. Sono due uomini, due uomini come veniva visto l’uomo nell’antica Grecia, come lo descriveva Platone. E allora per me è negativo l’atteggiamento contemplativo di queste cose. Anziché andare allo stadio o a Vermicino a vedere il bambino nel pozzo si va a vedere le sculture, apostrofandole di fantastico, eccezionale, sublime. È una cultura in forma gridata. Sotto questo profilo ha preoccupanti attinenze con la romanità del regime fascista, con l’esaltazione alla Winckelmann. Sono rigurgiti borghesi di una cultura che ha anche apprezzato il Liberty».
E racconta di una signora che a una conferenza disse: «Io adoro il greco».
«Io invece non lo adoro – dice Adorno – è una lingua difficile, faticosa, che richiede di andare alla ricerca delle parole perdute. La civiltà è fatta di parole, di cui sono responsabili gli uomini. Parole che non sono sempre le stesse, con lo stesso significato. Farne la storia vuol dire dominare il linguaggio. E saper parlare vuol dire saper pensare».
Poi sottolinea un altro atteggiamento di fronte all’antichità: «È un atteggiamento – dice Adorno – che c’è soprattutto nei giovani, quando cercano nell’antichità una risposta a tutte le cose. Quando tentano di trovare l’origine. In questo tentativo c’è il rischio di trovare la natura all’origine. È un errore perché è negare quello che si è stratificato nell’uomo, i secoli di storia, cultura e civiltà che lo formano. È l’altra faccia di quest’epoca che ha similitudini con gli anni 30. È la tendenza nietzschiana che nega la razionalità in favore di un presunto stato originario di istintività e attivismo. Se nell’antichità ci sono degli archetipi, sono archetipi mnemonici, non ontologici. Perché l’uomo è per sua natura memoria. Tornare alla natura è insipienza».
La conversazione dura a lungo. Il professor Adorno ribadisce la necessità di un atteggiamento storico di fronte all’antichità. «Ma non storicistico – dice – che lo storicismo è sempre metafisica perché contiene sempre un finalismo: dato che le cose sono andate così, necessariamente devono andare in questo modo. Invece bisogna rimettere insieme tutti i dati con un lungo estenuante lavoro. È quello che stiamo facendo con Giannantoni nel centro di studi sull’antichità del CNR. È quello che sto facendo con la Colombaria in collaborazione con la Regione nella stesura di una sorta di atlante archeologico della Toscana con cui coordinare anche gli interventi in questo campo. È la pubblicazione dei testi antichi, dei codici e delle opere del passato da cui è nato il presente. È il lavoro che si fa nelle università e negli studi parauniversitari, nelle Accademie. Da questo scambio fra passato e presente viene fuori il futuro. Ripensare ogni cosa nella sua collocazione storica. È questa la dialettica della storia».
[Il mondo antico aiuta a capire l’oggi ma non bisogna contemplarlo «gridando»], (cronaca toscana) 10 febbraio 1982
Francesco Adorno (Siracusa 1921 – Firenze 2010) è stato uno storico della filosofia italiano. Laureatosi a Firenze nel 1944, ha insegnato filosofia antica nelle Università di Bari, Bologna e Firenze. È stato a capo di numerose istituzioni culturali tra cui l’Accademia toscana di scienze e lettere “La Colombaria”. Ha diretto la pubblicazione del Corpus dei papiri filosofici greci e latini. In nome di una concretezza antimetafisica e della necessità di una descrizione storica del pensiero filosofico, Adorno ha sempre aderito al metodo marxista e alla filosofia del linguaggio facendo sì che i testi classici vengano interpretati nel loro autentico e concreto sottofondo politico e culturale.
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