Calepini e formule magiche
Ho cercato su Google se trovavo formule magiche con relativi gesti da compiere in una qualunque cultura che si sia servita o si serva di riti propiziatori od affidi comunque a poteri sovra naturali o a regioni mistiche la risoluzione dei propri problemi, la cura dei propri mali, il raggiungimento dei propri scopi e mi sono imbattuto in siti che propongono questo genere di usanze e consigliano di quale frase servirsi o di quale gesto compiere appunto per percorrere la strada che – mi insegnò all’università il mio amatissimo professor Paolo Rossi Monti – fu non immediatamente ma con decisione abbandonata a partire, nel Seicento, da Francis Bacon in favore di quella che ancor oggi noi chiamiamo scienza e che alle sue origini, proprio in quella stagione – il secolo di Galileo, Descartes, Newton, Huygens, Vesalio, Copernico, Bruno, Malpighi, Harvey, Redi, Borelli – faticò a segnare un confine ben definito, una marcata cesura, una distinzione netta tra quanto si dice sia affidato solo alle credenze e quanto, invece, si reputa abbia fondamento di dimostrabilità, ripetitibilità, universalità, per riuscirci infine, dischiudendoci gli orizzonti ai quali oggi siamo, senza spesso chiederci neanche perché e come, abituati e ci pare di non poterne fare a meno ed attribuiamo ad essi fiducia ed affidamento, convinzioni e speranze.
Leggere quelle prediche, quelle evocazioni, apprendere di quei rituali fa quasi sorridere e non mi passa neanche per la testa di immaginare che lì possa trovarsi la soluzione del consistente numero di questioni con le quali dobbiamo ancora fare i conti e dinanzi alle quali siamo ancora come inermi, spaesati, attoniti, non essendo riusciti a darci spiegazioni ed individuare tecniche capaci di dar risposta agli interrogativi che continuiamo a porci, ai problemi che non hanno smesso di assillarci, renderci inqueti e vulnerabili.
Questo malgrado mi avvalga della professionalità di persone i cui convincimenti e le cui cognizioni conservino ampi margini di inspiegabilità, o forse solo si avvalgano di linguaggi che, non essendo profondamente avvezzi ad essi, possono risultarci oscuri ed incomprensibili, perciò, per così dire, miracolistici in un caso, ciarlatani nell’altro; e malgrado debba prendere atto, pur con incredulità, che per esempio, come ho scritto qui in Scetticismo e saponette, nella riduzione dei violenti e dolorosissimi crampi agli arti inferiori di cui sono stato lungamente affetto, sia stata più proficua la collocazione di una saponetta di marsiglia fra materasso e lenzuolo ai piedi del letto, come mi è stato consigliato da un’amica secondo le indicazioni di sua nonna, che non l’assunzione di Polase ed altri sali minerali acquistati in farmacia.
Sono andato a cercare quelle antiche credenze o quelle ingenue recitazioni o quei sacri postulati perché non mi sarebbe dispiaciuto metterli a raffronto con il contenuto di un certo numero di calepini e prescrizioni mediche nei quali m’è toccato imbattermi a causa di disturbi che mi accompagnano da tempo e rendono le mie giornate piuttosto impegnative e fastidiose, istruzioni e ricette ai quali senz’altro devo se non molto qualcosa – non intendo qui lamentarmi – la cui lettura, tuttavia, induce davvero a credere, ma senz’altro per motivi che semplicemente a me sono ignoti, che nulla sia cambiato da allora e che, se non si fa quattro volte il giro del tavolo o non si innalzano le mani al cielo avendo cura di tener gli occhi chiusi o non si avrà cura di apprestarsi all’assunzione nel momento esatto del sorgere del sole, la pozione non farà l’effetto desiderato e sarà stato vano anche il magico potere del druido che te l’ha amorevolmente preparata.
Raccomanda un bugiardino di ingerire, con puntualità e precisione una volta alla settimana nel medesimo giorno prescelto, la compressa, senza frantumarla o masticarla o scioglierla in bocca, bevendo insieme un bicchier d’acqua pieno, appena alzatomi dal letto per iniziare la mia giornata, avendo lo scrupolo di servirsi d’acqua del rubinetto e, ben specificato, non di una bottiglia di acqua minerale.
Il biglietto con le istruzioni d’uso del farmaco spiega poi di continuare a svolgere le normali attività del mattino, specificando che si può star seduti, in piedi o camminare, l’importante è, precisa, che si mantenga una posizione completamente eretta. Puntualizza poi: «Non si corichi, non mangi, non beva o prenda altri medicinali per almeno 30 minuti. Non si stenda almeno fino a quando non ha consumato il primo pasto della giornata».
La farmacista che invece mi ha consegnato le 3 confezioni di fiale prescrittemi da un illustre luminare – alla cui fama sto con fiducia affidando la speranza, se non proprio di un ritorno alla normalità, di un riequilibrio delle mie condizioni di salute – si è raccomandata, come peraltro è scritto anche sulle scatole, che il liquido in esse contenuto venga fatto assorbire sotto la lingua, senza deglutirlo d’un botto o tutto d’un fiato, cosa che talvolta confesso non riesco a fare, ma soprattutto, particolari non riportati a stampa sui contenitori, di non mangiare, bere bevande come tè o caffè e di non fumare almeno mezz’ora prima e mezz’ora dopo l’assunzione.
Anche le pasticche consigliatemi da un altro medico vanno fatte sciogliere sotto la lingua, e tengo comunque un complesso promemoria per assegnare ad ogni istante della giornata il giusto farmaco da prendere in quel momento.
Sì, nessuno prescrive di far tre giri del tavolo e non è richiesta alcuna invocazione, ma il sospetto, confesso, viene. E questo non so se depone contro gli antichi sistemi o contro quelli nuovi. Io comunque mi curo.
Tags: Galileo Galilei, Paolo Rossi Monti