Scetticismo e saponette
Conoscendo il mio scetticismo e la lunga – ma non rinnegata, solo arricchita correggendo il tiro con le acquisizioni che altre menti hanno nel tempo reso disponibili – frequentazione con il materialismo storico, e di conseguenza la diffidenza verso quanto ha scarsa base scientifica e un perché che lo spieghi, Luisa era quasi sul punto di esitare quando, udito dei violenti crampi ai polpacci e ai piedi che per lungo tempo mi hanno assalito specialmente nel cuore della notte – certamente dettati da una delle malattie ricevute in dono da una natura che pare essersi ribellata a se medesima, innescando meccanismi di difesa dalle difese che essa stessa ha nel proprio patrimonio ereditario, forse nella sua essenza, quelle cioè disponibili ad impedire attacchi provenienti dall’esterno, da agenti estranei ed aggressivi –, le sembrava doveroso riferirmi del rimedio a cui sua nonna, afflitta dallo stesso problema, si era lungamente affidata, ottenendo risultati che Luisa Pece stessa chiamava miracolosi.
All’amichevole scherno della mia risposta obiettò con una frase di una semplicità sconcertante, capace di paralizzare nella frazione di un secondo ogni obiezione dettata dalla logica, dal pensiero e dal buon senso: «Provare cosa ti costa, tutt’al più resti della tua idea e danni non ne hai fatto».
Il rimedio suggerito dall’antica sapienza della nonna consiste nel mettere una saponetta, rigorosamente di Marsiglia, fra il materasso ed il lenzuolo di sotto, quello su cui stiamo distesi, non quello che ci copre, lasciarlo lì, incuranti della sua presenza, adagiarsi e mettersi a dormire, lasciando che l’incoscienza del sonno, non un esame di laboratorio o le congetture di una fervida mente, si faccia carico di dire, magari al risveglio mattutino, se la promessa fatta è stata mantenuta.
Reso inerme ed indifeso dalla sconcertante obiezione dell’amica riguardo la gratuità dell’esperimento, il suo essere comunque innocuo, ed inoltre proprio dal fatto di essere una prova, vale a dire della quasi incosciente, infantile e estatica curiosità con cui presumibilmente Galileo Galilei doveva aver ripetutamente lasciato cadere oggetti da una torre che pende o fatto oscillare un filo gravato da un peso e sospeso alla sommità di una volta prima di formulare leggi che poi sono state dichiarate universali ed incontrovertibili, ed essendo casualmente munito di quell’oggetto destinato a detergere inizialmente solo importato da Aleppo nella cittadina francese, ma poi lì messo a punto, modificato, rigorosamente sottoposto a ben specifici disciplinari del procedimento di preparazione, e per lungo tempo prodotto pressoché in esclusiva in quantità capaci di soddisfare le esigenze di un mondo i cui confini, la cui entità demografica ed il cui bisogno di igiene erano in costante crescita, mi sono piegato alla soteriologica suggestione di Luisa, direi quasi affidandomi al caso come credo avvenga ogni volta che, quantunque muniti di un paracadute, ci si lancia nel vuoto da un aeroplano che volta a molte centinaia di metri di quota.
Il fatto è, ed è un fatto, che il sistema funziona, è solo che noi non sappiamo spiegarcelo, siamo privi degli strumenti che ne forniscano la motivazione, non disponiamo delle ragioni che ne supportino l’innegabile fattualità, e questo mi ha ovviamente riportato all’irrazionale e poco scientifico atteggiamento di quel medico allopatico, più che critico verso l’omeopatia, nemmen disposto a prenderla in considerazione, unicamente capace di liquidarla con un beffardo sorriso, il quale, dopo aver appurato e lui stesso affermato che le scientificissime analisi del sangue e delle urine mostravano inequivocabilmente che una malattia era sparita ed il paziente giudicato guarito, insisteva nel dire, anziché porsi qualche interrogativo e trovare un valido motivo per avviare una nuova ricerca, che ciò era impossibile, non essendo nella cura del malato stato applicato alla lettera il protocollo medico internazionalmente condiviso per il trattamento della patologia.
Un paziente dunque guarito ed al tempo stesso non guarito, guarito perché senza più gli scientifici indicatori che lo facessero giudicare malato, ma non guarito perché sottrattosi agli scientifici composti chimico-farmacologici indicati e prescritti come un dogma per la risoluzione di quella patologia. E soprattutto un paziente paziente, perché capace di accogliere con un serafico sorriso una tal inconcludente diagnosi.
La saponetta di Marsiglia invece, come nell’altro caso il rimedio omeopatico, o forse la persuasione, anche solo inconscia e priva di convincimento, che entrambi i metodi potessero dar risultati, sottostessero cioè al principio di causa-effetto, al presupposto di ripetibilità del procedimento adottato, erano lì a dimostrare che qualcosa di non completamente riconducibile alla razionalità umana, alla sua capacità di calcolo, preveggenza e testimonianza dell’esperienza, erano lì a dire che qualcosa di ignoto o non ancora conoscibile, come una galassia che sfugga al più potente dei telescopi o all’emissione nello spazio di radiazioni capaci di tornare indietro dando riscontro di quanto hanno appurato, esiste e per ciò, per il solo fatto di esistere, merita di essere preso in considerazione e di dedicargli maggior attenzione nel tentivo di dargli anche una spiegazione che sia logica e suffragata di motivati supporti concettuali.
Una speranza, e un conforto, in questo senso mi derivano dal fatto che Liana Zorzi, giornalista che si occupa di medicina prevalentemente per importanti aziende impegnate nel campo della salute e della medicina, oltre ad essere l’animatrice del corso di giornalismo per i ragazzi della scuola media di un comunello brianzolo a cui sono stato invitato per tenere una lezione sull’intervista e l’anima di un sito internet che si propone di dare consigli per come essere sani per scelta e vivi e vitali grazie all’energia (energy for life), intervistando un illustre ortopedico, ha dato conto, proprio tramite le parole dello specialista consultato, che la misera saponettina il suo dovere lo fa con buona pace delle formule matematiche che quasi genialmente l’umanità che ci ha preceduto e quella che ci è contemporanea hanno per fortuna messo a punto.
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