Esercizi di stile
Che differenza c’è fra il post di un blog personale e l’articolo di un giornale? Si possono scrivere entrambi con lo stesso scrupolo e lo stesso zelo? Si può, come ci ha insegnato Raymond Queneau in Esercizi di stile, usar per ognuno di essi una forma diversa che dica le stesse cose ma abbordandole da punti di vista diversi? Mi son fatto queste domande riflettendo sulle considerazioni che il caporedattore centrale de l’Unità all’epoca in cui io vi entrai, lontano 1978, dopo avermi chiesto ed ottenuto una sentita e generosa mano a riempir la sala dove nelle settimane scorse si sarebbero festeggiati i novant’anni di un illustre giornalista – quasi 2.000 e-mail inviate e quasi 600 accessi all’articolo pubblicato sul blog –, alla richiesta di presentarmi il collega che non avevo avuto l’opportunità di conoscere, se non vedendolo qualche volta gironzolare nei corridoi della redazione, si è schermito prima, ha svicolato poi, infine mi ha detto che avevo mescolato in quelle parole troppo di mio insieme al tributo e all’informazione dell’evento.
È vero, non c’eran le 5 w, ma quell’approccio personale su un media a me dedicato e non acceso per far informazione a tutto tondo come neanche i quotidiani d’oggi in realtà fanno più, non solo diceva cosa sarebbe avvenuto di lì a poco, non solo spiegava di chi stavamo parlando – di lui, non di me – rendendogli l’onore e l’omaggio dovuto e meritato, non solo invitava al festeggiamento, richiamava anche un pubblico che neanche s’immaginava chi sia quell’uomo. Mi son dovuto difendere per qualche anno dal pregiudizio, cristallizzato in un’accusa, d’esser poco multimediale, ed ora che ho sperimentato e messo da parte l’arte d’usar più d’un canale mi dovrei difendere dal pregiudizio o dalla vetustà d’un insegnamento al quale non rinuncio, ma credo abbia fatto il suo tempo o meriti uno svecchiamento. No, vado fiero di quel che ho scritto e se dovessi riscriverlo lo scriverei così, con lo stesso affetto e la stessa precisione, quasi puntiglio. Mi domando, invece, come mai, ancor oggi, il centro senta così distante la provincia o quella che lui, centro, budello, ombellico, ritiene esser provincia, limen, margine e perché anche dentro un clan ci sian clan più ristretti, esclusivi, talvolta escludenti più che esclusivi. Mi domando perché una tribù di tanto in tanto abbia voglia di ridursi o ritirarsi in una riserva. Così han quasi estinto gli uomini che credevano in Manitù. That’s life!
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