La tela di Vittorio
Vittorio Sermonti, l’intellettuale noto soprattutto per le sue letture dantesche, morto qualche giorno fa a 87 anni, ha collaborato con l’Unità tra il 1979 e il 1982, nei primi anni in cui io ho iniziato a lavorare in quel giornale dove avrei voluto terminare la mia carriera giornalistica.
A portarlo in redazione fu Alfredo Reichlin, un uomo che continua a pensare, malgrado l’età, anzi forse proprio per l’età, con grande lucidità cercando di spiegare quanto avviene intorno a noi anziché menar fendenti a destra e a manca.
Ricordo Sermonti come un uomo gentilissimo e affabile, duro tuttavia, direi rigoroso e autorevole, ma non chiuso e presuntuoso come tanti che ho conosciuto, valgono poco e si danno un sacco di arie.
Lo ricordo per evidenziare questo suo periodo lavorativo un po’ oscurato nei coccodrilli comparsi sulla stampa, molti dei quali tesi solo a mettere a confronto le letture dantesche sommesse sue e pluridecorate di Benigni, in una polemica contro il comico pratese che sottende tutt’altro, a cominciare dall’invidia.
E per evidenziare come il giornale fondato da Antonio Gramsci – regolarmente sminuito e disprezzato per essere “l’organo” del Partito comunista, cioè una voce condizionata, succube e supina – sia invece stato non solo una fucina di idee, un’arena di scambi culturali, un autorevole quotidiano, ma anche un radar potente che ha indagato sul Paese, ne ha scoperto angoli nascosti, ha fatto emergere realtà che altrimenti non si sarebbero conosciute.
E tutto ciò per rimarcare, caso mai ce ne fosse bisogno, l’orgoglio che provo per aver lavorato 25 anni in quel giornale uscendone alla fine degli anni Novanta, quando ha chiuso la prima volta mandandoci tutti a casa e solo dopo riprendendo alcuni di noi, non tutti i migliori a onor del vero, ma comunque.
E, quindi, per esprimere il dispiacere che oggi sia caduto così in basso e venga bistrattato, anche nella scelta dei direttori, da una proprietà, di maggioranza e di minoranza, che sembra proprio non aver niente a che vedere con l’idea importante racchiusa nel nome di quella testata: unità.
Ma l’affezione, il legame, la vicinanza a quell’esperienza lavorativa, ideale, politica, culturale è tale che, come ho anticipato qui nel blog in un post intitolato Con lo spirito di allora, sto lavorando per dar vita, insieme ad altri ex colleghi e compagni, ad una associazione il cui scopo sia quello di preservare ed impedire vengano dispersi il patrimonio e la memoria non solo di quella testata e di quanti vi hanno lavorato, simpatici o antipatici che siano, più o meno bravi, rei o innocenti, ma anche degli altri quotidiani e periodici – Rinascita, Vie Nuove, Paese sera, Città futura, Noi donne – che hanno avuto come punto di riferimento la forza più imponente della sinistra italiana ed una delle esperienze più avanzate di organizzazione socialista nel mondo.
L’associazione si chiamerà “Sotto la Mole”, perché così si chiamava la prima rubrica tenuta da Antonio Gramsci sull’Avanti di Torino, cioè il primo spazio giornalistico da lui sperimentato nella città dove sono felice di essere nato, quantunque, avendo vissuto a Firenze, a Bologna ed avendo difficoltà a legarmi a qualsiasi cosa, persona, luogo, idea, mi senta un apolide, un cittadino del mondo.
Cercheremo di raccogliere le carte che altrimenti andrebbero disperse, di proteggerle e metterle a disposizione di chi le volesse consultare, di favorire chi volesse, studiandole, ricostruire la storia o le storie, comprendere meglio cosa siano stati quei giornali e le donne e gli uomini che li hanno fatti, far luce sulle ombre che ne oscurano alcuni aspetti, impedire che si cancelli la memoria di quella esperienza.
Sì, questo tema della memoria mi è sempre più caro e cercherò di declinarlo anche con l’altra associazione a cui ho appena dato vita e di cui riferirò presto su questo blog, rivelandone per ora solo il nome: TESSERE.
Mi pare che un uomo come Vittorio Sermonti abbia tessuto molto nel corso della sua vita. Ecco, se riuscissimo a fare qualcosa di simile anche noi di “Sotto la Mole” e noi di TESSERE, sarebbe una gran cosa. È ciò a cui sto con passione e umiltà lavorando.
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