Con lo spirito di allora

Il libro che parla di quella particolarissima esperienza che ho vissuto in gioventù è stato presentato ieri in una sala sontuosa dove per lungo tempo ho lavorato incontrando anche personalità di grande spessore, come per esempio il premier cinese Wen Jao Bao e quello israeliano Simon Perez. Denominatore comune la politica, non più praticata se non pensando, scrivendo, cercando di capire, conversando con chi capita di incontrare.

Il libro è infatti una prima ricostruzione storica del Movimento studentesco fiorentino nel quale ho militato fra il 1973 e il 1978. Si intitola Concentramento ore 9 – come la dicitura che compariva in calce ai volantini che convocavano una manifestazione dando appuntamento agli studenti delle scuole medie a quell’ora quasi sempre in piazza San Marco, divenuta, ma scritta per esteso tutta in lettera e tutta attaccata, anche il nome del primo giornale che ho diretto – e raccoglie il corposo contributo di Matteo Mazzoni e quelli di Dario Ragazzini e Sylvia Casagli.

Ho scritto particolarissima esperienza perché credo che le caratteristiche di quel Movimento furono abbastanza diverse da quelle degli altri gruppi politici presenti nelle scuole: si mescola con esse, ma ha caratteristiche peculiari e per la precisione il fatto di essere stato unitario ma organizzato e autonomo.

La bandiera del Movimento studentesco fiorentino

Intendo dire che non creava consistenti steccati a chi volesse aderirvi, anzi aveva le braccia aperte, era accogliente e tentava il dialogo con gli altri, perseguiva con ostinazione, quasi con cocciutaggine, l’unità – e sottolineo questa parola, unità – con gli altri, nella convinzione che quanto più ampio, di massa dicevamo, fosse il fronte della protesta e della rivendicazione, cioè del dire no a qualcosa e sì a qualcos’altro che era nelle nostre teste, tanto più efficace, credibile e realistico fosse quello che avremmo potuto ottenere, cioè la realizzazione di quei no e di quei sì.

Per il resto ascoltava le stesse canzoni, vedeva gli stessi film, palpitava o si disperava allo stesso modo della generazione del ’68 e di quella immediatamente successiva, militasse in Lotta continua, in Potere operaio o nel Manifesto. Ma, a differenza di queste formazioni, raccoglieva anche studenti provenienti da esperienze più moderate, con ideali ispirati al cattolicesimo, al liberalismo, alla tradizione laica, nonché studenti – e sarebbe forse più giusto dire studentesse dato l’alto numero di donne che si gettarono in quell’impresa – privi di un vero e proprio orientamento, non ancora giunti a una concezione del mondo propria e radicata, non più depositari solo dei valori instillati dai propri genitori nell’infanzia e nell’adolescenza.

La presentazione del libro di ieri sera ha poco sottolineato questo carattere specifico, dando più peso all’esperienza generazionale, a quella appunto condivisa con molti altri che oggi hanno la mia stessa età ma non provengono da quella militanza. O più esattamente alla passione che abbiamo condiviso anche con altri, cercando, giustamente di capire, se essa abbia animato anche chi ci è succeduto ed in particolare chi oggi ha l’età che noi avevamo allora.

E anche nel libro ci sono punti in cui questa specificità emerge poco, ma rivelando forse il limite della mia convinzione riguardo la particolarità dell’esperienza del Movimento studentesco fiorentino alla quale confesso di aver guardato e di guardare come l’unica soluzione possibile per un percorso politico capace di modificare l’orrendo paesaggio sociale, culturale, economico, istituzionale nel quale, tanto a livello nazionale quanto internazionale, ho trascorso l’intera mia esistenza, ormai quasi sessant’anni di vita.

Una soluzione che intravedevo nel compromesso storico, negli albori dell’Ulivo, nel movimento pacifista impegnato contro la guerra in Iraq e poi… il vuoto.
Perché ero e sono convinto che avesse ragione Che Guevara – di cui il prossimo anno ricorre il cinquantennale della morte – quando affermava: «Bisogna battersi risolutamente ogni volta che si parla contro l’unità».

Ma per restare alla presentazione del libro – o più esattamente al fatto che quelle 312 pagine inconfondibilmente contraddistinte dal codice ISBN 978-88-89365-66-3 finalmente esistano così come un archivio che conserva le nostre carte ed è consultabile o andando all’Istituto Gramsci Toscano in via Gianpaolo Orsini o la entrando nella voce “Raccolta virtuale” del menù del sito www.ciclostilatoinproprio.it – sono contento che sia stata raggiunta la mèta che mi ero prefissato quando Massimo Bellomo e Luigi Chicca mi chiesero, alcuni anni fa, di rientrare in una associazione, nuovamente un gruppo, dopo tanto camminare solo e da solo.

Accettai quell’invito ma mettendo in chiaro che ero disposto a starci solo per preservare la memoria di quell’esperienza, per non disperdere i documenti e l’altro materiale che possedevamo, per lasciar traccia di quella passione e di quella particolarità. Perciò proposi che le nostre carte venissero conservate al Gramsci e che da esse ne scaturissero degli studi storici.

Così è stato, ho raggiunto il mio obiettivo, ne sono contento, tento di esportare questa esperienza su un altro fronte, quello della stampa comunista, l’Unità e non solo.

Sto per promuovere, insieme ad alcuni ex colleghi e a qualche amico, una associazione – si chiamerà “Sotto la Mole” come la prima esperienza giornalistica di Antonio Gramsci, una rubrica sull’Avanti di Torino – che salvaguardi il patrimonio e la memoria di un giornale nato per volontà di Gramsci nel 1924, e ucciso fra il 1999 e il 2000 per mano di Paolo Gambescia e Giuseppe Caldarola. Ma anche del settimanale fondato da Palmiro Togliatti e disegnato da Albe Steiner – Rinascita – o di quello che per 3 anni, fra il 1977 e il 1979, raccolse le idee dei giovani comunisti: Città futura. Spero possa nascere entro la fine dell’anno e coinvolga tutti quanti hanno avuto direttamente a che fare con quelle testate.

Contemporaneamente ho già dato vita ad una associazione culturale che consenta anche di mantenere quella promessa data di cui parlo nel post intitolato Alea iacta est, il dado è tratto. Interagirà, nelle mie intenzioni, tanto con “Ciclostilato in proprio”, l’associazione che riunisce quanti militavano nel Movimento studentesco fiorentino, quanto con “Sotto la Mole”.

Ancora qualche giorno e dirò qualcosa di più su questo progetto. Animato dallo stesso spirito che mi spinse a concentrarmi alle ore 9 in piazza San Marco.

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