Tessere più relazioni

Sono stato qualche sera fa ad un incontro in una piccola bella libreria di Firenze, la Sit’n’Breakfast in via San Gallo. Si parlava di poliamore, neologismo di cui non ero a conoscenza e col quale, ho scoperto, si esprime il concetto di “amori molteplici”, facendo riferimento ad una posizione filosofica che «ammette la possibilità che una persona abbia più relazioni intime (sentimentali e/o sessuali), nel pieno consenso di tutti i partner coinvolti, in opposizione al postulato della monogamia sociale come norma necessaria».

Si parlava insomma della condizione in cui mi trovo da lungo tempo ed a cui davo il nome di poligamia sapendo di usare un termine apparentemente improprio, perché con poligamia generalmente si indica la possibilità che un uomo contragga matrimonio con più donne, anche se la parola in greco è composta da πολυ- (molto) e γάμος, che significa «il rapporto inerente alla sfera sessuale e a quella di relazione stabilito con vari scopi, riproduttivi, ricreativi, sociali, tra i soggetti di una specie», ma viene tradotto in italiano con «nozze», perdendo il suo originario significato biologico, etologico ed antropologico.

Il poligamo comunemente è un maschio che stringe un “rapporto matrimoniale” con più femmine, ovvero, analogamente a una pratica diffusa per esempio in alcuni paesi arabi, che crea un harem, ed anche quest’ultimo termine, di norma biasimato e ben stigmatizzato nel romanzo di Fatema Mernissi La terrazza proibita, nasconde alcuni significati meno ignobili ed incivili di quelli che solitamente gli sono riservati, pur in un evidente squilibrio di potere tra il maschio e le “sue” ancelle.

L’etologia, che com’è noto studia il comportamento degli animali, definisce il rapporto tra un maschio e più femmine – comune alla maggior parte dei mammiferi (muflone, cervidi e bovidi) e ad alcuni uccelli, poliginia, parola composta nuovamente dal suffisso greco di πολυ- ad indicare una moltitudine e γυνή, la “donna”, la “femmina”.

Analogamente la poliandria (dal greco πολύς e ἀνήρ, ἀνδρός «uomo»), indica in etologia quando una femmina in una stagione, si accoppia con più maschi o si avvale di più maschi per allevare i cuccioli. Anche questa parola è stata impiegata per indicare la condizione di una donna «che ha molti sposi». Estremamente rara, proibita dalle tre religioni monoteiste ed anche dall’induismo, vietata per legge nella maggior parte degli stati, compresi quelli che invece permettono la poliginia, la poliandria pare sia stata praticata in alcune culture limitatamente e in particolari circostanze in maniera prevalente come una relazione tra una donna e i fratelli di una stessa famiglia.

Gli etologi si avvalgono infine del termine promiscuità per indicare situazioni e rapporti più complessi che vedono il coinvolgimento di più individui. Con esso indicano la pratica maschile, femminile o omosessuale di avere frequenti rapporti sessuali occasionali con partner diversi e viene solitamente impiegato per giudicare immorale tale comportamento.

Se il termine è stato utilizzato dagli etnologi del XIX secolo per indicare una condizione sociale antica o primitiva che non prevedeva la presenza del matrimonio e che quindi poteva essere caratterizzata dalla presenza di rapporti tra individui dei due sessi senza regole né convenzioni, gli psicologi se ne sono serviti prevalentemente per indicare un impulso coatto teso ad impegnarsi in rapporti sessuali al di fuori del convenzionale o del legale e quindi come il sintomo di un disturbo borderline di personalità, senza che vi siano prove che si tratti di un disturbo.

Gli animatori, o meglio le animatrici, dell’incontro alla libreria Sit’n’Breakfast sul poliamore – aderenti al gruppo Rifacciamo l’amore e legati alla Rete poliamore in Italia – hanno promosso, come testo base per comprendere di cosa stiano parlando e cosa intendano perseguire con la loro attività, il libro di Dossie Easton e Janet Hardy La zoccola etica. Guida al poliamore, alle relazioni aperte e altre avventure pubblicato dalle edizioni Odoya.

A onor del vero, come spesso avviene ai volumi che per sottotitolo hanno la parola “Guida” ed ancor più spesso ai libri che arrivano dagli Stati Uniti d’America – culla di una straordinaria cultura ma paurosamente tendente a semplificare e rendere banali nonché a uniformare il mondo sotto il proprio impero –, un testo stucchevole e superficiale e tuttavia in grado di lasciare che il lettore qualche quesito sulle proprie scontate convinzioni se lo ponga e guardi con meno pregiudizio il comportamento di chi non risponde ai canoni imposti ed ascolti anche con meno timore qualcosa che magari di tanto in tanto ribolle nel proprio sistema ormonale o assume i contorni sfuocati di una fantasia nel proprio cervello.

Dopo aver sollevato un dubbio riguardo la radice mezza greca e mezza latina della parola poliamore, che impiega appunto il termine “amore” – svuotato di ogni suo significato fin dai tempi dei Baci Perugina, imbastardito dai dettami duecenteschi dell’amor cortese, immiserito dalle derive più stucchevoli del romanticismo ottocentesco, abusato in relazioni che hanno poco o niente dietro un palpitar del cuore – e non uno dei suoi tre corrispettivi greci – l’agape , la filìa e l’eros e la mescola di questi tre stati emotivi, giungendo perciò alla “poliagapia”, alla “polifilia” o alla “polieroticità” o un’altra parola che appunto le sintetizzi tutte e tre –, ho lasciato che potesse esprimersi liberamente quel tanto di outing che comprensibilmente è emerso nel corso della serata chiedendo nuovamente invano la parola solo verso la fine di un dibattito che ha toccato anche punti importanti e delicati, come per esempio quello della relazione tra i rapporti poliamorosi vissuti in comunità o individualmente e la crescita dei figli.

Se fossi potuto intervenire, avrei suggerito ai presenti, oltre alla lettura della bibliografia prevalentemente nordamericana proposta, di almeno 5 o 6 libri.

Li elenco qui per i miei lettori: La sacra famiglia, il primo libro scritto a 4 mani da Karl Marx e Friedrich Engels; La rivoluzione sessuale di Wilhelm Reich; L’arte di amare di Erich Fromm, Amare tradire di Aldo Carotenuto, Il piacere di Alexander Lowen e uno qualsiasi dei libri di Thich Naht Hahn nei quali è possibile trovare qualche dritta per essere pienamente se stessi, la pensino come vogliono gli altri.

Non è affatto escluso che questo sia un filone su cui TESSERE il prima possibile qualche ragionamento. Un’orgia di idee.

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One Response to “Tessere più relazioni”

  1. cristiana scrive:

    Mi picerebbe sapere cosa avresti detto nel tuo intervento oltre a consigliarci libri. Inizia presto a tessere sarà appassionante!

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